Articolo tratto da l'Adige del 19 agosto
di Guido Smadelli
«Abbiamo rilevato 13 campioni in vari punti della valle, in 8 diversi comuni dell'area dove viene praticata la frutticoltura intensiva. In 12 campioni sono stati rinvenuti residui di principi attivi, ed ogni singolo campione conteneva da 2 a 6 principi attivi diversi, in buona parte nocivi, qualcuno addirittura tossico».
Andrea Deromedis , del «Comitato per il diritto alla salute» della val di Non, ricorda che analoghe analisi erano state compiute un anno fa, in 10 punti, in 8 dei quali erano state rilevate presenze di residui. Oggi si è a 12 su 13. «Quindi la situazione è peggiorata», afferma deciso Deromedis, affiancato da Virgilio Rossi e Raffaella Mottes , altri componenti del comitato.
I campioni sono stati ovviamente rilevati da un tecnico abilitato ed esperto, ed analizzati in un laboratorio fuori regione: un monitoraggio su aree private e pubbliche per verificare la possibile presenza di residui fitosanitari. Analisi che - va precisato - sono state sostenute dal comitato: costate 2.880 euro (spesa sostenuta in parte da Cassa rurale Alta Valdisole e Peio, Volksbank di Cles e Cento sociale Bruno di Trento), sui campioni prelevati il 29 maggio scorso.
«Purtroppo non c'è alcun controllo sulla contaminazione delle proprietà private», considera Sergio Deromedis. «Sono state compiute analisi ambientali sulle polveri, che ci sono dappertutto»; aggiunge Raffaella Mottes.
Problema è che le ordinanze spesso ci sono, ma sono pochi i controlli. «Ed è vergognoso», affermano i componenti del comitato, «che un gruppo di persone di una ventina di elementi, sostenuti dalle oltre mille firme raccolte, si debba far carico, autofinanziandosi, di compiere le analisi».
Le ordinanze ci sono, incalzano i nostri interlocutori, ma non vengono rispettate e non sono sufficienti. «Si dice niente irrorazioni con atomizzatore a 50 metri, ma a 70 metri si accerta la presenza di residui. Il minimo di fascia di rispetto dovrebbe essere di 100 metri». Perché dalle analisi risulta evidente un fatto: residui di principi attivi sono stati trovati dentro le abitazioni. «Si dorme nei pesticidi». «Il discorso è che noi queste sostanze non le vogliamo né nell'orto, né in giardino, né sul balcone, né in casa», viene affermato. E mentre un anno fa nei campioni rilevati c'erano in media 2 residui di principi attivi, quest'anno la media sale a 3,7.
«I motivi sono tre», spiega Sergio Deromedis. «Innanzitutto il non rispetto delle regole e gli scarsi controlli. Quindi i meli troppo vicini a strade ed abitazioni senza che vi sia protezione alcuna, mentre ad esempio nel famoso protocollo agricolo si parla espressamente di siepi, ma quelle esistenti vengono tolte per far posto a nuovi meleti. Infine, l'uso eccessivo della chimica in valle di Non». Da studi ufficiali a livello nazionale risulta che in provincia di Trento vengono usati annualmente 2,5 milioni di chilogrammi di antiparassitari, l'equivalente di 50-60 chilogrammi ad ettaro. Un record nazionale assoluto, ben al di sopra di altre regioni dove si grida all'allarme per il limite di guardia, per cifre infinitamente meno significative.
«Peraltro», concludono i componenti del comitato presenti all'incontro con l'Adige , «va ricordato come l'Istituto agrario nel 2008 abbia "consigliato" ben 37 trattamenti...»
Tutti hanno effetti tossici o cancerogeni
LE CONSEGUENZE
VAL DI NON - Per comprendere quanto siano «consigliati» i principi attivi rilevati dalle analisi commissionate dal Comitato per il diritto alla salute, basta inoltrarsi nel portale «Footprint», dove ad ogni principio vengono abbinate le conseguenze sulla salute. Eccole (quasi tutti sono irritanti per pelle ed occhi).
«Clorpirifos etile»: distruttore endocrino; confermati effetti dannosi sul sistema riproduttivo; come inibitore della colinesterasi;
«Penconazolo»: confermati effetti dannosi sul sistema riproduttivo; tossico per il fegato; «Miclobutanil»: possibili effetti sul sistema riproduttivo;
«Difenoconazolo»: possibile cancerogeno; tossico per fegato e reni;
«Ciprodinil»: possibili effetti sul sistema riproduttivo;
«2 phenilfenolo»: confermati effetti cancerogeni; possibili effetti sul sistema riproduttivo; effetti sul sistema respiratorio; tossico per fegato e reni; danneggia la cornea dell’occhio;
«Metossifenozide»: possibile distruttore endocrino;
«Lufenuron»: possibili effetti sul sistema riproduttivo; possibili effetti tossici su tiroide e fegato;
«Bupirimate»: possibili effetti sul sistema riproduttivo;
«Endosulfan»: possibili effetti cancerogeni; possibile distruttore endocrino; neurotossico;
«Diclofuanide»: possibili effetti sulsistema respiratorio;
«Iprodione»: confermati effetti cancerogeni; possibili effetti sul sistema endocrino; effetti sul sistema respiratorio.
di Guido Smadelli
«Abbiamo rilevato 13 campioni in vari punti della valle, in 8 diversi comuni dell'area dove viene praticata la frutticoltura intensiva. In 12 campioni sono stati rinvenuti residui di principi attivi, ed ogni singolo campione conteneva da 2 a 6 principi attivi diversi, in buona parte nocivi, qualcuno addirittura tossico».
Andrea Deromedis , del «Comitato per il diritto alla salute» della val di Non, ricorda che analoghe analisi erano state compiute un anno fa, in 10 punti, in 8 dei quali erano state rilevate presenze di residui. Oggi si è a 12 su 13. «Quindi la situazione è peggiorata», afferma deciso Deromedis, affiancato da Virgilio Rossi e Raffaella Mottes , altri componenti del comitato.
I campioni sono stati ovviamente rilevati da un tecnico abilitato ed esperto, ed analizzati in un laboratorio fuori regione: un monitoraggio su aree private e pubbliche per verificare la possibile presenza di residui fitosanitari. Analisi che - va precisato - sono state sostenute dal comitato: costate 2.880 euro (spesa sostenuta in parte da Cassa rurale Alta Valdisole e Peio, Volksbank di Cles e Cento sociale Bruno di Trento), sui campioni prelevati il 29 maggio scorso.
«Purtroppo non c'è alcun controllo sulla contaminazione delle proprietà private», considera Sergio Deromedis. «Sono state compiute analisi ambientali sulle polveri, che ci sono dappertutto»; aggiunge Raffaella Mottes.
Problema è che le ordinanze spesso ci sono, ma sono pochi i controlli. «Ed è vergognoso», affermano i componenti del comitato, «che un gruppo di persone di una ventina di elementi, sostenuti dalle oltre mille firme raccolte, si debba far carico, autofinanziandosi, di compiere le analisi».
Le ordinanze ci sono, incalzano i nostri interlocutori, ma non vengono rispettate e non sono sufficienti. «Si dice niente irrorazioni con atomizzatore a 50 metri, ma a 70 metri si accerta la presenza di residui. Il minimo di fascia di rispetto dovrebbe essere di 100 metri». Perché dalle analisi risulta evidente un fatto: residui di principi attivi sono stati trovati dentro le abitazioni. «Si dorme nei pesticidi». «Il discorso è che noi queste sostanze non le vogliamo né nell'orto, né in giardino, né sul balcone, né in casa», viene affermato. E mentre un anno fa nei campioni rilevati c'erano in media 2 residui di principi attivi, quest'anno la media sale a 3,7.
«I motivi sono tre», spiega Sergio Deromedis. «Innanzitutto il non rispetto delle regole e gli scarsi controlli. Quindi i meli troppo vicini a strade ed abitazioni senza che vi sia protezione alcuna, mentre ad esempio nel famoso protocollo agricolo si parla espressamente di siepi, ma quelle esistenti vengono tolte per far posto a nuovi meleti. Infine, l'uso eccessivo della chimica in valle di Non». Da studi ufficiali a livello nazionale risulta che in provincia di Trento vengono usati annualmente 2,5 milioni di chilogrammi di antiparassitari, l'equivalente di 50-60 chilogrammi ad ettaro. Un record nazionale assoluto, ben al di sopra di altre regioni dove si grida all'allarme per il limite di guardia, per cifre infinitamente meno significative.
«Peraltro», concludono i componenti del comitato presenti all'incontro con l'Adige , «va ricordato come l'Istituto agrario nel 2008 abbia "consigliato" ben 37 trattamenti...»
Tutti hanno effetti tossici o cancerogeni
LE CONSEGUENZE
VAL DI NON - Per comprendere quanto siano «consigliati» i principi attivi rilevati dalle analisi commissionate dal Comitato per il diritto alla salute, basta inoltrarsi nel portale «Footprint», dove ad ogni principio vengono abbinate le conseguenze sulla salute. Eccole (quasi tutti sono irritanti per pelle ed occhi).
«Clorpirifos etile»: distruttore endocrino; confermati effetti dannosi sul sistema riproduttivo; come inibitore della colinesterasi;
«Penconazolo»: confermati effetti dannosi sul sistema riproduttivo; tossico per il fegato; «Miclobutanil»: possibili effetti sul sistema riproduttivo;
«Difenoconazolo»: possibile cancerogeno; tossico per fegato e reni;
«Ciprodinil»: possibili effetti sul sistema riproduttivo;
«2 phenilfenolo»: confermati effetti cancerogeni; possibili effetti sul sistema riproduttivo; effetti sul sistema respiratorio; tossico per fegato e reni; danneggia la cornea dell’occhio;
«Metossifenozide»: possibile distruttore endocrino;
«Lufenuron»: possibili effetti sul sistema riproduttivo; possibili effetti tossici su tiroide e fegato;
«Bupirimate»: possibili effetti sul sistema riproduttivo;
«Endosulfan»: possibili effetti cancerogeni; possibile distruttore endocrino; neurotossico;
«Diclofuanide»: possibili effetti sulsistema respiratorio;
«Iprodione»: confermati effetti cancerogeni; possibili effetti sul sistema endocrino; effetti sul sistema respiratorio.
LA DENUNCIA Nessuna risposta
«Fascia di rispetto da ampliare»
VAL DI NON - I campioni prelevati ed analizzati in questa «campagna» curata dal Comitato per il diritto alla salute sono vari, per dislocazione geografica e per punti di prelievo. Ed è curioso osservare come numerosi pesticidi (cyprodinil, etofenprox, pirimicarb...) siano stati trovati sull’erba, nel giardino di casa. Sul balcone di un’abitazione, a 47 metri dal confine della proprietà,
sono state prelevate delle polveri: e qui c’è un assortimento di residui molto, molto lungo.
Ci si sposta in una sala da pranzo, 51 metri dal confine, e si trovano residui di tetraconazole (tossico per il fegato). Prelievi compiuti a settembre rilevano che residui sono rintracciati anche in un orto posto a 70 metri dal confine.
Da questi dati il Comitato trae delle considerazioni: se residui vengono rilevati a 70 metri, deve essere ampliata la fascia di rispetto (almeno 100 metri); la presenza di pesticidi è uniforme per almeno 6 mesi l’anno, con il clorpirifos in pole position (persistenza elevata per l’intero periodo); ne deriva l’impossibilità di potersi nutrire con ortaggi coltivati in proprio, biologicamente,
ma contenenti pesticidi «altrui»; nonché l’impossibilità di poter vivere liberamente la propria casa senza venire a contatto con i pesticidi.
Lo stesso Comitato nel recente periodo ha rilevato numerosissime infrazioni ai regolamenti: le ha elencate, ne ha dato comunicazione a tutti gli enti competenti, dalla provincia in giù. Chiedendo risposte e, soprattutto, che vengano presi provvedimenti (o quanto meno eseguiti maggiori controlli) entro 30 giorni.
Periodo trascorso, nessuna risposta.
sono state prelevate delle polveri: e qui c’è un assortimento di residui molto, molto lungo.
Ci si sposta in una sala da pranzo, 51 metri dal confine, e si trovano residui di tetraconazole (tossico per il fegato). Prelievi compiuti a settembre rilevano che residui sono rintracciati anche in un orto posto a 70 metri dal confine.
Da questi dati il Comitato trae delle considerazioni: se residui vengono rilevati a 70 metri, deve essere ampliata la fascia di rispetto (almeno 100 metri); la presenza di pesticidi è uniforme per almeno 6 mesi l’anno, con il clorpirifos in pole position (persistenza elevata per l’intero periodo); ne deriva l’impossibilità di potersi nutrire con ortaggi coltivati in proprio, biologicamente,
ma contenenti pesticidi «altrui»; nonché l’impossibilità di poter vivere liberamente la propria casa senza venire a contatto con i pesticidi.
Lo stesso Comitato nel recente periodo ha rilevato numerosissime infrazioni ai regolamenti: le ha elencate, ne ha dato comunicazione a tutti gli enti competenti, dalla provincia in giù. Chiedendo risposte e, soprattutto, che vengano presi provvedimenti (o quanto meno eseguiti maggiori controlli) entro 30 giorni.
Periodo trascorso, nessuna risposta.
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