30.9.08

Vuoi una Melinda? No grazie!

NO, NON VOGLIAMO MELINDA E I SUOI PESTICIDI!
Sono apparsi dei cartelli in tutto il comune di Cesiomaggiore (BL), con impressa la strega di biancaneve, spacciatrice di mele avvelenate, e la scritta: VUOI UNA MELINDA? NO GRAZIE!
La firma è DOLOMITI TOXIC TOUR.

Ovviamente chi condivide il progetto DTT è d'accordo con gli autori dell'azione. Tutti, con i loro mezzi e saperi, devono esporsi per contrastare gli scempi e le devastazioni che stanno disegnando un triste e velenoso futuro per questi territori!
Proprio in questi giorni il Comitato della Val di Non ha diffuso i dati relativi ad analisi da loro svolte presso abitazioni, asili e parchi pubblici nella loro valle dove Melinda la fa da padrona: l’87% dei campioni è risultato contaminato da residui agrofarmaci e pesticidi.

Dinnanzi a tali preoccupanti dati non possiamo che pensare a una frase di un componente del comitato trentino: “Noi siamo molto preoccupati ed abbiamo paura per i nostri figli. TORNARE INDIETRO E' DIFFICILISSIMO, voi siete nella fortunata situazione di essere all'inizio e quindi si possono fermare le cose, vi diamo la nostra disponibilità a scendere ancora e parlare con i nostri nuovi dati se necessario"...

Vedi anche:
Dalla Val di Non alla Val Belluna: la globalizzazione del veleno

Discarica comprensoriale della "Maza" presto più grande

Non è ancora ben chiaro il futuro della discarica comprensoriale della «Maza». A dispetto degli accordi a suo tempo sottoscritti tra l'amministrazione comunale di Arco e il presidente della Provincia Dellai - in base ai quali (salvo proroghe, questa la postilla) - la discarica dovrebbe ospitare i rifiuti provenienti da Trento fino al 31 dicembre 2008, l'ampliamento della «Maza» (per circa altri 100 mila metri cubi) va avanti. E nel giro di tre-quattro mesi dovrebbe essere completato dalla Akron spa di Imola che si è aggiudicata i lavori per circa 4 milioni di euro. Nel frattempo - cronaca recente - c'è stato il ricorso al Tar di Verani e Hurth. Al quale la stessa giunta provinciale ha deciso di resistere. Vien da chiedersi cosa succederebbe se il Tar accogliesse il ricorso, ovvero una «sospensiva» dei lavori in stato di notevole avanzamento. In ogni caso la «vita» della discarica comprensoriale con questo intervento, completato dal nuovo centro raccolta materiali, è destinata - altrimenti non avrebbe senso il grosso investimento - a prolungarsi ben oltre le scadenze a suo tempo fissate. Insomma, una discarica più capiente, grazie anche alla raccolta differenziata che bene o male nel C9 comincia a funzionare, è sicuramente in grado di far fronte ai conferimenti anche da altri centri del Trentino. È ben vero - dicono in Comprensorio - che bisogna fare i conti con un piano provinciale dei rifiuti. Insomma, la «Maza» non è di proprietà di Arco anche se è collocata in quel Comune. E quindi, volenti o nolenti, in attesa del termovalorizzatore o comunque della chiusura del «caso» Ischia Podetti, occorre stare a regole e direttive provinciali. È altrettanto vero però - dice qualcuno - che in cambio erano stati promessi precisi interventi. Dall'avvio della bonifica dell'area esaurita alla Maza ai monitoraggi peraltro previsti nella stessa delibera che ha dato il via al progetto di ampliamento. Oltre al controllo delle acque di falda, in parte già attivo, e ad una campagna di misure sperimentali delle emissioni gassose in atmosfera. Infine era prevista anche la realizzazione dell'impianto di captazione e smaltimento del biogas. In Comprensorio dicono che tante di queste iniziative sono state avviate. Resta il fatto che presto la discarica sarà più grande. E a parte i ricorsi pendenti non si sa per quanti anni e per quali utenze sarà ancora a disposizione.

L'Adige, 30.09.2008

SCI e cupola in provincia di Trento

Continua il dibattito sull'industria trentina dello sci, scaturito dall'intervento di Luigi Casanova, cui è seguita la risposta di Alberto Pedrotti, presidente della sezione Impianti di Confindustria di Trento. Pubblichiamo di seguito una nuova replica del vicepresidente di CIPRA ad un intervento - quello di Pedrotti - assai poco convincente e pieno di imprecisioni e falsità.

Confindustria, consapevolmente, costruisce confusione. Anche usando falsità.

Alberto Pedrotti, a nome della sezione Impianti di Confindustria di Trento, ha preso posizione sulla stampa difendendo, come ovvio, la categoria imprenditoriale dello sci. La posizione è confusa ed ha un unico obietto: cancellare la credibilità che gli ambientalisti acquisiscono sul campo e nell’opinione pubblica.
Ricostruiamo quindi una cornice di verità con dati di fatto incontestabili.
L’ambientalismo non è contro l’industria dello sci, anzi ne riconosce specificità ed importanza strategica nel settore turistico. L’ambientalismo chiede un freno ed una revisione completa della strutturazione dell’industria sciistica nel Trentino.
L’ambientalismo non è contrario a sovvenzioni pubbliche leggere nel sostegno all’industria dello sci. Noi ambientalisti, come del resto tutti i cittadini seri, siamo invece scandalizzati dall'ipocrisia usata dalla Provincia Autonoma di Trento e dai comuni nel sostenere l’industria dello sci laddove è evidente l’impresa sia fallimentare: Folgaria, Polsa, Tremalzo, Broccon, Pinzolo-Campiglio, Folgarida–Marilleva, Passo Rolle-San Martino.
Ognuna di queste operazioni non è vero sia sostenuta da Trentino Sviluppo solo perché questa farsa al momento detiene irrisorie quote in alcune società. A Pinzolo, sul Rolle, nella Polsa in assenza di sovvenzione pubblica dell’80%, attraverso Trentino Sviluppo, ogni idea di ampliamento delle aree sciabili sarebbe impensabile, anche perché i relativi territori, quindi gli operatori turistici locali, non sono disposti a sovvenzionare ulteriormente imprese vicine al fallimento. Tutti saremmo capaci a fare gli imprenditore quando tanto lautamente sovvenzionati: a noi gli onori, al pubblico (cioè ai cittadini) gli oneri.
Non è poi vero quanto afferma il Pedrotti e cioè che solo lo 0,25% della superficie della provincia sia destinata allo sci. Chiunque frequenti le piste in periodo invernale si accorgerà che le aree interessate allo sci, quindi al disturbo del territorio e della fauna selvatica, irrompano i confini delle piste e moltiplichino le superfici sciabili almeno per tre se non oltre.
Ad oggi non esiste un solo caso nel quale gli impiantisti abbiano ricercato un confronto serio con la cultura ambientalista e naturalista. A conti fatti il dott. Pedrotti non risponde nel merito a nessuna delle osservazioni specifiche da me sollevate.
Rimane un dato di fatto. Gran parte della documentazione presentata agli uffici pubblici della provincia relativa alle nuove previste piste risulta essere una mistificazione della realtà. Sulla base di questa mistificazione, agli impianti letti come alternativa al traffico automobilistico privato e come strumento di mobilità, vengono erogati contributi pubblici che violano leggi nazionali e norme europee in tema di concorrenza. Altro dato di fatto: Trentino Sviluppo è una società privatizzata che si regge quasi totalmente sulla sovvenzione pubblica: attraverso Trentino Sviluppo passano ai comuni e alle società impiantistiche flussi di denaro pubblico in modo discutibile.
Ancora un passaggio. Molte, troppe varianti agli strumenti urbanistici dei nostri comuni vengono suggerite, sostenute, almeno indirizzate da società impiantistiche.
E’ su questi passaggi, che ledono ogni norma di trasparenza, di correttezza amministrativa, di lealtà verso i cittadini che ho chiesto e ribadisco la necessità di un intervento forte della magistratura trentina e della Corte dei Conti. Si tratta di un tentativo di debellare una seconda cupola presente e ben diffusa sul nostro territorio e di riportare, anche nell’industria dello sci, il rispetto di tutta la normativa italiana ed europea nel merito della libera concorrenza e della correttezza nell’erogazione dei dovuti e ripeto anche necessari contributi pubblici. Appunto, nelle percentuali indicate da Pedrotti e non in quelle reali.

Luigi Casanova

La filiera corta? A Isera c'è già

Ristoratori e agricoltori uniti, complice anche il Comune

Da quando i prezzi degli alimentari sono diventati un argomento per cui deprimersi, tutti offrono la stessa ricetta anti crisi: filiera corta. La si sbandiera come l'utopia del nuovo millennio, la si attua, qualche volta, con i mercatini dei produttori. Ma sono sempre iniziative che, pur interessando in modo evidente i consumatori, sanno di estemporaneo, di eccezionale. Ora ad Isera si cerca di rendere il concetto di filiera corta la regola. E i primi risultati fanno ben sperare. L'idea è nata da qualche albergatore Slow Food. E nella sua semplicità aveva del rivoluzionario: mettere allo stesso tavolo albergatori e agricoltori. In mezzo, un'amministrazione comunale che già in passato ha mostrato di esserci, su progetti innovativi. «Ci siamo confrontati - spiega Sergio Valentini - e ci siamo detti che non aveva senso raccogliere i prodotti in Vallagarina, spedirli al mercato di Padova dal quale risalivano a Trento e da lì arrivavano nei ristoranti. È una follia. Abbiamo numeri talmente limitati che si può senza difficoltà tornare ad un rapporto diretto». Si è cominciato con lo "schedare" le aziende agricole del comune: produzione, tipologia di lavoro, quantità di raccolto, standard qualitativi. E ad ogni albergatore sono state date le schede. Il resto, è ovvio, deve farlo il mercato: «Non possiamo imporre nulla a nessuno, ma qualche risultato già c'è - spiega Valentini - siamo in tre albergatori che già si riforniscono direttamente dai contadini della zona. Il che non ha portato grosse differenze di prezzi, ma ha cambiato completamente la possibilità di valutazione dei prodotti. Conosciamo i contadini, sappiamo come lavorano, sappiamo che rispettano l'ambiente e assicurano uno standard anche nel modo di produrre. E di questo possiamo quindi dar conto ai nostri clienti: se presento una carota, posso dire da dove viene». Ma se fin qui si è riusciti ad arrivare, ora due sono gli ulteriori obiettivi: innanzi tutto organizzare dei momenti all'interno dei locali, nei quali i contadini che vogliono presentano alla clientela i loro prodotti. E poi - ma soprattutto - l'obiettivo è quello di allargare il modello che sta nascendo ad Isera anche ad altri comuni: «Come Strada del Vino ora io mi prendo il compito di presentare il progetto ad altri territori - spiega Valentini - è ovvio però che non è un percorso facile. Già mettere assieme tutti gli operatori è cosa più complicata di quanto non si possa immaginare. Ma su questo terreno dobbiamo lavorare. Perché così si crea un sistema integrato».

L'Adige, 30.09.2008