Il Comitato per il Diritto alla Salute in Val di Non organizza:
venerdì 12 febbraio 2010, ore 20.30
Sala Comunale presso le scuole elementari di Caldes
DA L’AUTRA BANDA DEL POMAR
La frutticoltura intensiva vista dal cittadino
* Saluto e introduzione del Comitato per il Diritto alla Salute.
* L’agricoltura intensiva, vista e vissuta da alcuni residenti in Val di Non.
A cura del Comitato per il Diritto alla Salute in Val di Non
* Ordinanze Comunali per la disciplina dell’uso di antiparassitari:
efficacia, rispetto,controllo; tutelano la nostra salute?!
A cura del Comitato per il Diritto alla Salute in Val di Non
* Dalla negazione del rischio al principio di precauzione.
A cura del dott. Giorgio Bianchini.
* Un’agricoltura più rispettosa della vita e dell’ambiente: un’alternativa possibile.
A cura di Luisa Mattedi.
A SEGUIRE AMPIO DIBATTITO
Modera il dott. Salvatore Ferrari
Resoconto dell'incontro da l'Adige del 14.02.2010
di Marta Battaini
CALDES - Ottima partecipazione di pubblico per la prima serata informativa in territorio solandro del comitato per il diritto alla salute in valle di Non.
Massiccia la presenza in sala di agricoltori che hanno dimostrato disponibilità al dialogo.
Due le questioni principali al centro del dibattito relativo all’utilizzo di prodotti fitosanitari in agricoltura pericolosi per la salute: l’assenza di una chiara informazione in merito agli effetti nocivi che i pesticidi possono produrre e la mancanza di una pianificazione generale urbanistica che imponga ai comuni di mantenere una fascia di rispetto di almeno 100 metri tra i centri abitati e le campagne (distanza minima, questa, per escludere con sicurezza gli effetti negativi della «deriva»).
Sul primo punto, a Caldes, è emerso un generalizzato sentimento di impotenza da parte degli agricoltori. Hanno lamentato l’impossibilità di scegliere liberamente come condurre la propria azienda agricola perché inseriti in un sistema che ha tolto loro qualsiasi potere decisionale.
Un giovane agricoltore intervenuto ha detto di non conoscere gli effetti che possono provocare i prodotti da lui utilizzati e che, al riguardo, l’Istituto Agrario di San Michele dovrebbe svolgere un ruolo più incisivo di informatore. Salvatore Ferrari, di Italia Nostra, che ha moderato l’incontro, ha detto che «l’Istituto non ha gli strumenti per poter mantenere un ruolo scientifico di questo tipo, perché - a suo dire - risente troppo del peso delle case farmaceutiche».
L’accusa, pesante, di scarsa automonia sul versante della consulenza tecnica è stata rilanciata da un agricoltore di colture biologiche, Marco Osti di Spormaggiore.
È stato inoltre osservato dal medico Giorgio Bianchini di Cles, al tavolo dei relatori con Luisa Mattedi, Sergio Deromedis e Virgilio Rossi, che l’assenza di informazione non è certo fenomeno circoscritto al limitato territorio provinciale ma ha radici ben più estese. Basti pensare, ha aggiunto, che anche la Commissione Europea ha rilevato la scarsa informazione in relazione alla tossicità dei prodotti fitosanitari attualmente in commercio.
Riguardo alle fasce di rispetto, alcuni agricoltori hanno osservato che nel corso degli ultimi decenni i centri abitati si sono ampliati avvicinandosi sempre di più alle aree coltivate. Una voce dalla sala: «Come categoria, non ci sentiamo tutelati dalle amministrazioni locali che permettono indiscriminati sviluppi urbanistici». Sia Ferrari, sia Rossi che Bianchini hanno ribadito che è proprio tramite la modifica dei piani regolatori che si potrà perlomeno arginare il problema relativo alla salute ed alle proprietà agricole dei cittadini. Messaggio chiaro: solo quando si imporrà l’obbligo di prevedere nei Prg un anello di salvaguardia attorno al centro abitato di almeno 100 metri, si potranno allora ritenere gli strumenti normativi localmente adottati realmente in grado di tutelare i diritti oggi dibattuti ed a rischio.
Massiccia la presenza in sala di agricoltori che hanno dimostrato disponibilità al dialogo.
Due le questioni principali al centro del dibattito relativo all’utilizzo di prodotti fitosanitari in agricoltura pericolosi per la salute: l’assenza di una chiara informazione in merito agli effetti nocivi che i pesticidi possono produrre e la mancanza di una pianificazione generale urbanistica che imponga ai comuni di mantenere una fascia di rispetto di almeno 100 metri tra i centri abitati e le campagne (distanza minima, questa, per escludere con sicurezza gli effetti negativi della «deriva»).
Sul primo punto, a Caldes, è emerso un generalizzato sentimento di impotenza da parte degli agricoltori. Hanno lamentato l’impossibilità di scegliere liberamente come condurre la propria azienda agricola perché inseriti in un sistema che ha tolto loro qualsiasi potere decisionale.
Un giovane agricoltore intervenuto ha detto di non conoscere gli effetti che possono provocare i prodotti da lui utilizzati e che, al riguardo, l’Istituto Agrario di San Michele dovrebbe svolgere un ruolo più incisivo di informatore. Salvatore Ferrari, di Italia Nostra, che ha moderato l’incontro, ha detto che «l’Istituto non ha gli strumenti per poter mantenere un ruolo scientifico di questo tipo, perché - a suo dire - risente troppo del peso delle case farmaceutiche».
L’accusa, pesante, di scarsa automonia sul versante della consulenza tecnica è stata rilanciata da un agricoltore di colture biologiche, Marco Osti di Spormaggiore.
È stato inoltre osservato dal medico Giorgio Bianchini di Cles, al tavolo dei relatori con Luisa Mattedi, Sergio Deromedis e Virgilio Rossi, che l’assenza di informazione non è certo fenomeno circoscritto al limitato territorio provinciale ma ha radici ben più estese. Basti pensare, ha aggiunto, che anche la Commissione Europea ha rilevato la scarsa informazione in relazione alla tossicità dei prodotti fitosanitari attualmente in commercio.
Riguardo alle fasce di rispetto, alcuni agricoltori hanno osservato che nel corso degli ultimi decenni i centri abitati si sono ampliati avvicinandosi sempre di più alle aree coltivate. Una voce dalla sala: «Come categoria, non ci sentiamo tutelati dalle amministrazioni locali che permettono indiscriminati sviluppi urbanistici». Sia Ferrari, sia Rossi che Bianchini hanno ribadito che è proprio tramite la modifica dei piani regolatori che si potrà perlomeno arginare il problema relativo alla salute ed alle proprietà agricole dei cittadini. Messaggio chiaro: solo quando si imporrà l’obbligo di prevedere nei Prg un anello di salvaguardia attorno al centro abitato di almeno 100 metri, si potranno allora ritenere gli strumenti normativi localmente adottati realmente in grado di tutelare i diritti oggi dibattuti ed a rischio.
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