Un anno fa Ruralpini promuoveva una campagna a sostegno del Bitto 'storico' paventando la possibilità che esso potesse essere messo fuorilegge. E così è avvenuto
La burocrazia del gusto si affida alla repressione: pesanti sanzioni contro i 'ribelli del Bitto' che hanno sfidato la Dop
Può una Dop mettere fuorilegge la storia e la geografia? Può annullare i diritti collettivi e un patrimonio di una comunità di pratica radicata nella storia e nel territorio?
Il giorno 20 ottobre alcuni funzionari del MIPAAF si sono presentati al ‘Centro del Bitto’ per notificare alla società che opera la commercializzazione del Bitto ‘storico’ (la Bitto trading') due sanzioni per un massimo di 60.000 € motivate dal mancato assoggettamento ai controlli previsti per la produzione DOP e dalla usurpazione della denominazione protetta ‘Bitto’.
La prima considerazione da fare riguarda lo sfacciato tempismo dell’iniziativa (il 18 si era svolta a Morbegno la mostra del Bitto Dop, ‘ufficiale’ e si volevano evitare spiacevoli scandali), la seconda il carattere di vera e propria svolta che l’azione repressiva del Mipaaf imprime alla ‘guerra del Bitto’, il noto contenzioso, che si trascina da 15 anni, tra i produttori ‘storici’ - che operano nell’area di produzione tradizionale del formaggio Bitto - e il Consorzio di tutela (CTCB).
Il motivo è semplice: i produttori storici non accettano che il loro formaggio sia posto sullo stesso piano di una versione ‘semplificata’ che, per diversi aspetti, contraddice un procedimento di lavorazione costante nel tempo e che ha i suoi caposaldi nella qualità del latte di bovine alimentate con un sistema razionale di pascolo turnato (senza somministrazione di mangimi), nell' immediata lavorazione del latte a caldo, nell’aggiunta del latte di capra, nella lentezza e accuratezza della lavorazione (che richiede sino a 4 ore).
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