9.3.10
«In Trentino l’acqua è già stata privatizzata»
Lucarelli: «Ma la Provincia poteva opporsi»
Di Francesca Caprini
Questo pomeriggio alle 15, nella Sala di rappresentanza del Palazzo della Regione in oiazza Dante a Trento, si terrà la conferenza «Acqua in Borsa: Servizi idrici in mano al mercato. La situazione in Trentino». «Un convegno, un incontro fra cittadini consapevoli, un dibattito», si rileva nel comunicato del Comitato trentino Acqua bene Comune, che ne è l'organizzatore. Sicuramente una buona occasione per fare il punto sugli scenari possibili in tema di acqua nella nostra provincia, con la privatizzazione che incombe in ogni angolo del Belpaese.
I relatori sono d'eccezione: Severo Lutrario, del Forum Italiano dei Movimenti per l'Acqua, ed Alberto Lucarelli, ordinario di diritto presso l'Università Federico II di Napoli. Già componente della «Commissione Rodotà», dell'Osservatorio sul diritto per l'acqua, della struttura di coordinamento delle Regioni commissariate per i rifiuti, Lucarelli è soprattutto uno dei massimi esperti di beni comuni e democrazia partecipata che abbiamo in Italia. E proprio per questo, è stato scelto per il non facile compito di redigere i quesiti del referendum sull'acqua pubblica, la cui campagna nazionale partirà ai primi di aprile. L'approvazione a novembre del decreto Ronchi, il Dl 135/09 che obbliga la cessione entro il 2011 ai privati delle gestioni delle risorse idriche sul territorio nazionale relegando lo Stato al 30%, ha spinto centinaia di Comuni (anche trentini) e Province ad inserire nel proprio statuto la dicitura «acqua a non rilevanza economica». Sei Regioni hanno impugnato l'articolo 15 del decreto davanti alla Corte Costituzionale.
Il 10 dicembre scorso, durante la conferenza «La Rivoluzione dell'Acqua» con il sindacalista boliviano Oscar Olivera e padre Alex Zanotelli, il pubblico si chiedeva che sarebbe successo in Trentino dopo l'approvazione del Decreto Ronchi: «La legge nazionale arriverà a privatizzare anche la nostra acqua?», si domandava la gente. «L'acqua, in Trentino è già privatizzata - precisano quelli del Comitato Acqua Bene Comune -. Dolomiti Reti è al 60% pubblica, ma per il 40% privata, con società come la bresciana A2A che sono in Borsa. La nostra acqua è destinata a subire le fluttuazioni del mercato. Di fatto, è già una merce».
Un panorama preoccupante, a giudizio di Lucarelli: «Le Province di Trento e Bolzano avrebbero la possibilità di bloccare l'iniziativa nazionale grazie alla potestà legislativa che gli fornisce lo Statuto di autonomia speciale - ci spiega -. La Puglia ha approvato una legge regionale che disattende il "Ronchi" e dichiara il servizio idrico integrato privo di rilevanza economica. La Provincia potrebbe sollevare un conflitto di attribuzioni, attaccando gli atti amministrativi ai sensi dell'articolo 134 della Costituzione, oppure avrebbe potuto impugnare l'articolo 15. Ma ad oggi i termini sono scaduti».
Che non sia stato impugnato l'articolo 15 ha un significato?
«Potrebbe significare che non c'è volontà politica».
Ammettiamo che sia così: che scenario si prospetterebbe in Trentino riguardo alle gestioni idriche? «L'applicazione del decreto Ronchi e la conseguente dismissione del capitale pubblico al 30%. Oppure una scelta completamente privatistica, cioè che il pubblico si ritiri del tutto. O, terza ipotesi, l'affidamento del servizio ad una società a capitale interamente pubblico il servizio, però con requisiti che andrebbe vagliati dell'antitrust».
Lo scenario nazionale, con gli enti locali che vanno da una parte, il governo centrale dall'altra, parla di una spaccatura?
«Al contrario: stiamo assistendo alla ricompattazione di una dimensione sociale a livello nazionale. Attorno all'acqua si sta creando una grande battaglia di partecipazione democratica». Per il prossimo referendum per l'acqua pubblica - la cui raccolta firme partirà ad aprile - c'è aspettativa, ma anche dubbi. «Al di là degli effetti pratici, è una battaglia di civiltà. Mentre in passato c'è stato un uso distorto del referendum, i tre quesiti che andremo a proporre per chiedere che l'acqua torni ad essere pubblica e sotto un controllo sociale, sono chiari e non strumentalizzabili».
Questo pomeriggio verranno raccolte anche le adesioni alla manifestazione nazionale per l'acqua, in programma il prossimo 20 marzo a Roma.
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