13.11.09

In quel tunnel c'è un buco

Fonte: L'espresso del 12 novembre 2009

Mancano 7,8 miliardi per la nuova linea ferroviaria del Brennero. La denuncia del commissario governativo


Tratto da:

di Elena Fabiani e Luca Piana

A Mules, una ventina di chilometri dal passo del Brennero, la bocca del cantiere è aperta ormai da mesi. Il tunnel si infila sottoterra per 1.800 metri e finisce in una caverna che gli operai chiamano il camerone. È lì che aspettano l'enorme talpa meccanica che, nella primavera del 2008, ha iniziato a scavare più a nord, ad Aica. Fra crolli e stop temporanei, nel granito è stato realizzato un cunicolo profondo più di sei chilometri.

Altri quattro e la talpa raggiungerà il camerone di Mules. Lo scorso 9 agosto, però, si è temuto il peggio. Il macchinario ha incontrato una faglia che nessuno si aspettava, un ammasso franoso intrappolato nella roccia più dura. La struttura ha iniziato a scricchiolare e gli operai sono stati costretti a fuggire. Dopo quattro mesi spesi a puntellare la galleria, i lavori dovrebbero riprendere il 4 dicembre, giorno di Santa Barbara, protettrice dei minatori.

INTERATTIVO Numeri e percorso del traforo del Brennero

In Alto Adige, in quello che si preannuncia come uno dei cantieri infiniti nell'Italia delle grandi opere, da più di un anno si scava senza sapere se lo sforzo sarà mai portato a termine. Le difficoltà tecniche sono scontate: l'Italia e l'Austria vogliono realizzare un nuovo traforo ferroviario di 55,6 chilometri sotto il Brennero per abbassare di quota la vecchia linea dei binari, che oggi si inerpica fino ai 1.372 metri del valico. Al di là della complessità che i cunicoli esplorativi di Mules e Aica stanno testando, il problema è però la mancanza di fondi. Fra il tunnel e il rifacimento dell'intera ferrovia fino a Verona, necessario perché la galleria ad alta capacità non resti inutilizzata, le stime dei costi superano già oggi i 16 miliardi di euro, 11 dei quali a carico dell'Italia. E in gran parte ancora da reperire.

In maggio il ministro delle Infrastrutture, Altero Matteoli, non aveva frenato l'entusiasmo. L'accordo appena firmato con l'Austria e l'Unione europea era per lui "un punto di svolta verso l'esecuzione del tunnel", che nei progetti collegherà direttamente Fortezza a Innsbruck. Passata l'estate, il clima è cambiato. Mauro Fabris, il commissario straordinario incaricato da Silvio Berlusconi di coordinare le opere, ha lanciato l'allarme: "C'è il rischio che l'Ue possa ridurre i finanziamenti per la progettazione della linea da Fortezza a Verona. E c'è il rischio ancor più grave che, se non sblocchiamo l'iter di questi lavori, necessari perché i treni utilizzino la futura galleria, Europa e Austria comincino a chiedersi che senso abbia impegnarsi nell'opera", dice a 'L'espresso'.

Che cosa è cambiato rispetto all'euforia di pochi mesi fa? E perché, nelle ultime settimane, tra il governo di Roma e i presidenti delle Province di Trento e di Bolzano, Lorenzo Dellai e Luis Durnwalder, da sempre grandi fan del tunnel, è scoppiata un'inattesa guerra fredda?

Per comprendere le difficoltà del progetto, occorre scendere la linea ferroviaria fino al tratto più impervio, tra Fortezza e Ponte Gardena. Lì la pendenza dei binari è troppo elevata e, oggi, i treni più lunghi e pesanti non ce la fanno. La linea va rifatta, sostiene il commissario, come vanno rifatti gli attraversamenti di Bolzano, Trento e Verona. Nasce qui il buco nelle risorse, un buco la cui entità sta facendo crescere la fila degli scettici, che va dai movimenti ambientalisti italo-austriaci alla Cgil di Bolzano. La galleria dovrebbe costare tra gli 8 e i 9 miliardi, da dividere a metà con l'Austria. L'Ue ha promesso 786 milioni, una somma che potrebbe essere raddoppiata se tutto andrà bene. Per il momento, tuttavia, l'Italia deve fare i conti con la previsione di sborsare circa 3,5 miliardi, individuati - sulla carta - grazie a voci che vanno dall'aumento dei pedaggi per i camion a un prestito di 1,3 miliardi che il governo si è impegnato a restituire dal 2022, data di fine lavori.

I guai riguardano il resto della linea. Per rifarla Fabris stima che servano almeno 7,6 miliardi, metà da spendere entro l'ultimazione del tunnel e metà in un secondo momento. A fronte di questa cifra, ci sono solo 104 milioni limitati alla progettazione, soldi che la Corte dei Conti ha bloccato fino a quando non sarà trovato il resto della somma. "E se non troviamo una soluzione, l'Ue potrebbe definanziare la sua quota di 58 milioni", dice Fabris.

La difficoltà nel reperire il denaro pubblico necessario, tuttavia, ha fatto esplodere alcuni problemi che covavano sotto la cenere. Il primo riguarda il dibattito sull'utilità dell'opera. "Se lo scopo è togliere i camion dall'autostrada del Brennero, occorre ragionare su una serie di dati", dice Riccardo Dello Sbarba, esponente verde nel consiglio provinciale di Bolzano. "In Italia", spiega, "mancano incentivi che promuovano il traffico su rotaia. Con il risultato che un camion su quattro attraversa le Alpi vuoto e uno su tre passa dal Brennero allungando un tragitto alternativo più breve: passano qui solo per le tariffe più basse rispetto, ad esempio, a quelle svizzere".

I Verdi calcolano che sulla ferrovia attuale potrebbe passare il doppio dei 120 treni di oggi, e che basterebbero investimenti mirati per ottenere risultati anche migliori. A questi argomenti fa eco l'austriaco Fritz Gurgiser, leader dei movimenti anti-traforo che nelle ultime elezioni provinciali in Tirolo hanno ottenuto ampi successi: "Non credo che il governo italiano sia in grado di garantire le risorse per l'opera", dice, lanciando una sfida vera e propria: "Sono disposto a ricredermi nel caso in cui Berlusconi alzi i pedaggi per i Tir al livello tirolese e ne vieti il transito notturno da Verona al Brennero".

La seconda partita che i fautori del tunnel si stanno giocando riguarda invece l'enorme mole degli appalti che si metterà in moto. La proposta che ha fatto tremare i vertici del Trentino e dell'Alto Adige è stata lanciata qualche settimana fa, quando Fabris ha suggerito che le risorse per fare la galleria potrebbero venire grazie ai profitti realizzati dall'Autobrennero, che già ne accantona una parte per questo scopo (saranno 500 milioni nel 2014). La maggioranza del capitale dell'A22, oggi, è in mano a Trentino e Alto Adige, che si sono spesso scornati sulla gestione del potere. La prospettiva fatta balenare dal veneto Fabris di un ingresso nella società dell'Anas o delle FS, però, ha ricompattato Dellai e Durnwalder, che hanno rispedito la proposta la mittente. Negli ultimi tempi, infatti, la mano del governo è già tornata in forze nell'Autobrennero, grazie all'ingresso nel capitale della Infrastrutture Cis (con il 7,8 per cento), una società che unisce imprenditori e costruttori veneti con il fondo F2i di Vito Gamberale, finanziato a sua volta dalla Cassa Depositi e Prestiti. La concessione dell'Autobrennero scadrà nel 2014: Dellai e Durnwalder chiedono che il governo si attivi per ottenere una proroga dall'Ue, promettendo che in cambio continueranno a destinare una parte dei profitti al traforo. A Roma, però, nicchiano: la ricca autostrada fa gola a molti.

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