30.6.09

La montagna ridotta a spettacolo di massa

Anche se, prevedibilmente, si assiste ora alla consueta quanto desueta gara dei meriti, l'imprimatur Unesco alle Dolomiti riveste una valenza «universale», che non può - nel suo spirito - appartenere ad alcuno, prescindendo dagli attori che se ne sono fatti sostenitori. Può confortare chi voglia - nonostante tutto - continuare a credere nel primato e nella forza dell'intelligenza umana l'oggettiva eventualità che quest'occasione di prim'ordine abbia a stimolare e provocare un trasversale «nuovo ragionamento». Degnamente rispondente all'essenza del riconoscimento stesso, coerente ed all'altezza del valore stesso delle nostre Dolomiti. E da questo assunto sgorgano gli interrogativi: che si moltiplicano vertiginosamente, a cascata, valutando esperienze maturate, le prese di posizione che sorgono a più voci in questi giorni, le promesse e le enunciazioni della politica dell'oggi che appare pericolosamente ringalluzzita da questo oggettivo ed ulteriore accredito di immagine. L'amico Giorgio Daidola è stato «tranchant» nel suo giudizio (è una buffonata con finalità turistiche), sollevando manco a dirlo irritate prese di posizione. Ma sono sostanzialmente concorde con la sua rude e tuttavia efficace analisi, semplicemente per aver vissuto nel mio percorso professionale pluridecennale una nutrita e serie di enunciazioni programmatiche tutte ugualmente e mirabilmente dirette al «governo» del turismo in chiave moderna e sostenibile, rispettoso della natura, un turismo veicolo di trasmissione di valori di identità dei luoghi, della storia locale, delle persone. Grossomodo, sappiamo tutti cosa e come fare, quali percorsi di dovrebbero scegliere, conosciamo quelli scelti a mezzo dell'esercizio del compromesso, essenza della politica e strumento irrinunciabile del governare. Introduco a questo punto, sommessamente, un ricordo carico di nostalgia e del tutto personale, ma credo attualissimo: fine Anni Ottanta del secolo scorso, ebbi il privilegio di discutere con l'allora assessore provinciale all'ambiente Walter Micheli un pomeriggio intero su un «progetto turistico per il Trentino». Che mutuando e declinando le positive esperienze messe a segno nella gestione dei parchi e del territorio, avesse come obiettivo finale la rivoluzionaria (per allora, ma non meno per oggi) idea di trasformazione (complessa, senza dubbio) delle nostre vallate in un grande e diffuso «parco turistico del Trentino», nel quale l'oggetto/soggetto tutelato fosse l'ospite turista. Un traguardo ambizioso e difficile, per molti verso scomodo e sicuramente poco visibile perché avrebbe inciso profondamente nella carne della sostanza e non sulla facciata del nostro sistema d'ospitalità. Ma sappiamo tutti quant'acqua è passata sotto i ponti da allora, quanti accadimenti si sono succeduti. Vista la realtà dell'oggi, pensando a quali oneri (al di là degli onori già ampiamente incassati) possa comportare la gestione di una realtà siffatta, non possono che crescere un'esistente preoccupazione e allarme dettati da uscite del genere «andremo a creare la cabina di regia delle Dolomiti» oppure «non daremo luogo ad altri carrozzoni (testuali parole del governatore Dellai)». Enunciazioni foriere di apprensione visti i precedenti specifici in fatto di cabine di regia: mentre ad otto anni dall'entrata in vigore d'una riforma del turismo che non ha funzionato - e che la politica non ha saputo né voluto correggere, ma che dovrà gioco forza rimediare - sentiamo ancora periodicamente lamentare l'assenza proprio di cabine di regia (locali) nel settore che con la «nuova dimensione» delle Dolomiti avrà maggiormente a interagire. In un contesto di non assimilazione e coscienza, si suppone, dal punto di vita di programmazione (esiste un Progetto Dolomiti? Un sito web ed enunciazioni programmatiche interregionali certo non bastano!). Ritorniamo a Giorgio Daidola: forse, non è che abbia - pur non lesinando energie nei toni - voluto sottolineare proprio questo aspetto con il suo provocatorio allarme-denuncia? Questa nostra politica e amministrazione tesissime sugli aspetti dell'immagine e dell'apparire, saranno davvero in grado di sfoderare inedite arti di composizione delle pretese e delle diatribe (interregionali) esprimendo finalità ed operatività rispondenti alle esigenze di difesa delle Dolomiti? Anche se sarebbe disonesto negare l'esistenza istituzionale trentina, peraltro derivata da solidi precedenti, d'una attenzione e tensione alla cultura dell'ambiente e della natura (non esente da scivoloni e contraddizioni), non può non preoccupare alla luce delle ricadute turistiche innescate dall'imprimatur Unesco la sostanziale mancanza d'un «progetto turistico montagna» del quale le Dolomiti costituirebbero la punta di diamante. Della montagna, la nostra organizzazione turistica trentina (Trentino Spa ed Apt locali) sfrutta esclusivamente gli effetti spettacolari e teatrali, ben guardandosi secondo una gestione ampiamente autoreferenziale dell'offerta, dal trasmettere reali contenuti e valori sottesi alla frequentazione della stessa montagna. E ben guardandosi dall'incidere, ottemperando ad una funzione di «destination management» peraltro ascrivibile a chi governa il turismo, attraverso formazione e programmazione sul tessuto connettivo dell'ospitalità (i soggetti classificati come «privati»), costituito da quanti in montagna operano e lavorano. Ammassare migliaia di persone sulle Dolomiti di Fassa o nella conca di Fuchiade (tempio dei grandi spazi e silenzi, a mio avviso letteralmente violentato) per esibizioni musicali-happening perfino amplificate è mera e totale contraddizione: peggio ancora quando ciò accade addirittura all'interno di parchi naturali oppure nelle verdi oasi delle malghe ridotte a set per cori e cantanti con gli inevitabili stress ambientali connessi a carichi antropici devastanti nell'arco di poche ore. Cercando di scordare, con buona pace generale, gli abissi di buon gusto rappresentati dai trascorsi circensi concertini sulle seggiovie in movimento. Così come i Suoni delle Dolomiti, indubbia operazione d'immagine che nella loro quindicinale riproposizione hanno ormai perso il loro valore e carica originari a beneficio d'una scelta sempre più giocata alla ricerca dei numeri e della visibilità, altre proposte consumistiche inquinano fattori oggettivamente eccelsi come il sorgere di un'alba col richiamo dell'avventura facile «mordi e fuggi» da ricercare (in modo non banale) salendo di notte sentieri, bivaccando magari in tenda a duemila metri anche se non si è abituati a farlo, magari trascinando morose ed amici per una sorta di festa in allegria come si fosse sul prato dietro casa. In montagna esiste una soglia di rispetto delle cose, dei limiti, dei luoghi, delle situazioni della quale pare si sia persa cognizione spacciando - in una perdurante ubriacatura da marketing turistico - per intimistiche e profonde esperienze in realtà propinate null'altro che in termini di effetto, attrattiva, appariscenza. Spettacolo ed effetti speciali ad uso corrente in luogo e presunta sostituzione dei valori particolari della montagna e delle esperienze che essa regala. Avvilente. Ecco, è tutto questo che a mio avviso offre adito a preoccupazioni guardando al nostro Trentino ma anche alle zone limitrofe «dolomiticamente sorelle». «Lentius, profundius, savius» (più lento, più profondo, più saggio) invocava l'indimenticato Alexander Langer disquisendo nei suoi scritti sugli stili di vita che fu sua verde utopia anche nella dimensione Dolomiti. Guardando alla nostra realtà politico amministrativa sempre amando i Monti Pallidi ora proclamati patrimonio dell'umanità, mi permetterei di integrare la profondità del motto di Langer con altri superlativi: «peritius, humilius, honestius» (più pratico, più semplice, più decoroso). Con ben poche speranze. Ma tanta gioia nel cuore, perché - nonostante tutto - tanti altri avranno modo di conoscere quest'incredibile dono della natura.

Carlo Guardini - L'Adige, 30 giugno 2009

Dolomiti riconosciute patrimonio Unesco

Daidola: «Buffonata fatta per motivi turistici»

Le Dolomiti sono entrate a fare parte del patrimonio dell'umanità: un riconoscimento che non per tutti sarà sinonimo di sviluppo sostenibile e tutela dell'ambiente. Anzi. Questo passaggio - mette in guardia una voce fuori dal coro - diventerà facile «alibi» per giustificare altre «marachelle». La voce è quella di Giorgio Daidola, docente di scienze economiche e statistiche all'Università di Trento, alpinista esperto ed appassionato di montagna, che guarda con sospetto alla decisione dell'Unesco di accogliere la candidatura presentata dalle cinque province. «Io credo - disse un paio di mesi fa - che per fare delle Dolomiti un'area di turismo sostenibile, quindi non legato alla tecnologia, allo sci di massa - che in parte ha ucciso il fascino di quelle montagne - sia necessario investire sulla sostenibilità. Altrimenti diventa semplicemente una trovata commerciale per attrarre più turisti».

Professor Daidola, le Dolomiti sono state riconosciute all'unanimità dai ventuno membri della commissione Unesco patrimonio del mondo. Già nei mesi scorsi lei aveva messo in luce il rischio che si trattasse solo di un marchio economico. «Ah, è stata accolta. Rimango della medesima opinione, comunque mi sembra che tutto proceda su due piani in Trentino. Si dicono delle cose e poi se ne fanno altre. Come è ammissibile una cosa del genere, quando si è dato il via a fare un collegamento come quello di San Martino, che attraversa un parco naturale. Se non è una contraddizione questa. Mi pare proprio che questa sia una buffonata».

Non crede, dunque, che potranno esserci ricadute positive in termini di sviluppo sostenibile. «Tutto questo è stato fatto solo per motivi turistici e commerciali e lascia stupiti che una organizzazione come l'Unesco conceda questo riconoscimento senza porre paletti precisi. Non mi pare certo un marchio che sia garanzia di comportamenti sostenibili. Posso capire che si parli di patrimonio dell'umanità perché le montagne, per fortuna, sono bellissime, sono uniche e sono di tutti. Ma il modo in cui è gestito l'ambiente non è certo quello che si dovrebbe adottare».

Lei dice che ci saranno ricadute solo sul piano economico: chi ci guadagna, dunque? «Ci guadagna l'establishment, questo sistema economico drogato che si nutre di queste cose. E poi diranno anche che sono molto bravi, perché sono sensibili ai problemi ecologici, ma quando è il momento di adottare le decisioni fanno il contrario. Anzi, questo riconoscimento servirà loro per giustificare ancora di più le "marachelle"».

Si sarebbero creati un alibi?
«Sì, esattamente. Questo mi pare alquanto possibile».

Furono gli ambientalisti, però, i primi a proporre questa candidatura: non ritiene che possa portare ad un turismo sostenibile?
«Tutto dipende dal controllo che saprà fare l'Unesco: se pone dei limiti a questo sfruttamento della montagna, soprattutto di quella invernale. Certamente questo riconoscimento avrà dei riflessi positivi in termini di immagine, sarà un argomento in più dal punto di vista pubblicitario e promozionale. Ma il fatto che l'Unesco abbia concesso questo riconoscimento senza porre vincoli precisi mi pare indice di poca serietà».

Associazioni ambientaliste: «Non sia solo un marchio di mercato»

Le associazioni ambientaliste Mountain Wilderness, Legambiente e Cipra Italia si sono incontrate ieri a Pieve di Cadore: al centro il riconoscimento delle Dolomiti patrimonio naturale dell'Unesco. Occasione per fare festa. Ma non solo. «Ci sono anche delle preoccupazioni. Non si vorrebbe che le Dolomiti tutelate dall'Unesco - spiega Luigi Casanova a nome delle associazioni - venissero ridotte ad un semplicistico marchio turistico, di mercato. Le Dolomiti dovranno divenire un laboratorio sociale di eccellenza. È anche evidente - precisa - che l'Unesco non porta alcun vincolo su questi territori. Abbiamo saputo oggi che ci sono ben 228 normative diverse che interessano la gestione dei territori». Da qui l'invito a «superare una simile frammentazione per costruire anche in questo caso un disegno unitario che porti nelle cinque realtà norme comuni, condivise, efficaci nella tutela del territorio e nel rafforzamento dei valori». Dalle associazioni ambientaliste anche la richiesta di un maggiore coinvolgimento: «La candidatura fu lanciata il 1° novembre 1987 a Biella, all'assemblea costituente di Mountain Wilderness - ricorda Casanova - Noi delle popolazioni dolomitiche ora siamo anzitutto consapevoli di essere patrimonio dell'umanità, quindi su di noi ricade una responsabilità importante. Questo passaggio di responsabilità è un dato culturale che avrà ripercussioni importanti sia nell'immediato che nel futuro. Certo - sottolinea - c'è la consapevolezza dei limiti di questo percorso, non ci ha soddisfatto il discorso sul piano partecipativo. L'associazionismo ambientalista e i comitati che lavorano sul territorio delle cinque province - afferma -chiedono con forza alle istituzioni provinciali di essere coinvolti come protagonisti nella futura pianificazione della gestione di questo patrimonio collettivo. Cosa che finora non c'è stata. Il secondo passaggio riguarda la coerenza: se siamo patrimonio dell'umanità lo dobbiamo dimostrare con i fatti. Le associazioni - ricorda - si sono poi incontrate per definire i prossimi passi, le tappe di questo lungo ed entusiasmante viaggio istituzionale e culturale. Assieme ai sindaci del Cadore e delle Dolomiti intere dimostreranno che la sostenibilità dello sviluppo non è uno slogan, ma si articola in processi che porteranno nelle vallate qualità del vivere, del lavoro e dell'ambiente naturale».

L'Adige, 28 giugno 2009

Collegamento San Martino-Rolle, stop forzato

PRIMIERO - Senza i 5 milioni necessari, si faranno solo la ricapitalizzazione e la fusione

Progetto accantonato, non rinnegato. Ma almeno per ora, e certamente fino al 2010, non saranno intaccati i fianchi della Cavallazza, né sorvolata la cima del Colbricon per portare gli sciatori da S. Martino di Castrozza e Passo Rolle e viceversa. Dopo mesi di tira e molla, dopo aver giocato tutte le carte possibili per tentare di raggranellare i 5 milioni privati necessari ad attuare il protocollo d'intesa, il Cda di Nuova Rosalpina spa, gli impiantisti, gli investitori privati e la parte pubblica hanno finalmente preso atto che, per ora, il collegamento non si fa. Una vittoria almeno temporanea per gli ambientalisti e quegli imprenditori che non hanno condiviso fin dal principio il progetto, così come proposto. La svolta è di questi giorni: tra la Provincia e i protagonisti locali dell'operazione si sono tenuti molti incontri per verificare come uscire da una situazione difficile, salvando la Nuova Rosalpina e arrivando a fonderla con la Siati, senza stracciare il protocollo d'intesa. Alla fine, da parte della Provincia è arrivata la conferma che possono restare accantonati i dieci milioni di partecipazione pubblica previsti per la realizzazione del S. Martino-Rolle, mentre in valle Comuni e privati si danno da fare per ricapitalizzare Siati (operazione già a buon punto) e Nuova Rosalpina. In particolare, per quest'ultima, resta confermato quanto già stabilito nel protocollo: servono due milioni di euro d'immediata ricapitalizzazione, per evitare che i libri siano portati in tribunale. E questi soldi devono arrivare dagli imprenditori soci della spa. A questo proposito, il Cda ha scritto a tutti coloro che avevano firmato il modulo di preadesione alla ricapitalizzazione da 5 milioni, chiedendo di versare in tutto o in parte la cifra per cui si erano già impegnati. Ma aderiranno, i sostenitori del collegamento, ad una ricapitalizzazione che può sembrare la copia di quella già avvenuta cinque anni fa? Secondo il presidente della Comunità di Primiero, Cristiano Trotter , la situazione è diversa da allora, perché il protocollo resta confermato in tutte le sue parti. «Non è un salvataggio fine a se stesso - spiega Trotter -, ma mirato alla fusione delle società entro l'anno. Il progetto di fusione è pronto, la volontà di fare questo passo già manifestata dalle rispettive assemblee. La differenza rispetto a cinque anni fa è proprio questa: allora il progetto di fusione era campato in aria, oggi è concreto e preliminare ad un progetto di sviluppo». La ricapitalizzazione di Nuova Rosalpina spa è sempre più urgente. All'interno della società, in questi giorni, qualcuno ha iniziato a spingere per portare i libri in tribunale: l'ipotesi è quella di un fallimento pilotato per poi far rilevare la società da un pool di imprenditori motivati a rilanciarla. «Probabilmente, dal punto di vista meramente privatistico e industriale - commenta Trotter -, questa potrebbe essere una soluzione valida. Ma dobbiamo pensare che le società impiantistiche gestiscono buona fetta dell'economia della valle. E quindi non possiamo fare salti nel buio». Passeranno comunque molti mesi prima che si riparli di collegamento impiantistico in termini pratici. E il progetto, nel frattempo, potrebbe essere accantonato o modificato.

Mozione in aula il 14 luglio
Oltre al fallimento della raccolta di 5 milioni di capitale privato, sul progetto di collegamento impiantistico pesano decisioni politiche. Bisogna infatti vedere cosa accadrà in consiglio provinciale quando, il 14 luglio, sarà discussa la mozione presentata dal verde Roberto Bombarda, che mira a sospendere il progetto e ad aprire una fase di confronto per individuare soluzioni diverse, ambientalmente compatibili e sostenibili dal punto di vista economico. E chissà che anche il riconoscimento delle Dolomiti Patrimonio dell’Umanità, avvenuto ieri a Siviglia, non giochi una parte in tutto questo. In fondo, le Pale di San Martino, da ieri bene universale, sono così vicine...

L'Adige, 27 giugno 2009

26.6.09

Besenello dice "no" a Tav e dighe

Perplessità su infiltrazioni e sull’impatto ambientale

BESENELLO - Né Tav, né dighe sull'Adige. Il consiglio comunale, unito come raramente succede, all'unanimità ha bocciato sia il mega progetto provinciale dell'alta velocità ferroviaria - in concreto, una nuova ferrovia che scende lungo tutta la valle dell'Adige, per il 90 per cento in galleria, costo stimato 2,7 miliardi di euro - sia la riedizione dei celebri «salti nell'Adige», già stralciati negli anni Novanta: due dighe a scopo idroelettrico (una tra Volano e Pomarolo, l'altra nel Comune di Besenello) proposte in concorrenza da Aquafil Power e Dolomiti Energia. «Pur essendo favorevole al trasferimento del trasporto merci da gomma a rotaia - si legge nel testo della delibera sulla Tav, condivisa da tutto il consiglio - l'amministrazione comunale rileva troppe incertezze tecniche che non permettono di esprimere un parere favorevole. Nella relazione idrogeologica si evidenziano, infatti, molti problemi legati alla possibilità di intercettazione delle falde acquifere che alimentano gli acquedotti». Gli altri elementi critici rilevati dal consiglio sono gli scavi, lo stoccaggio dell'enorme quantità di materiale di risulta e il suo trasporto, che impegnerebbe le strade per anni e anni, congestionandole. Infine, i cantieri, che «occuperebbero elevate porzioni di terreno agricolo, con perdita di produzione e deturpamento del paesaggio».
Per quanto riguarda le dighe sull'Adige, la situazione è diversa, ma l'esito lo stesso. Il Comune, infatti, è chiamato a valutare, preventivamente all'attivazione del procedimento amministrativo di concessione di nuove derivazioni d'acqua a scopo idroelettrico (chieste da Aquafil Power e da Dolomiti Energia), se sussistono prevalenti interessi pubblici ad un diverso uso delle acque rispetto a quello idroelettrico, o un prevalente interesse ambientale incompatibile con la derivazione. «All'interno del progetto di Agenda 21 Locale "L'area tra due città" - dice la delibera - che ha coinvolto i comuni di Aldeno, Besenello, Calliano, Nomi e Volano e le circoscrizioni di Mattarello e Ravina-Romagnano, sono state individuate delle azioni da realizzare nell'area interessata dalle opere di derivazione».
La delibera fa qui riferimento, in particolare, a due distinti progetti: uno per realizzare un parco fluviale lungo l'Adige, l'altro per recuperare la navigabilità del fiume, storicamente presente, a scopi turistici: «Il progetto delle dighe sul fiume Adige contrasta in modo molto evidente con quanto individuato nel Piano di azione del progetto di Agenda 21 Locale - dice chiaro il consiglio comunale - che costituisce un documento di programmazione condiviso fra più amministrazioni. Si ritiene pertanto di non condividere i progetti presentati».
«Sono contenta di aver trovato la massima condivisione del consiglio su temi di questa rilevanza - commenta il sindaco Carmen Manfrini - anche perché, diversamente, la nostra comunità sarebbe disorientata. Sul tema delle grandi infrastrutture occorre comunicare un senso di sicurezza, mentre questi progetti avrebbero un impatto grave sull'ambiente della Vallagarina».

di Michele Comper

Fonte: l'Adige del 24 giugno '09

22.6.09

L’Apt non «sale» sul collegamento

Non aderirà al protocollo d’intesa per l’impianto San Martino-Rolle

PRIMIERO - La decisione? Quella di non decidere. Troppo pochi, rispetto alla portata della scelta, i soci dell'Apt presenti l'altro ieri all'auditorium di Primiero. I soci dell'Azienda per il turismo San Martino di Castrozza, Primiero e Vanoi sono 409, in sala ce n'erano 107, con 31 deleghe. La decisione all'ordine del giorno, impegnativa e «politicamente» delicata, era quella di aderire al protocollo d'intesa per lo sviluppo del collegamento impiantistico San Martino-Rolle e la messa in rete delle aree sciabili, investendoci adeguate risorse finanziarie. Un protocollo che mobiliterebbe oltre 22 milioni di euro, in gran parte pubblici. Il guaio è che sui 5 milioni di capitale privato previsti, mancano all'appello 500 mila euro. Aggiungici il fatto che, ogni giorno che passa, crescono i dubbi non tanto sulla necessità del collegamento, ma sul come realizzarlo, cioè sul progetto proposto, e si intuisce subito che per l'Apt, pur chiarite le perplessità sulla possibilità giuridica di intervenire nella ricapitalizzazione di una società terza (Nuova Rosalpina spa), di una materia che scotta si trattava. L'Apt, spiega il presidente Antonio Stompanato , è stata stimolata ad intervenire con mezzi propri da Marino Simoni , sindaco di Transacqua, quindi da più di un rappresentante delle categorie economiche. Ne ha discusso prima il cda, dove i dissensi, con velate minacce di dimissioni in caso di adesione, non sono mancate. E saggiamente, il presidente ha suggerito di convocare l'assemblea dei soci. Ma il numero dei presenti ha condizionato il confronto e non si è andati a votazione. L'esito, per altro, sarebbe stato incerto, con il rischio di spaccature. Stompanato non ha nascosto la delusione e ha interpretato le assenze come non favorevoli a condividere il protocollo e l'eventuale partecipazione finanziaria al progetto da parte di Apt. «Non interveniamo quindi in questa fase» ha detto il presidente dell'Apt «e non facciamo nostro il protocollo, valutando un'altra scelta se si dovesse parlare in seguito solo di salvare e ricapitalizzare Nuova Rosalpina. Ci asteniamo dall'intervenire anche per salvaguardare l'integrità di Apt». In effetti, viste le difficoltà che incontra il progetto, la prospettiva di concentrare gli sforzi economici nel salvataggio di Nuova Rosalpina è lo scenario più concreto. L'ha fatto intendere anche il presidente della società impianti, Pierleonardo Bancher , presente in sala. Ma quante risorse servirebbero per ricapitalizzare la spa? «Due milioni di euro» ha risposto Alberto Scalet , vicepresidente di Nuova Rosalpina. La sollecitazione dell'Apt ai soci è di intervenire nel salvataggio della società, strategica per «vendere» la località nella stagione invernale. Simoni si è detto dispiaciuto, alla fine, che l'Apt non si sia messa in gioco, ma si è detto d'accordo sulla necessità di ristudiare il progetto di collegamento, anche per non vanificare lo sforzo fatto nella raccolta fondi. Sono intervenuti una quindicina di soci, tra cui Giacomo Simion e Daniele Gubert . Questi è stato chiaro: «Se si dovesse decidere di sospendere questo progetto di collegamento per trovare un'altra soluzione condivisa, sono disponibile a partecipare personalmente al salvataggio di Nuova Rosalpina».

L'Adige, 20.06.2009

Vedi anche:

Collegamento San Martino-Rolle

20.6.09

Altissimo: La terza commisione della Provincia boccia la centrale

fonte: l'Adige del 20.06.2009

Per conoscere il punto di vista della Giunta provinciale in merito al progetto di costruzione di un impianto di «riqualificazione energetica» che prevede il pompaggio e la raccolta delle acque del lago di Garda sul Monte Altissimo da cui poi ricadrebbero in galleria nel Benaco, la terza commissione del Consiglio presieduta da Roberto Bombarda ha ascoltato ieri l'assessore ai lavori pubblici, ambiente e trasporti Alberto Pacher.
Questi ha ricordato che il progetto, depositato il 19 novembre 2008 dalla Eva Energie Valsabbia spa, è attualmente all'esame tecnico preliminare del Servizio utilizzazione acque pubbliche della Provincia, la cui verifica ha lo scopo di stabilirne l'ammissibilità alla successiva fase di Valutazione di impatto ambientale. Se l'istruttoria darà esito positivo il progetto sarà sottoposto all'esame del comune di Nago-Torbole, delle altre amministrazioni interessate, della Provincia e delle Regioni i cui territori sono bagnati dalle acque del lago.
«Per questo l'esecutivo non ha ancora espresso alcun parere anche se - ha assicurato Pacher - terremo conto delle preoccupazioni già manifestate dal comune di Riva del Garda e soprattutto dall'associazionismo. Per questo l'attuale fase istruttoria sarà svolta con particolare serietà».
Tutte di segno negativo le considerazioni dei consiglieri. «Sono sconcertato - ha esordito Nerio Giovanazzi - perché si parla di un'opera colossale come se si trattasse di una passerella.
Conosciamo il progetto dai giornali, ma non sappiamo nulla del rapporto costi-benefici, dell'utilità futura di un impianto che fra qualche anno potrebbe risultare tecnologicamente superato e neppure del pesante impatto ambientale in un'area di grande pregio naturalistico come questa». Michele Nardelli del Pd ha rammentato la posizione nettamente sfavorevole alla realizzazione di questo e altri simili impianti già espressa dal Consiglio provinciale con l'approvazione di un ordine del giorno collegato alla finanziaria. Il dispositivo impegna la Giunta a valutare preventivamente le istanze di concessione relative ad impianti di accumulo mediante pompaggio, per salvaguardare l'interesse pubblico, e a garantire il coinvolgimento delle comunità locali. Intanto è nato un comitato di cittadini contrario a questo progetto. Giorgio Leonardi (Pdl) ha chiesto più informazioni perché l'opera «non sembra rispettosa del nostro ambiente naturale».
Al termine del dibattito l'assessore Pacher si è impegnato a riferire alla Giunta «il senso di questa discussione» e ha precisato che se del progetto è stata investita la Provincia prima dei comuni ciò è dovuto all'osservanza dell'attuale normativa, rispetto alla quale «il Consiglio provinciale ha sempre la possibilità di apportare modifiche».
Ha anche precisato che «è difficile legare l'utilizzo del bene acqua solo all'ente pubblico».

Vedi anche:
Nasce il comitato S.O.S. Altissimo

12.6.09

Pesticidi nel piatto 2009: la situazione non è buona

Segnalato dal Comitato per il Diritto alla Salute in Val di Non

A fronte di una evidente diminuzione dei campioni analizzati (quasi 1300 in meno rispetto all’anno scorso), si riscontra un seppur lieve incremento dei campioni irregolari per concentrazioni troppo elevate di residui di agrofarmaci rispetto ai limiti stabili dalla legge.

Il rapporto annuale di Legambiente sui residui di fitofarmaci nei prodotti ortofrutticoli e derivati commercializzati in Italia, Pesticidi nel piatto, mostra un paese che ha allentato i ritmi dei controlli. E a fronte di una evidente diminuzione dei campioni analizzati (quasi 1300 in meno rispetto all’anno scorso), si riscontra un seppur lieve incremento dei campioni irregolari per concentrazioni troppo elevate di residui di agrofarmaci rispetto ai limiti stabili dalla legge. Non c’è quindi da stare molto tranquilli dal momento che solo un frutto su due è risultato privo di pesticidi e che aumentano i campioni di verdura e derivati con tracce di uno o più residui. Il lieve ma costante miglioramento dei dati sulla presenza dei pesticidi sui prodotti ortofrutticoli e derivati, osservato negli ultimi anni sembra quindi essersi arrestato. Il rapporto Pesticidi nel piatto 2009 è stato presentato stamani da Rossella Muroni, direttrice generale di Legambiente, Francesco Ferrante, responsabile Agricoltura dell’associazione, Antonio Longo, presidente del Movimento Difesa del cittadino e Francesco Panella, presidente UNAApi (associazione nazionale apicoltori). «Gli ultimi dati Istat - ha dichiarato Rossella Muroni - ci dicono che già nel 2007 la quantità totale dei fitosanitari distribuiti per uso agricolo in Italia era aumentata del 3% rispetto al 2006, passando da 148,9 a 153,4 mila tonnellate. Un dato questo, abbastanza preoccupante, perché sembra indicare che lo sforzo sinora sostenuto dall’agricoltura italiana per offrire ai consumatori prodotti sempre più sani e per ridurre l’inquinamento abbia subito uno stop».

Complessivamente le analisi svolte dai laboratori pubblici provinciali e regionali hanno preso in considerazione 8764 campioni, di cui 109 sono risultati irregolari, pari all’1,2% del totale, in leggero aumento rispetto al 2008 (1%), mentre su 2410 (il 25,5%) è stata rilevata la presenza di uno o più residui. Su 3474 campioni di verdure analizzati lo 0,8% è addirittura irregolare (residui oltre i limiti di legge), un valore più o meno stabile rispetto all’anno precedente quando si attestava sullo 0,7%, mentre 565 campioni (il 16,3%) sono regolari ma con residui, in aumento dell’1,6% rispetto all’anno scorso (14,7%). Stesso aumento per i campioni contaminati da uno o più residui tra i prodotti derivati (19,5% rispetto al 18% dello scorso anno). La frutta si riconferma quale categoria “più inquinata”, con un aumento, rispetto all’anno scorso, delle irregolarità. Infatti, su 3507 campioni di frutta, 81 (il 2,3%) sono irregolari con residui al di sopra dei limiti di legge (+ 0,7% rispetto al 2008). Invece, i campioni di frutta regolari con uno o più di un residui chimici risultano pari al 43,9%. Quindi solo un frutto su due (il 53,8% per la precisione) che arriva sulle nostre tavole è privo di residui chimici.

Tra le alte percentuali registrate tra i campioni di prodotti derivati contaminati da più principi attivi contemporaneamente (19,5%) ci sono vini: su 639 campioni analizzati, 191 presentano uno o più residui, che spesso si ritrovano sia nell’uva che nel suo derivato, con i casi record di un campione di uva analizzato in Sicilia che presentava ben 9 diverse sostanze chimiche; e uno analizzato in Puglia, contaminato da 7 diversi residui.

Casi analoghi in campioni di mele analizzata in Campania e di fragole analizzate in Puglia rispettivamente con 6 e 4 differenti residui chimici. E non mancano casi di multiresidui anche nelle verdure, tra cui spicca un peperone analizzato in Sicilia con 7 diversi principi attivi e un campione di pomodori analizzato dai laboratori campani, contaminato da 4 diverse sostanze chimiche. «Gli effetti sinergici sulla salute dell’uomo e sull’ambiente del multiresiduo andrebbero adeguatamente verificati – ha dichiarato Francesco Ferrante -. Tra i campioni “da record” infatti sono stati trovati residui di Procimidone, Vinclozolin o Captano, tutti pesticidi che l’EPA (l’Agenzia americana per la Protezione Ambientale) ha da tempo classificato come possibili cancerogeni e dei quali non conosciamo gli eventuali effetti relativi alla sinergia con le altre molecole presenti.

Pur avendo infatti decisamente migliorato la normativa sui pesticidi con le nuove direttive del 2008 tese ad armonizzare valori e limiti nei diversi paesi, manca ancora una corretta valutazione dei possibili effetti sanitari della dose minima cumulativa». Nella cesta della frutta, sono le mele il prodotto più frequentemente contaminato: su quasi il 90% delle mele analizzate in Emilia Romagna è stata rilevata la presenza di residui chimici, ma non sono migliori i risultati delle mele trentine, di Bolzano della Campania o della Sardegna. Preoccupante anche il dato sugli agrumi: in Friuli Venezia Giulia, il 40% dei campioni presenta più di un residuo, nelle Marche il 35,3%, a cui si aggiunge un 47,1% con un solo residuo. E ancora, in Toscana su 145 campioni, il 38,6% presenta più residui. «Siamo preoccupati per l´inversione di tendenza dei risultati delle analisi sui campioni esaminati – ha dichiarato Antonio Longo -. Ci auguriamo che non ci sia un allentamento dell´attenzione da parte delle aziende agricole sull´uso delle sostanza chimiche. Come associazione dei consumatori, dobbiamo rilanciare campagne di informazione sui comportamenti corretti nell´utilizzo di frutta e verdura e campagne di sensibilizzazione sull´acquisto di prodotti biologici». Ma non è “solo” un problema di salute quello che dovrebbe far riflettere sull’uso di sostanze chimiche in agricoltura. La presenza di pesticidi in agricoltura determina un grave problema sulle api, come le morie dello scorso anno hanno visibilmente testimoniato e come confermato dal ritorno delle api nel Nord Italia, zona principalmente vocata alla coltivazione del mais, grazie alla sospensione cautelativa dei neonicotinoidi utilizzati per la concia del mais, decisa dal Ministero della Salute nello scorso settembre. Il provvedimento quindi ha funzionato, confermando lo stretto legame esistente tra neonicotinoidi e la moria degli insetti e suggerendo che la sospensione temporanea di questi pesticidi dovrebbe divenire definitiva, vietandone l’uso. «I nuovi insetticidi neurotossici – ha dichiarato Francesco Panella - sono utilizzati oggi in modo crescente, pervasivo e imprudente. Una diversa attenzione sull’uso dei pesticidi, indipendente dalle multinazionali della chimica, è indispensabile per preservare il ciclo della vita e della fertilità.

10.6.09

San Martino – Rolle...una vicenda Alitalia in salsa trentina

di Luigi Casanova
vicepresidente di CIPRA Italia

Cavalese, 7 giugno 2009.

Nei prossimi giorni il Consiglio Provinciale è chiamato a discutere una mozione presentata dal consigliere dei Verdi Roberto Bombarda riguardo il progetto di collegamento di San Martino di Castrozza all’area sciabile del passo Rolle. Il consigliere chiede una sospensiva del progetto e l’apertura di una fase di confronto (che gli ambientalisti stanno chiedendo da dieci anni e sempre negata dalla giunta Dellai) che individui soluzioni diverse, ambientalmente compatibili e specialmente sostenibili dal punto di vista economico.
La vicenda di questo collegamento nasconde ai cittadini troppa ipocrisia. Siamo in presenza di un progetto, che in quanto tale non è sostenibile ed è privo di logica.
Il collegamento avrà un senso solo se sarà attrezzato di una nuova pista, una pista che inevitabilmente sconvolgerà ogni assetto paesaggistico e storico dell’area di Colbricon. Il collegamento, come proposto, è anche un non senso in termini di mobilità alternativa. Ma è la parte finanziaria che deve preoccupare i cittadini trentini.
Stiamo rischiando di avventurarci in una vertenza Alitalia di valle.
Dei 25 milioni di euro del costo, ben venti saranno attinti dalle casse della Provincia. Agli operatori turistici del Primiero era stato chiesto di versare quanto rimaneva, cinque milioni di euro. Questi operatori hanno dimostrato di non credere alla operazione proposta, nonostante le pressioni subite, e così hanno evitato di versare le quote.
Quanto manca dei versamenti privati si è deciso di reperirlo presso enti pubblici, la società idroelettrica locale, dalla Azienda di promozione turistica, attraverso ulteriori versamenti dei comuni, e con il discutibile, dal punto di vista etico, intervento della locale cassa Rurale. Chi sostiene il progetto omette di chiarire come tutte e tre le società sciistiche locali rischino la procedura fallimentare, abbiano dimostrato nell’arco di dieci anni totale incapacità nel rendere sostenibile la locale industria dello sci.
L’indebitamento complessivo sfiora ormai i venti milioni di euro, quanto proposto è un passaggio da irresponsabili. Si omette di informare che non appena costruito il collegamento sarà necessario pensare alla nuova pista (altri dieci milioni di euro) e in tempi brevi si dovrà mettere mano alla riqualificazione strutturale di tutto il sistema, dalla Tognola agli impianti di Ces.
La spesa prevista in cinque anni è di ulteriori 30 milioni di euro. Sono cifre da capogiro e tale situazione deficitaria, tale assenza di informazione corretta verso noi utenti che paghiamo le tasse, è inaccettabile.

Per questo motivo è necessario che i consiglieri provinciali, tutti, riflettano. In Primiero gli operatori turistici seri ammettono l’inutilità del collegamento proposto, sanno che il nodo del problema risiede nella incapacità imprenditoriale degli amministratori delle tre società, sa che il turismo, specie estivo, ha bisogno di ben altre proposte e specialmente vive di paesaggio e di natura, di investimenti culturali nel parco.
Tanti operatori turistici del Primiero sanno che l’operazione sarà solo un primo salasso di soldi pubblici e che in tempi molto brevi sarà necessario ricorrere ad ulteriori aumenti di capitali. Proprio la delicatezza della situazione, sia economica che ambientale, impone una riflessione più seria e completa sulla intera operazione.
Sono questi i motivi che portano noi ambientalisti a sostenere con forza la proposta di sospensiva avanzata dal consigliere Bombarda, una proposta che nasce dal buon senso e dalla necessità di un coinvolgimento più trasparente di tutti i soggetti interessati alla gestione corretta di un territorio tanto delicato e affascinante.

DIFFUSO DAL COMITATO PRIMIERO VIVA

Vedi anche:
collegamento San Martino-Rolle

4.6.09

Giornata in difesa dell’acqua: Due appuntamenti di approfondimento tra locale e globale

Giovedì 4 Giugno 2009

- ore 17:30
Sala degli affreschi, Biblioteca Comunale - Via Roma n. 55

Acqua Pubblica o Privata?
...dal Forum di Istanbul all’esperienza trentina.

Il report dal Forum Internazionale sull’acqua che si è svolto a Istanbul in marzo, la legge di iniziativa popolare proposta dal Forum Italiano dei Movimenti per l’Acqua e infine il caso Trentino con Dolomiti Energia Spa.

Interverranno:

Tommaso Fattori - Forum Italiano dei Movimenti per l’Acqua

Rosario Lembo - Comitato Italiano del Contratto sull’Acqua

Matteo Frisinghelli - Resp. servizio idrico di Dolomiti Energia SpA

Modera Guido Zolezzi - ISF Trento e Ricercatore presso la Facoltà di Ingegneria

Organizza:
Ingegneria Senza Frontiere Trento


- ore 20.30
nella Sala Rosa del Palazzo della Regione, piazza Dante

Pueblos
Gli indigeni Nahuatl del Morelos messicano in difesa dell’Aria, dell’Acqua e della Terra

Testimonianza della lotta delle comunità indigene del Morelos in difesa della gestione ancestrale dei loro territori

con la partecipazione di:

Saul Roque, Taita - Capo Spirituale Nauhati di Xoxocotla, paese natale di Zapata

Fernanda Robinson - Fotografa brasiliana, studiosa di culture indigene mesoamericane, produttore esecutiva del film

Francesco Taboada Tabone - Regista messicano del film documentario "13 puebos en defensa del agua, el aire y la tierra"

Proiezione del pluripremiato film-documentario:
"13 puebos en defensa del agua, el aire y la tierra"

Dalla cittadina natale dello storico rivoluzionario arriverà Saul Roque, capo spirituale della stessa Xoxocotla.
Il film - documentario che li ha resi famosi nel mondo, il pluripremiato “13 Pueblos in difesa dell’acqua, dell’aria e della terra”, per la prima volta in versione italiana, verrà commentato dallo stesso regista, il messicano Francesco Tabone, e dalla produttrice, la brasiliana Fernanda Robinson.
Eredi dei Tlahuicas, Xochimilcas e di altre popolazioni millenarie. Eredi delle lotte di resistenza contro la Colonia e della Rivoluzione Messicana. Discendenti di Emiliano Zapata e Ruben Jaramillo le popolazioni indigene del Morelos stanno continuando le loro "altre" rivoluzioni.

Organizza:
Associazione Yaku

Aderiscono alla giornata: Associazione Ya Basta, Associazione Yaku, Filo Rosso, ISF Trento, Officina Ambiente , Patapunfete, TrentoAttiva