14.1.10

Botta e risposta da l'Adige tra Comitato per il diritto alla salute in Val di Non e l'Assessore Pacher


«Nelle urine pesticidi sei volte maggiori»

VALLE DI NON - Il Comitato per il diritto alla salute in Valle di Non con una propria indagine, commissionata ad uno dei migliori laboratori accreditati italiani, non trentino, mette fortemente in dubbio la valenza delle indagini volute dall'Azienda sanitaria provinciale sul livello di esposizione ai prodotti fitosanitari dei cittadini nonesi che vivono in zone ad alta densità «melicola» (i cui dati sono stati solo in parte anticipati). L'indagine pubblica a detta del Comitato era limitata nei contenuti e portata avanti in modo scarsamente appropriato. «Dai nostri risultati emerge che la quantità dell'unico metabolita ricercato nelle urine della gente è molto superiore alle concentrazioni trovate dall'Azienda sanitaria: 4 volte di più nella media ma soprattutto 6 volte di più nei bambini di cui la loro indagine non si è preoccupata. Inoltre noi abbiamo fatto ricercare ulteriori metaboliti che sono stati ritrovati in quantità preoccupanti nelle urine delle persone testate». Il Comitato noneso (30 soci attivi ma un migliaio di persone che hanno sottoscritto una petizione da questo proposta per maggiori controlli nel rapporto tra agricoltura intensiva e popolazione residente) a fine 2008 era stato informato dal Comprensorio dell'intenzione dell'Azienda sanitaria di attivare un monitoraggio sui livelli di esposizione ai prodotti fitosanitari di un gruppo di persone residenti in Valle di Non. Al Comitato erano state in seguito comunicate le modalità dell'indagine. «Riscontrammo - ci dicono i rappresentanti del gruppo - grosse lacune e limitazioni nel progetto e constatammo che i nostri suggerimenti non erano stati accolti». Il gruppo decise allora di far eseguire a sua volta delle analisi biologiche, sulla gente quindi, che seguivano quelle ambientali commissionate anche allora a proprie spese per definire la presenza di tracce di pesticidi nelle case, giardini pubblici e privati. «Quel primo nostro check up aveva dimostrato la presenza diffusa, persistente e profonda di numerosi principi attivi, tra cui alcuni fuorilegge (ddt, endosuflan, diclofuanide, bromopropilato, carbaril, diazinone, malathion). L'Azienda sanitaria (vedi «l'Adige» di martedì scorso con la risposta dell'assessore Alberto Pacher alla interrogazione di Roberto Bombarda e le successive considerazioni del dottor Alberto Betta) ha quindi commissionato agli opportuni laboratori l'analisi delle urine di 23 persone, abitanti a Cles, Tuenno, Nanno e Tassullo. «Un'indagine inadeguata e limitata. - dice il Comitato - Le analisi si sono limitate alle persone adulte mentre i bambini, dicono i medici, sono più esposti a questi agenti chimici per il loro metabolismo accelerato, perché in proporzione si alimentano di più e nel gioco mettono le mani a terra e poi magari in bocca. In secondo luogo l'Azienda ha ricercato un solo principio attivo, il clorpirifos-etil, su circa 30 usati ogni anno nei meleti. Infine, tra i soggetti analizzati non c'erano agricoltori e loro familiari, le categorie più esposte a questi prodotti». Il Comitato si è un'altra volta autotassato (migliaia di euro) e «ci siamo rivolti ad uno dei migliori laboratori presenti in Italia. Sono state raccolte le urine di un certo numero di persone, tra cui alcuni bambini, ed è stata ricercata la presenza di diversi principi attivi». Cosa ne è venuto fuori? «Dai risultati emerge che le quantità del metabolita riscontrato nelle urine, il clorpirifos-etil l'unico ricercato dall'Azienda, è molto superiore a quelle rilevate dall'indagine della stessa e divulgate da Pacher: 4 volte tanto per il campione generale e 6 volte di più nei bambini. Ciò che dimostra la particolare e preoccupante esposizione dei più piccoli a queste sostanze. Inoltre abbiamo dimostrato la presenza nelle urine di altri metaboliti in quantità preoccupanti». Il Comitato ha deciso di comunicare nei particolari i contenuti dell'indagine a chi di dovere e al pubblico in apposite serate a tema. L'attività del Comitato conferma la scarsa fiducia che una parte non indifferente dell'opinione pubblica (vedi tema Valsugana ed Acciaierie) ha sulla adeguatezza dei controlli pubblici. E riflette le perplessità su un «approccio al ribasso delle pubbliche autorità sanitarie nei confronti dei rischi a cui è soggetta la popolazione. Un solo dato vogliamo ora sottolineare. L'analisi provinciale conferma comunque che la presenza del metabolita ricercato, il clorpirifos-etil, è raddoppiata nelle urine delle persone analizzate tra il periodo di non esposizione ai prodotti fitosanitari (la prima raccolta di urine fu fatta ad inizio marzo) e il periodo di piena esposizione (la seconda raccolta fu in maggio). Da 1,425 microgrammi su grammo di creatinina a 2,71. Ciò che testimonia che la contaminazione è dovuta essenzialmente ai fitofarmaci usati nei trattamenti. Del resto, le analisi volute dall'Azienda sanitaria hanno dimostrato la presenza di prodotti fitosanitari dentro le case, nei giardini pubblici e privati (in violazione all'art. 674 del codice penale) e ora anche nel corpo umano». Cosa chiedete alla politica? «Il rispetto delle ordinanze comunali alfine di permettere l'incolumità della proprietà privata e pubblica per tutelare la salute pubblica. Poi, che in agricoltura si usino sempre meno sostanze chimiche nocive».

di RENZO M. GROSSELLI, fonte l'Adige del 14.01.2010

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Pesticidi, residui anche nelle case

VAL DI NON - «La presenza di residui all'interno delle abitazioni riportata dalle analisi fornite dal Comitato per il diritto alla salute in Val di Non - scrive Pacher - risulta coerente con i risultati dell'indagine condotta dall'Azienda sanitaria. È stato ricercato un principio attivo «tracciante» in 23 abitazioni, e nelle urine delle 23 persone domiciliate è stato cercato il metabolita dello stesso. L'indagine «ha permesso di evidenziare il principio attivo scelto come "tracciante" in ambito domestico, sia nel periodo lontano dai trattamenti (2 casi su 23), sia in corrispondenza di questi (7 casi su 23).
Tracce minime
«Tali osservazioni - scrive Pacher - suggeriscono la possibilità che i principi attivi utilizzati in agricoltura, per varie ragioni (in primo luogo per il fenomeno "deriva"), trovino diffusione anche all'interno delle abitazioni e, in certa misura, permanervi. Per altro i livelli riscontrati nello studio condotto dall'Azienda sanitaria sono da considerarsi tracce minime di prodotto che, pur testimoniando la possibilità di una contaminazione indoor, rivestono scarso o nullo significato dal punto di vista tossicologico».
La «deriva»
Soprattutto in aree dove c'è stretta aderenza fra coltivazioni e abitazioni, «la possibilità che i principi attivi possano essere riscontrati in prossimità delle abitazioni è molto alta», osserva Pacher. «Tali considerazioni trovano conferma in studi condotti in passato sul fenomeno "deriva". Peraltro, lo studio così come inviato non contiene informazioni circa la concentrazione delle sostanze rilevate, la ricerca effettuata dal Comitato per il diritto alla salute in Val di Non conferma quanto già conosciuto: all'esterno delle abitazioni il prodotto aero-disperso è comunemente riscontrabile e tale presenza nelle abitazioni e loro pertinenze è tanto più probabile quanto maggiore è la vicinanza delle aree agricole».
I prodotti proibiti
Per la maggior parte i principi attivi trovati sono autorizzati dal protocollo provinciale di produzione integrata 2009. «Alcuni sembra non risultino in esso compresi e pertanto il loro uso, per la coltivazione del melo, non è ammesso. Due principi attivi - scrive il vicepresidente della Provincia - risultano essere ritirati dal commercio da diversi anni (2,4, DDT dal 1978; diclofluanide dal 2003); la presenza di tali residui riscontrata in campioni di polveri è di difficile interpretazione, ma non è da escludere che questa sia attribuibile alla persistenza nell'ambiente di principi attivi usati in passato o, nel caso del 2-4 DDT, ad una contaminazione ambientale di fondo. La molecola "Endosulfan", riscontrata in campioni di polveri e ciliegie di un giardino, è stata autorizzata in Italia per l'uso sul nocciolo, mentre su melo risulta vietato. Anche in tale circostanza risulta difficile stabilire l'esatta provenienza di tale residuo. Altra molecola il cui utilizzo non è previsto per il melo, 2 - fenilfenolo, risulta tuttavia impiegata per svariati utilizzi, anche in ambito non agricolo».
Comuni e ordinanze
Per la riduzione del rischio - ricorda Pacher - la giunta provinciale ha adottato nel 2006 un Protocollo di comportamento sull'utilizzo dei fitosanitari in prossimità dei centri abitati per la tutela della salute dei cittadini e dell'ambiente. I Comuni possono recepirlo «con regolamento o con ordinanza in modo da salvaguardare la salute dei cittadini e la qualità dell'ambiente. La deliberazione riporta che solamente 48 comuni su 223 avevano disciplinato l'utilizzo dei prodotti fitosanitari».

fonte l'Adige del 12.01.2010

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