2.10.08

Continua il dibattito sulla "cupola" nell'industria trentina dello sci

Nel dibattito sulla corruzione nel mondo trentino dello sci si inserisce anche Paolo Mayr, presidente della sezione trentina di Italia Nostra. Pubblichiamo di seguito il suo intervento:

L’industria dello sci: luci ed ombre

Riteniamo utile e necessario aggiungere alcune considerazioni al polemico dibattito, apparso nella stampa locale, sugli impianti sciistici, tra l’ambientalista Luigi Casanova (vicepresidente di CIPRA) ed il presidente della Sezione impianti a fune di Confindustria Trentina, Alberto Pedrolli.
Casanova accusava legami non chiari e situazioni di favoreggiamento tra l’industria dello sci e gli apparati tecnici, amministrativi e politici della Provincia: autorizzazioni più politiche che tecniche, basate su istruttorie parziali; contribuzioni molto più elevate di quelle consentite dalle normative europee; azioni di soccorso disperato di società in stato fallimentare, senza più sicurezza sugli esiti futuri; impianti e piste furbescamente definiti come soluzioni di trasporto pubblico; sostanziale delega della gestione delle montagne trentine alle società sciistiche.
Infine auspicava l’intervento della Corte dei Conti e della Magistratura per chiarire questa situazione.
Alberto Pedrolli rispondeva seccato alle accuse di Casanova, rivendicando il fatto che negli ultimi 28 anni si è attuata una contrazione degli impianti da 340 a 240; che i contributi sono stati in linea con i limiti fissati a livello europeo (dal 7,5 al 15%) e che semmai altri capitali elargiti erano per coprire le spese e gli aumenti di capitale, relativi alla quota azionaria della Trentino Sviluppo S.p.A.; che l’indotto del sistema degli impianti a fune è enorme (600%) e che infine i gestori delle aree sciabili sono i primi soggetti interessati alla tutela dell’ambiente.
Di fronte a questo accorato sfogo del dott. Pedrolli, riteniamo necessario precisare: nessuno nega, nemmeno le associazioni ambientaliste, la grande importanza economica e sociale legata all’industria sciistica e parimenti il grande indotto economico da questa generato, con le seguenti opportune precisazioni.
Prima di tutto la questione del numero degli impianti: non significa nulla il numero di questi, ma la loro portata oraria; in 28 anni siamo passati da obsolete sciovie, bidonvie, seggiovie monoposto, a seggiovie a 4 ÷ 6 posti e cabinovie ad agganciamento automatico, ad altissima portata, generalmente di 2400 persone all’ora.
Quindi le portate orarie dei sistemi di impianti sono notevolmente aumentate.
Ciò ha comportato la necessità di allargare in modo consistente le piste, per ottenere una densità accettabile di sciatori.
Poi c’è il caos dei finanziamenti, che seguono almeno tre canali, di difficile controllo complessivo.
Le associazioni ambientaliste trentine hanno faticosamente tentato di ricostruire lo scenario dei contributi pubblici nel caso degli impianti di Folgaria, inviando le risultanze alla Corte dei Conti per un doveroso ed auspicabile approfondimento.
In questo caso, la contribuzione, accettata dagli impiantisti e consentita dalle strutture provinciali, si è rivelata superiore ai limiti fissati dalla normativa vigente.
Quindi ci troviamo di fronte ad un sistema furbesco per capitalizzare il maggior importo possibile di denaro pubblico senza la dovuta trasparenza, raggiungendo il massimo della spudoratezza quando, per ottenere contributi più elevati, si definiscono sistemi di piste e impianti, sistemi di mobilità alternativa.
In riferimento poi alla patente di difensori dell’ambiente professata dal portavoce degli impiantisti, ci permettiamo di nutrire seri dubbi, in quanto ogni impianto, anche il più ben fatto, comporta un inevitabile impatto sul paesaggio, sulla fauna e sulla flora e l’allargamento e la livellazione delle piste implica la banalizzazione dell’ambiente.
Negativi risultano infine sia l’impatto acustico provocato dalla musica sparata dagli altoparlanti montati sui tralicci, sia la frequente presenza di “gazebo” ed altre strutture commerciali.

Per la Sezione Trentina di Italia Nostra
Il presidente Paolo Mayr