Simonetta Gabrielli, di Nimby, dice subito che "non avere l’inceneritore a Trento significa avere ancora una risorsa", dimostrando che quest’opera è "inutile oltreché dannosa", spiegando che "la raccolta differenziata è una scelta amministrativa", e a riprova di questo riporta le parole del governatore Dellai che nell’incontro di qualche giorno fa con l’Assemblea degli artigiani ha affermato che "ci concede" un 60% di differenziata, il resto si brucia!
Lorenzo Lorenzoni - assessore all’ambiente a Lavis e medico di base - si sofferma invece sulla nocività di un impianto che produce inquinamento, spiegando che le rassicurazione della costruzione di nuovi impianti più sicuri sono del tutto false perché "si scontrano con la legge della conservazione che per la fisica è ancora attuale: nulla si crea e nulla si distrugge, ma tutto si trasforma. E l’inceneritore - avverte Lorenzoni- qualsiasi sia la tecnologia, trasforma i rifiuti in polveri e gas nocivi".
La discussione è proseguita con interventi dal pubblico e con l’impegno di continuare l’opposizione alla costruzione di un’opera che abbiamo capito essere "inutile oltreché dannosa".
- Il primo intervento di Lorenzo Lorenzoni, assessore all’ambiente di Lavis. [audio] (8’:58")
- Il primo intervento di Simonetta Gabrielli, Nimby Trentino. [audio] (7’:59")
- Il primo intervento di Giulia Marchi, Comitato "beni comuni" di Schio. [audio] (8’:44")
- Il secondo intervento di Lorenzo Lorenzoni. [audio] (13’:18")
- Il secondo intervento di Simonetta Gabrielli. [audio] (8’:46")
- Il secondo intervento di Giulia Marchi. [audio] (8’:16")
- Un terzo commento da parte di Lorenzo Lorenzoni. [audio] (6’:39")
- Un intervento dal pubblico sul tema dell’inceneritore a Schio. [audio] (13’:47")
- Le conclusioni di Lorenzo Lorenzoni e di Giulia Marchi. [audio] (9’:30")
- Intervista a Lorenzo Lorenzoni, assessore all’ambiente di Lavis. [audio] (4’:09")
- Intervista a Simonetta Gabrielli, Nimby Trentino. [audio] (8’:53")
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Il dibattito del pomeriggio si intitola "Da lunapark a laboratorio", è moderato da Walter Nicoletti e affronta il tema del sistema alpino e del suo sviluppo. Un dibattito che per il tema trattato, più degli altri, deve per forza affrontare la questione politica, le scelte amministrative che negli anni hanno determinato la realtà alpina che viviamo oggi.
Nicoletti introduce il dibattito partendo dal titolo dell’intera iniziativa promossa dal Centro sociale Bruno, "Costruire Autonomia", per spiegare il senso di una parola che oltre alla definizione burocratica della nostra provincia significa autogestione, autogoverno e partecipazione, ma ancora di più Nicoletti pone l’attenzione sul verbo "costruire" che in questo dibattito vuol dire immaginare un futuro diverso del sistema alpino, andando a descrivere le esperienze virtuose e sostenibili per farle diventare paradigma.
Salvatore Ferrari - esponente di Italia Nostra - parla delle Alpi e della difesa dell’identità culturale. "C’è il rischio - afferma Ferrari - di perdere l’originalità dei luoghi alpini, di trascurare le differenze che determinano le specificità". La riflessione si snoda, partendo da queste considerazioni, sull’aspetto dell’identità delle Alpi, "un’identità frutto a volte di una rappresentazione sbagliata dell’"essere montanari" che trova la risposta politica nella retorica dello sviluppo espansivo come intervento di civilizzazione".
Ma la montagna è ben altro, l’identità è un tema da approfondire per capire quale intervento e che tipo di sviluppo può essere messo in atto: dal prodotto tipico alla frequentazione estensiva e non ridotta al turismo intensivo invernale.
Francesca Manzini - di Officina Ambiente e animatrice dei comitati di Folgaria contro gli impianti sciistici - affronta il tema dell’identità della montagna parlandone in termini di scoperta. "Io imparo a conoscere l’identità del mio altopiano attraverso la battaglia che con altri sto conducendo contro la costruzione di impianti di risalita", sostiene Francesca, spiegando che attraverso l’impegno nei comitati ha incontrato un modo di vivere la montagna che non è quella imposta dalle scelte politico-amministrative. "Si scopre che l’Altopiano di Folgaria è altro rispetto ai pochi mesi sciabili - afferma l’attivista folgaretana - e che un nuovo sviluppo non significa affatto un arretramento economico o un ritorno al passato, ma un aumento della proposta e della qualità".
Per Luigi Casanova queste Alpi sono "un laboratorio di bio-diversità, culturale e sociale, un modello che propone una ricchezza importante che potenzialmente potrebbe essere un esempio per tutta l’Europa". Casanova lamenta l’inadeguatezza della politica istituzionale nell’affrontare le potenzialità di un sistema, quello alpino, che potrebbe essere gestito in modo totalmente diverso. "La provincia di Trento - sostiene Casanova - è indietro rispetto a tutte le altre realtà alpine, sia sul piano energetico che su quello della mobilità, sia a proposito della gestione dei rifiuti che sulla tutela delle risorse idriche e dell’agricoltura di montagna". Recuperare l’identità alpina - per Casanova - vuol dire recuperare la socialità e la cultura.
Dopo un primo giro di interventi degli ospiti, per mettere in atto un vero dibattito con il pubblico, il microfono è passato alla platea che ha integrato la discussione con molti spunti interessanti.
Adriano Rizzoli di Nimby Trentino ha accusato il sistema di potere Trentino, mettendo in dubbio la parola autonomia come esempio di democrazia, mentre Stefano Bleggi del Centro sociale Bruno ha cercato di spiegare come la parola autonomia debba essere "strappata da chi la usa come sistema di potere, per riempirla di contenuti come la partecipazione e la capacità di immaginario che riesca a proporre un’alternativa reale a questo sviluppo". Secondo Stefano, "la nostra autonomia deve mettere al centro il bene comune"
Nicoletti propone di "superare il dualismo tra società politica e società civile, cercando il destino di questa società in modo complessivo". Ricostruire il destino di un territorio, partendo dagli elementi culturali, significa costruire autonomia, e rispetto alla crisi della globalizzazione va sviluppata una nuova autonomia che sia fatta di comunità.
- Il primo intervento di Salvatore Ferrari, Italia Nostra. [audio] (15’:25")
- Il primo intervento di Francesca Manzini, Officina Ambiente. [audio] (14’:55")
- Il primo intervento di Luigi Casanova, CIPRA. [audio] (17’:35")
- Un intervento dal pubblico: Adriano Rizzoli. [audio] (3’:20")
- L’intervento dal pubblico di Stefano Bleggi, Centro sociale Bruno. [audio] (5’:31")
- Il secondo intervento di Salvatore Ferrari. [audio] (16’:20")
- Le conclusioni di Luigi Casanova e Francesca Manzini. [audio] (13’:37")
Approfondimenti:
- Intervista a Walter Nicoletti, giornalista, e a Luigi Casanova, CIPRA. [audio] (6’:14")
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Terzo appuntamento della giornata, moderato anche in questa occasione da Walter Nicoletti, la riflessione serale con Domenico Sartori, giornalista, Fabio Giacomoni, Storico, e Michele Dalla Palma, direttore della rivista Trekking. Il tema da sviscerare è quello del territorio, della sua comunità e della sua identità, degli strumenti che si mettono in atto per difenderlo e delle linee che ne tracciano l’immaginario futuro.
Dalla Palma, che si occupa di montagna da sempre, "nato e vissuto in montagna e portatore del DNA dei montanari"- come sottolinea, afferma che "la montagna è la struttura più autonoma che esiste da sempre, che naturalmente sviluppa un genius loci con confini definiti, un sistema che ha dovuto e che deve tuttora conoscersi per relazionarsi con l’esterno".
Secondo Dalla Palma "la montagna è l’unico legame che l’uomo ha con la natura, considerando ormai dimenticato il rapporto tra persona e dimensione rurale o il rapporto con il mare per le popolazioni marittime ormai da tempo perse e soppiantate da una industrializzazione che le ha cancellate culturalmente, resistendo solo nella caricatura turistica priva di anima". In montagna questo rapporto tra dimensione umana e natura non è del tutto perso.
Per questo - afferma Dalla Palma - la montagna, oggi, deve essere tutelata affinché questo enorme patrimonio non sia disperso e sia, un giorno, irrecuperabile. E per difenderla - continua - devono svilupparsi esperienze di autonomia che sappiano governare i propri territori, con la capacità di poter scegliere di imboccare strade diverse, dando la possibilità alle popolazioni montane di riappropriarsi del proprio futuro". "E per questo - continua Dalla Palma - le infinite autonomie dei territori montani dovrebbero sviluppare rete per contare e per confrontarsi".E rispetto alla globalizzazione, Dalla palma vede soltanto "nella costruzione di miriadi di autonomie la capacità di difendersi da essa".
Introducendo lo storico Giacomoni, Nicoletti parla della tradizione degli usi civici e delle carte di regola che hanno caratterizzato il Trentino nel corso dei secoli. Giacomoni, prima di iniziare, si dice "stupito che proprio in un centro sociale si parli di autonomia, considerato che spesso si crede che questo concetto sia di "destra" e comunque conservatore".
Lo storico si sofferma sul concetto di comunità, e soprattutto parla delle piccole comunità "che in modo marcato hanno integrano il concetto di autonomia e che, in Trentino fin dal 1300, erano più di trecento". Queste comunità, nella storia, si sono date delle regole, redigendo le famose Carte di regola che erano costruzioni di piccole autonomie che esercitavano l’autogoverno.
Giacomoni, partendo dalla descrizione degli usi civici e dall’autogoverno delle piccole comunità, arriva a descrivere la costituzione del sistema cooperativo trentino che ha caratterizzato un modo solidale della produzione e della distribuzione. "Il cooperativismo trentino - ci spiega Giacomoni - è dunque la trasformazione di quegli usi civici che hanno radici nella storia di alcuni secoli fa".
Domenico Sartori, che di professione è giornalista e si è occupato di cronaca dalle valli - entra nella descrizione dello stato di salute del Trentino. Afferma subito che "c’è in corso una grande trasformazione: il Trentino ha chiuso un ciclo economico e sociale e sta tentando di ripensarsi". Dall’industrializzazione forzata che doveva dare risposte ad un trentino povero, facendo scempio del territorio e costruendo una teoria di capannoni in ogni valle, si passa ad una erosione dell’economia che oggi entra addirittura in uno strato di crisi.
Domenico Sartori descrive poi il Trentino, il suo territorio e le devastazioni che lo caratterizzano, attraverso delle immagini: dalle torri erette sul passo di valico dello Stelvio, al Bren Center di Trento nord fino alle cave di porfido che erodono le montagne trentine. Anche Sartori affronta il tema degli usi civici, ricordando che arrivano fino a noi e che sono ancora presenti in Trentino, parlando di essi come di "una gestione collettiva e partecipata del territorio è moderna e attuale".
Lo spunto alla riflessione è raccolta da Federico del Centro sociale Bruno. "Lo stupore di cui parla Giacomoni a proposito del tema dell’autonomia trattato in un centro sociale di parlare di Autonomia è lo stesso stupore che colpisce noi sentendoci raccontare del nostro territorio" - afferma Federico, che poi si interroga sul perché "si sono fermate queste pratiche virtuose di autogestione e autogoverno che in Trentino erano un tempo buone pratiche". Federico pone l’accento sull’"autonomia come insieme di territorio, di comunità, di reti e di conflitto, teso a costruire un nuovo modo di praticare l’autonomia".
Domenico Sartori, nelle sue conclusioni, cerca di spiegare dove si è interrotto il filo virtuoso della storia trentina, ponendo l’attenzione sul modello sviluppista cominciato anni fa. Esprime poi la necessità di aprire un nuova fase, chiudere un ciclo per aprirne uno nuovo. Il lato positivo che lui scorge è quello di una nuova, crescente consapevolezza, della crisi del modello trentino e della necessità di cambiare. A questo si unisce un senso di rassegnazione di fronte all’assenza di forze - soprattutto all’interno del mondo giovanili - capaci di immaginare il rinnovamento attraverso percorsi virtuosi di partecipazione.
"Esiste da questo punto di vista una consapevolezza teorica - afferma Sartori - che si scontra con una difficoltà di mettere in pratica una costruzione di un nuovo progetto che parta dal coinvolgimento delle popolazioni".
- Il primo intervento di Michele Dalla Palma, direttore della rivista Trekking. [audio] (17’:43")
- Il primo intervento di Fabio Giacomoni, storico. [audio] (19’:40")
- Il primo intervento di Domenico Sartori, giornalista. [audio] (21’:36")
- Un intervento dal pubblico: Federico Zappini del Centro sociale Bruno. [audio] (3’:49")
- Le conclusioni dei partecipanti alla riflessione serale. [audio] (32’:45")
- Intervista a Domenico Sartori, giornalista, realizzata da Stefano Ischia di Radio Onda d’Urto. [audio] (11’:36")
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