22.11.08

Fitofarmaci, c'è preoccupazione

TASSULLO - Non solo cittadini preoccupati per gli effetti sulla salute degli antiparassitari, ma anche tanti agricoltori, che quei prodotti li usano. Ad attirare i circa 150 convenuti a Tassullo, per la serata organizzata dal Comitato per la salute in Val di Non, nomi come quello del dottor Giorgio Bianchini , e di Luisa Mattedi dell'Istituto agrario di San Michele. «Mille firme sono state raccolte in Val di Non per chiedere alla Provincia studi aggiornati su suolo, aria ed acqua della valle, ed uno studio epidemiologico sulla salute degli abitanti. I dati statistici dell'Azienda sanitaria secondo i quali la nostra valle sarebbe nella media italiana e provinciale per incidenza di tumori, non ci convincono, perché non escludono quel 30% della popolazione non esposta ad agrofarmaci», ha illustrato Sergio Deromedis del Comitato. L'invito è di pretendere che nelle fasce di rispetto previste dalle ordinanze comunali i trattamenti vengano effettuati a mano e con il getto rivolto verso il campo: «Secondo uno studio scientifico del 1993, fino a 100 metri dal punto di trattamento con atomizzatore il rischio per la popolazione è elevato anche in assenza di vento». Secondo il dottor Bianchini, tra dieci anni una persona su due contrarrà il cancro, e poiché gli studi sulla pericolosità dei prodotti fitosanitari sono spesso commissionati dalle aziende produttrici, «è necessario considerare potenzialmente a rischio qualsiasi sostanza, ed aumentare la partecipazione pubblica nel processo decisionale». Luisa Mattedi ha parlato di convivenza armoniosa fra contadini, ambiente e popolazione: «L'ambiente è un bene di tutti, non una proprietà privata, ma chi non vive di agricoltura deve sapere che le piante vanno aiutate, o si rischia di perdere la produzione». L'agronoma ha sottolineato la possibilità di diminuire ulteriormente il numero di interventi e di «promuovere iniziative di agricoltura biologica attraverso le fasce di protezione attorno ai paesi». È seguita la testimonianza di Marco Osti , agricoltore della Bassa valle che ha intrapreso il metodo di coltivazione biologico. Nel dibattito, tra gli altri ha preso la parola il direttore di Assomela (l'associazione che riunisce le principali Op italiane di mele) Alessandro Dalpiaz : «Il mondo agricolo e frutticolo si chiede come muoversi ormai da tempo, ed il biologico non è la soluzione al problema. Non si può dire che lo scenario non evolva e che la frutticoltura trentina sia passiva: ogni anno si spendono tra i 400 ed i 500 mila euro in analisi ed interventi per migliorarne la compatibilità con l'ambiente. Il Trentino è l'unica realtà dove per l'acquisto e l'uso dei fitofarmaci è obbligatorio un patentino conseguito dopo il superamento di un esame al termine di uno specifico corso». Per Dalpiaz i residui nella frutta nostrana sono ben al di sotto della soglia di pericolo, e «l'effetto deriva si riduce dell'80% già ad una distanza di 30 metri». Applauso degli agricoltori. «Noi rivendichiamo il diritto alla salute del residente. Vivendo in Val di Non non possiamo scegliere di stare a contatto o meno con i pesticidi, mentre i consumatori possono decidere di mangiare una mela bio o trattata», ha ribattuto Deromedis. Applauso dei non agricoltori.

L'Adige, 22.11.2008

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