Sulla stampa di questi giorni abbiamo potuto leggere due notizie riguardanti la TAV del Brennero.
La prima riguarda la scelta di vivacizzare con una bella colonna sonora il DVD che la Provincia di Trento prepara sul progetto preliminare della porzione trentina della linea ferroviaria ad alta capacità Verona-Innsbruck (”l’Adige”, 4.12.2008, Traforo in musica - Kuzminac consulente). Ma sarà difficile che la qualità dell’accompagnamento musicale distragga i destinatari dal porsi qualche domanda spinosa.
La seconda riguarda l’incontro istituzionale di Verona del 5.12.2008, dove sono stati confermati i finanziamenti UE per il tunnel di base del Brennero che qualcuno continua a chiamare un’opera eco compatibile. E neppure 195 chilometri di gallerie lungo l’asse dell’Adige dal confine di Stato a Verona e 30 anni cantieri nelle valli dell’Adige e dell’Isarco ci sembrano molto compatibili con l’ambiente.
Sull’opera contemporaneamente più inutile, costosa, devastante e meno condivisa che abbia mai interessato il Trentino si producono DVD ma ci si guarda bene dall’avviare una discussione pubblica, aperta e trasparente sui costi sociali ed ambientali. Una discussione che è totalmente mancata in Trentino, come è mancata in Alto Adige sul tunnel di base e sulle tratte di accesso Sud.
Da quel confronto sarebbe emerso quello che già in parecchi hanno capito e che la propaganda dei promotori nasconde con cura.
Ci dicono che la nuova linea servirebbe per trasferire finalmente (quando, nel 2030-2040?) il grande flusso merci dalla A22 alla ferrovia e risolverebbe anche l’imminente saturazione della linea storica del Brennero. Pretesti, per non intervenire oggi. Il traffico pesante e il terribile inquinamento sull’autostrada potrebbero diminuire subito di circa due terzi: a) con scelte non subalterne agli interessi dell’autotrasporto e della società Autobrennero, con pedaggi equivalenti a quelli di Austria e Svizzera e regolamentazioni/controlli all’altezza di un paese civile; b) impiegando la ferrovia attuale (dalle ampie capacità residue anche dopo il recente potenziamento) secondo criteri di razionalità ed efficienza, cercando di avvicinarsi almeno un po’ agli standard di gestione internazionali.
Sulle devastazioni ambientali annunciate dal programma di opere si cerca già di glissare e comunque si racconta che la valutazione di impatto ambientale si incaricherà di controllare, mitigare, riparare. Fantasie. Le procedure di VIA in Italia, e in Trentino, sono costruite sostanzialmente per avallare decisioni già prese al livello politico-economico. Ci aspettano invece disastri pesanti. Solo per fare due esempi: danni enormi dai cantieri diffusi per decenni in tutta la valle dell’Adige, con più traffico, inquinamenti diffusi e consumo irreversibile di quel territorio libero che qui diventa sempre più scarso (in Trentino si calcolano quasi 500 ettari da sacrificare, più quelli per le discariche); impatti gravi sulle risorse idriche superficiali e sotterranee, in misura che nessuno studio preliminare - come è noto - è capace di prevedere.
E quanto costerebbe questa bella impresa, solo in Trentino? Le stime ufficiali parlano di almeno 3 miliardi, ma quelle indipendenti arrivano a più del doppio; sempre a costi 2007-2008, come se i lavori finissero domani. Ma da molti segnali anche nel nostro caso si potrebbero ripresentare gli sprechi e gli aumenti di spesa che i meccanismi contrattuali e finanziari dei programmi TAV hanno prodotto in Italia, con un incremento medio di costi totali tra il 1991 e il 2007 pari a circa 6,9 volte. A quanti servizi sociali dovremmo rinunciare per soddisfare appetiti che non hanno molto a che vedere con un sistema ragionevole di trasporti?
Siamo stati sbrigativi, ma sempre meno dei promotori. Un dibattito pubblico approfondito sarebbe urgente, e diventa sempre meno probabile. Chi si oppone a questo progetto non pensa però di accontentarsi della buona musica.
Ezio Casagranda
Gianfranco Poliandri
Approfondimenti:
Dossier Treno alta velocità Verona-Brennero-Monaco
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