15.11.08

Dellai, partenza con il piede sbagliato

La nuova giunta provinciale non è stata ancora fatta, e già sul tavolo di Lorenzo Dellai vi è il primo progetto: provincializzare gli impianti di risalita del Trentino. Non bastano i 50 milioni di finanziamenti pubblici già decisi dalla Provincia per sostenere nei prossimi due anni funivie anche dove la mancanza di neve e di sciatori non lo consentono. Adesso si va oltre: se le società che gestiscono gli impianti hanno i conti in rosso, non solo ci deve pensare il contribuente a sanare a pie' di lista il deficit che ogni anno creano. Di più: i contribuenti adesso sono chiamati anche a finanziare l'acquisto degli impianti, la loro manutenzione, il loro continuo rinnovamento.
Così che le società private possano dedicarsi «solo» alla gestione (a questo punto in attivo) e alla riscossione degli utili. Insomma, la vecchia filosofia tornata di recente in auge con Alitalia: pubblicizzare le perdite, privatizzare i guadagni. Appena sarà legge il piano (che gli uffici provinciali assicurano in avanzata elaborazione, pronto per essere approvato dalla nuova giunta dopo l'insediamento), avremo gli ski lift di Stato. Come nei Paesi del socialismo reale. Con la differenza che lì la decenza (e i soldi) si fermavano ai tram e ai treni di Stato. Qui da noi, invece, terra di socialismo reale un po' più godereccio, le tasse pagate dai cittadini non dovranno servire per finanziare asili nido e case di riposo, ma luccicanti impianti di risalita per l'industria (?) delle società funiviarie.
Ora questo mostruoso progetto annulla in un colpo solo la libertà di mercato, la concorrenza, l'oculatezza della gestione dei bilanci (a che serve, se tanto paga la Provincia?) e, soprattutto, la valutazione oggettiva se vale la pena gettare risorse in un settore che nei prossimi anni sarà obbligatoriamente ridimensionato per la mancanza di neve sotto una certa quota. mutamenti climatici in atto da tempo, come confermano tutti gli studi di settore, vedranno l'aumento di due gradi della temperatura entro i prossimi decenni. Questo ridurrà le aree sciistiche in quota, limitandole al di sopra di 1.800-2.000 metri. Stime del Centro Euro Mediterraneo prevedono che entro una generazione solo il 18% delle stazioni invernali di risalita presenti nel versante italiano delle Alpi potrà essere considerato affidabile, cioé in grado di garantire almeno 30 centimetri di neve per cento giorni l'anno. Ciò vuol dire, tra le varie cose, che i soldi pubblici che si destineranno agli ski lift di Stato, saranno tutti soldi buttati dalla finestra. Non un investimento per il futuro, ma un scialacquare per l'oggi, con la certezza che non avranno alcun valore per il domani. Invece di pensare ad impostare un nuovo modello turistico per il Trentino e per le Alpi italiane, che valorizzi la montagna per l'ambiente e la bellezza che offre, e che non si appiattisca sulla monocultura dello sci, si arriva addirittura a scaricare tutti i costi di questa follia irresponsabile sul contribuente trentino.
Ma se gli impiantisti credono in questo modello, perché non lo pagano loro? Perché deve essere la Provincia a pagarlo? Tra il resto, il «salvataggio pubblico» delle società impiantiste più in difficoltà è una palese violazione della concorrenza, che danneggia le società sane del settore, che vengono così messe fuori mercato. Lo affermano chiaramente gli operatori del settore più seri (vedi cronache all'interno del giornale). Perché, se la Provincia acquista gli impianti della società con i bilanci in rosso, che senso ha diventar matti a far quadrare i conti e a mettere in piedi economie di scala, e a introdurre innovazioni di mercato? Qui si premia chi fa debiti e perdite, non chi ha i bilanci in regola. Può reggere un mercato sano tutto questo? Nemmeno la giustificazione che si tratta di «mezzi pubblici» sta in piedi. Infatti, un conto è garantire l'autobus che arrivi in ogni paese, e un altro alimentare artificialmente stazioni in bassa quota che da nessuna altra parte al mondo avrebbe senso mantenere. Le ovovie non sono un servizio pubblico da finanziare con le tasse dei cittadini. Al limite, lo possono essere con l'autofinanziamento degli operatori turistici che traggono vantaggio diretto dalla presenza degli sciatori. Forse è giunto il momento di porre un freno deciso alla collettivizzazione forzata in atto da tempo in questa terra. Perché a questo punto ne va della sopravvivenza del Trentino stesso, già economia assistita, che rischia di diventare una provincia priva di economia, perché tutta collettivizzata. L'acquisto per 50 milioni dei capannoni della Whirlpool ne sono purtroppo uno degli infiniti esempi.

Pierangelo Goivanetti, direttore de L'Adige

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