30.6.09

Dolomiti riconosciute patrimonio Unesco

Daidola: «Buffonata fatta per motivi turistici»

Le Dolomiti sono entrate a fare parte del patrimonio dell'umanità: un riconoscimento che non per tutti sarà sinonimo di sviluppo sostenibile e tutela dell'ambiente. Anzi. Questo passaggio - mette in guardia una voce fuori dal coro - diventerà facile «alibi» per giustificare altre «marachelle». La voce è quella di Giorgio Daidola, docente di scienze economiche e statistiche all'Università di Trento, alpinista esperto ed appassionato di montagna, che guarda con sospetto alla decisione dell'Unesco di accogliere la candidatura presentata dalle cinque province. «Io credo - disse un paio di mesi fa - che per fare delle Dolomiti un'area di turismo sostenibile, quindi non legato alla tecnologia, allo sci di massa - che in parte ha ucciso il fascino di quelle montagne - sia necessario investire sulla sostenibilità. Altrimenti diventa semplicemente una trovata commerciale per attrarre più turisti».

Professor Daidola, le Dolomiti sono state riconosciute all'unanimità dai ventuno membri della commissione Unesco patrimonio del mondo. Già nei mesi scorsi lei aveva messo in luce il rischio che si trattasse solo di un marchio economico. «Ah, è stata accolta. Rimango della medesima opinione, comunque mi sembra che tutto proceda su due piani in Trentino. Si dicono delle cose e poi se ne fanno altre. Come è ammissibile una cosa del genere, quando si è dato il via a fare un collegamento come quello di San Martino, che attraversa un parco naturale. Se non è una contraddizione questa. Mi pare proprio che questa sia una buffonata».

Non crede, dunque, che potranno esserci ricadute positive in termini di sviluppo sostenibile. «Tutto questo è stato fatto solo per motivi turistici e commerciali e lascia stupiti che una organizzazione come l'Unesco conceda questo riconoscimento senza porre paletti precisi. Non mi pare certo un marchio che sia garanzia di comportamenti sostenibili. Posso capire che si parli di patrimonio dell'umanità perché le montagne, per fortuna, sono bellissime, sono uniche e sono di tutti. Ma il modo in cui è gestito l'ambiente non è certo quello che si dovrebbe adottare».

Lei dice che ci saranno ricadute solo sul piano economico: chi ci guadagna, dunque? «Ci guadagna l'establishment, questo sistema economico drogato che si nutre di queste cose. E poi diranno anche che sono molto bravi, perché sono sensibili ai problemi ecologici, ma quando è il momento di adottare le decisioni fanno il contrario. Anzi, questo riconoscimento servirà loro per giustificare ancora di più le "marachelle"».

Si sarebbero creati un alibi?
«Sì, esattamente. Questo mi pare alquanto possibile».

Furono gli ambientalisti, però, i primi a proporre questa candidatura: non ritiene che possa portare ad un turismo sostenibile?
«Tutto dipende dal controllo che saprà fare l'Unesco: se pone dei limiti a questo sfruttamento della montagna, soprattutto di quella invernale. Certamente questo riconoscimento avrà dei riflessi positivi in termini di immagine, sarà un argomento in più dal punto di vista pubblicitario e promozionale. Ma il fatto che l'Unesco abbia concesso questo riconoscimento senza porre vincoli precisi mi pare indice di poca serietà».

Associazioni ambientaliste: «Non sia solo un marchio di mercato»

Le associazioni ambientaliste Mountain Wilderness, Legambiente e Cipra Italia si sono incontrate ieri a Pieve di Cadore: al centro il riconoscimento delle Dolomiti patrimonio naturale dell'Unesco. Occasione per fare festa. Ma non solo. «Ci sono anche delle preoccupazioni. Non si vorrebbe che le Dolomiti tutelate dall'Unesco - spiega Luigi Casanova a nome delle associazioni - venissero ridotte ad un semplicistico marchio turistico, di mercato. Le Dolomiti dovranno divenire un laboratorio sociale di eccellenza. È anche evidente - precisa - che l'Unesco non porta alcun vincolo su questi territori. Abbiamo saputo oggi che ci sono ben 228 normative diverse che interessano la gestione dei territori». Da qui l'invito a «superare una simile frammentazione per costruire anche in questo caso un disegno unitario che porti nelle cinque realtà norme comuni, condivise, efficaci nella tutela del territorio e nel rafforzamento dei valori». Dalle associazioni ambientaliste anche la richiesta di un maggiore coinvolgimento: «La candidatura fu lanciata il 1° novembre 1987 a Biella, all'assemblea costituente di Mountain Wilderness - ricorda Casanova - Noi delle popolazioni dolomitiche ora siamo anzitutto consapevoli di essere patrimonio dell'umanità, quindi su di noi ricade una responsabilità importante. Questo passaggio di responsabilità è un dato culturale che avrà ripercussioni importanti sia nell'immediato che nel futuro. Certo - sottolinea - c'è la consapevolezza dei limiti di questo percorso, non ci ha soddisfatto il discorso sul piano partecipativo. L'associazionismo ambientalista e i comitati che lavorano sul territorio delle cinque province - afferma -chiedono con forza alle istituzioni provinciali di essere coinvolti come protagonisti nella futura pianificazione della gestione di questo patrimonio collettivo. Cosa che finora non c'è stata. Il secondo passaggio riguarda la coerenza: se siamo patrimonio dell'umanità lo dobbiamo dimostrare con i fatti. Le associazioni - ricorda - si sono poi incontrate per definire i prossimi passi, le tappe di questo lungo ed entusiasmante viaggio istituzionale e culturale. Assieme ai sindaci del Cadore e delle Dolomiti intere dimostreranno che la sostenibilità dello sviluppo non è uno slogan, ma si articola in processi che porteranno nelle vallate qualità del vivere, del lavoro e dell'ambiente naturale».

L'Adige, 28 giugno 2009

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