Su 12 campioni raccolti in proprietà private e pubbliche, fatti analizzare in un laboratorio legalmente riconosciuto, 10 hanno confermato la presenza di residui di pesticidi. In tutte e 10 le località della valle di Non in cui questi campioni sono stati raccolti (in due il campione era doppio) si è verificata la presenza di residui. Tra l'altro i campioni sono stati raccolti anche: in un parco pubblico, in un parco giochi, all'interno di un appartamento privato e in un prato a sfalcio privato.
Il Comitato per il diritto alla salute in valle di Non ha in mano i risultati di una serie di analisi che, a proprie spese (3.000€ il costo), ha commissionato ad un laboratorio fuori provincia. «Si tratta di 12 campioni - dicono Sergio Deromedis, Virgilio Rossi, Raffaella Mottes e Marco Osti a nome del Comitato - raccolti in 10 località. I campioni sono stati raccolti il 24 giugno 2008, giorno di sole. Nei mesi precedenti si erano avute copiose precipitazioni e l'ultimo trattamento consigliato era per fine maggio e inizio giugno». Quindi campionatura non in periodo sospetto. Alla raccolta era presente un addetto del laboratorio di analisi. Il territorio interessato? «In 8 casi, si trattava di pertinenze di abitazioni private, poi un parco giochi, un parco pubblico, l'adiacenza di un parco di un asilo nido e un prato a sfalcio». Quali parchi? «Il parco Doss del Pez di Cles, il parco giochi di Rallo e un prato stabile da foraggio a Smarano». I risultati? «Su 12 campioni, 10 contenevano residui di fitofarmaci. Teatraconazole, Chlorpyrifos-etil, Pirimicarb, Captano e tanti altri. In due parchi su tre, nei campioni di erba c'erano residui e così nell'abitazione privata». Che tipo di materiale è stato analizzato? «Erba nei parchi e nel prato a sfalcio, verdura ed erba negli orti, polveri sul davanzale e dentro l'abitazione». Non è legale la presenza di residui di pesticidi? «No, è contraria al dettato dell'articolo 674 del codice penale, che tutela la pubblica salute». Si tratta, asseriscono i volontari del Comitato, di fitofarmaci già studiati per le loro particolari pericolosità per la salute. «Un solo esempio. Il Chlorpyrifos-etil è stato proibito nel 2002 negli Stati Uniti in zone residenziali perché è stato dimostrato che le donne in gravidanza esposte al prodotto hanno partorito figli con cervello di dimensioni minori al normale. Si tratta di prodotti, quali il Captano, cancerogeno, che non sono di ultima generazione, apparsi sul mercato tra gli anni '40 e '60».
Perché il Comitato ha commissionato le analisi? Non ci sono controlli pubblici? «Le analisi vengono fatte solo sul prodotto venduto, nel nostro caso le mele. Poi sulle acque. Nessuna indagine, i cui risultati siano stati pubblicizzati, è stata condotta su superfici private e pubbliche». Il risultato più contundente di queste analisi lo espone il portavoce del comitato, Sergio Deromedis: «Possiamo ipotizzare che gran parte della superficie della valle di Non soggetta all'agricoltura intensiva della mela, veda la presenza di residui di fitofarmaci». I pesticidi arrivano anche, in proporzioni più o meno rilevanti, nelle case e interferiscono pure con altre produzioni alimentari: orti ma anche nell'erba del prato preso in considerazione (quindi interferiscono con l'attività zootecnica) e con l'agricoltura biologica.
Una campionatura è stata raccolta anche in una casa privata: giardino, orto, interno dell'appartamento: erba, ortaggi e polveri. «È stato monitorato un periodo di 6 mesi, da aprile a settembre. L'ordinanza dice che i trattamenti devono essere effettuati con lancia entro una fascia di 25 metri dal confine, in assenza di vento e in osservanza di altre ordinanze comunali. Eppure noi abbiamo potuto verificare la presenza di residui di fitofarmaci sia all'interno dell'abitazione e fino a 70 metri dal frutteto». Di qui, ad esempio, una delle proposte del Comitato: chiedere che i Comuni esigano i 100 metri di distanza dalle case e pertinenze private e di pubblica frequentazione. «I propri ortaggi, il proprio spazio privato non sono esenti da tracce di fitofarmaco». E qui la gente del Comitato consiglia la lettura di una bibliografia piuttosto ampia: ricerche scientifiche che proverebbero effetti importanti sulla salute per il contatto prolungato o con certe quantità di certi fitofarmaci: da irritazioni cutanee e delle vie respiratorie ad effetti sul sistema riproduttivo, endocrino, da effetti sul sistema neurologico a possibili effetti cancerogeni (linfomi, leucemie, prostata)».
Un'ultima precisazione da parte del Comitato: «Il nostro interesse non è quello di sabotare l'agricoltura intensiva ma difendere la vivibilità e la salute pubblica di una valle. L'agricoltore deve poter vivere degnamente del suo lavoro. Ma devono essere migliorati certi aspetti della sua attività. Vogliamo anche allertare i sindaci: debbono come minimo far rispettare la normativa esistente ma anche cambiarla quando insufficiente a difendere la salute pubblica».
Comitato diritto alla salute: chi sono
Il Comitato diritto alla salute ha una trentina di aderenti e ha raccolto più di mille firme a sostegno del proprio progetto nell'estate 2007-estate 2008. Molte firme (650) sono state consegnate alla giunta provinciale di Trento. Gli aderenti al Comitato sono di fasce professionali diverse: contadini, medici, artigiani, commercianti. Volontari. «Il nostro obiettivo è il contratto sottoscritto da un migliaio di persone. Le premesse riguardano il tema dei pesticidi, il non rispetto dei regolamenti e delle ordinanze esistenti. Ma anche la necessità di cambiare molte di queste norme». Solo dal 3% al 10% degli agrofarmaci giunge all'obiettivo e quindi dal 90% al 97% si disperde invece nell'ambiente. «Sono i risultati di una indagine del 1985. Nella petizione sono state chieste alla giunta provinciale cinque cose. Uno studio aggiornato su suolo, acqua, aria della valle di Non (fanghi e acque ferme). Uno studio epidemiologico sulla salute degli abitanti della valle con particolare riferimento ai bambini. Che si dichiari con totale certezza che non ci sono problemi per la salute, a seguito dell'uso di fitofarmaci, a vivere in questa valle. Un controllo del rispetto delle ordinanze comunali in tema di uso dei fitofarmaci e del protocollo della lotta integrata. Regole legislativo-urbanistiche per ridurre la tensione tra meleti e popolazioni, che migliorino la convivenza della gente con l'agricoltura intensiva. E si chiede che a lungo termine venga limitato lo sviluppo dell'agricoltura intensiva, incentivando forme di agricoltura pulita e la biodiversità sul territorio». Sono stati informati anche i sindaci di tutti i Comuni della valle di Non e Bassa valle di Sole con una lettera informativa contenente precisi riferimenti a ricerche scientifiche (anche in campo medico).
Un questionario per 106 turisti della media valle: salvate paesaggio e salute: «Stop a sviluppi ulteriori del melo»
Il turista che si rivolge alla valle di Non da anni, capisce cosa significa l'agricoltura intensiva. Sia nel suo aspetto relativo ai «trattamenti» (gli agrofarmaci) che in quello che riguarda l'impatto paesaggistico, ad esempi reti di protezione dalle grandinate e pali di cemento. E dimostra di non gradire eccessivamente.
Il Comitato per il diritto alla salute ha predisposto un questionario che ha sottoposto a 106 turisti durante la stagione stiva dell'anno 2007 e poi dell'anno 2008. Ogni questionario prevedeva anche che il turista indicasse, per iscritto, il suo nome ed i suoi recapiti. Gli scopi dell'indagine? Così il portavoce del Comitato Salute: «Volevamo capire quale sia lo sguardo del turista sul nostro paesaggio, sul nostro ambiente. Particolarmente in quella fascia della valle di Non, attorno ai 700 metri sul livello del mare, dove la frutticoltura è giunta solo in parte». Tanto per capirsi la zona di Tres, Smarano, Sfruz, Coredo, Romeno e Cavareno. I 106 turisti che hanno accettato di riempire il questionario avevano un'età media di 53 anni. Dalla lettura delle risposte si evincono alcune considerazioni: «Per il 39% degli intervistati il paesaggio noneso in questi ultimi anni è peggiorato. Il 64% di loro afferma che il peggioramento è dovuto allo sviluppo agricolo, all'agricoltura intensiva».
C'è di più: «Il 90% dei turisti sentiti dichiara che non sceglierebbe per le sue ferie un luogo di coltivazione intensiva del melo». Non solo a causa dell'uso degli agrofarmaci. C'è anche un altro impatto sul paesaggio che viene notato dagli ospiti: «Solo il 14% ritiene di minima importanza l'impatto sull'ambiente delle reti antigrandine».
Comunque, il 78% non apprezza l'idea che la coltivazione intensiva di mele si espanda ancora di più nelle località prescelte per le vacanze. Infine, il 40% di coloro che hanno compilato il questionario proposto dal Comitato asserisce che l'immagine che la pubblicità propone della valle di Non come luogo di vacanza, non rende l'idea del reale ambiente di questo ambito». Insomma, al turismo si mostrano vette e pascoli, dimenticando le mele. Ma il turista poi arriva in valle e non è cieco.
L'Adige, 10 settembre 2008
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