Progetto accantonato, non rinnegato. Ma almeno per ora, e certamente fino al 2010, non saranno intaccati i fianchi della Cavallazza, né sorvolata la cima del Colbricon per portare gli sciatori da S. Martino di Castrozza e Passo Rolle e viceversa. Dopo mesi di tira e molla, dopo aver giocato tutte le carte possibili per tentare di raggranellare i 5 milioni privati necessari ad attuare il protocollo d'intesa, il Cda di Nuova Rosalpina spa, gli impiantisti, gli investitori privati e la parte pubblica hanno finalmente preso atto che, per ora, il collegamento non si fa. Una vittoria almeno temporanea per gli ambientalisti e quegli imprenditori che non hanno condiviso fin dal principio il progetto, così come proposto. La svolta è di questi giorni: tra la Provincia e i protagonisti locali dell'operazione si sono tenuti molti incontri per verificare come uscire da una situazione difficile, salvando la Nuova Rosalpina e arrivando a fonderla con la Siati, senza stracciare il protocollo d'intesa. Alla fine, da parte della Provincia è arrivata la conferma che possono restare accantonati i dieci milioni di partecipazione pubblica previsti per la realizzazione del S. Martino-Rolle, mentre in valle Comuni e privati si danno da fare per ricapitalizzare Siati (operazione già a buon punto) e Nuova Rosalpina. In particolare, per quest'ultima, resta confermato quanto già stabilito nel protocollo: servono due milioni di euro d'immediata ricapitalizzazione, per evitare che i libri siano portati in tribunale. E questi soldi devono arrivare dagli imprenditori soci della spa. A questo proposito, il Cda ha scritto a tutti coloro che avevano firmato il modulo di preadesione alla ricapitalizzazione da 5 milioni, chiedendo di versare in tutto o in parte la cifra per cui si erano già impegnati. Ma aderiranno, i sostenitori del collegamento, ad una ricapitalizzazione che può sembrare la copia di quella già avvenuta cinque anni fa? Secondo il presidente della Comunità di Primiero, Cristiano Trotter , la situazione è diversa da allora, perché il protocollo resta confermato in tutte le sue parti. «Non è un salvataggio fine a se stesso - spiega Trotter -, ma mirato alla fusione delle società entro l'anno. Il progetto di fusione è pronto, la volontà di fare questo passo già manifestata dalle rispettive assemblee. La differenza rispetto a cinque anni fa è proprio questa: allora il progetto di fusione era campato in aria, oggi è concreto e preliminare ad un progetto di sviluppo». La ricapitalizzazione di Nuova Rosalpina spa è sempre più urgente. All'interno della società, in questi giorni, qualcuno ha iniziato a spingere per portare i libri in tribunale: l'ipotesi è quella di un fallimento pilotato per poi far rilevare la società da un pool di imprenditori motivati a rilanciarla. «Probabilmente, dal punto di vista meramente privatistico e industriale - commenta Trotter -, questa potrebbe essere una soluzione valida. Ma dobbiamo pensare che le società impiantistiche gestiscono buona fetta dell'economia della valle. E quindi non possiamo fare salti nel buio». Passeranno comunque molti mesi prima che si riparli di collegamento impiantistico in termini pratici. E il progetto, nel frattempo, potrebbe essere accantonato o modificato.
Mozione in aula il 14 luglio
Oltre al fallimento della raccolta di 5 milioni di capitale privato, sul progetto di collegamento impiantistico pesano decisioni politiche. Bisogna infatti vedere cosa accadrà in consiglio provinciale quando, il 14 luglio, sarà discussa la mozione presentata dal verde Roberto Bombarda, che mira a sospendere il progetto e ad aprire una fase di confronto per individuare soluzioni diverse, ambientalmente compatibili e sostenibili dal punto di vista economico. E chissà che anche il riconoscimento delle Dolomiti Patrimonio dell’Umanità, avvenuto ieri a Siviglia, non giochi una parte in tutto questo. In fondo, le Pale di San Martino, da ieri bene universale, sono così vicine...
L'Adige, 27 giugno 2009
1 commento:
la società rosalpina era già decottissima anni fa, e stiamo ancora parlando di salvataggio? Ebbasta! vadano tutti a casa.
E il colbricon diventi un simbolo invalicabile della resistenza a certi progetti demenziali. Anche per la giumela si spergiurò fosse la salvezza di chissà che, nulla è cambiato, salvo l'aver sconciato un'altra valle alpina rimasta miracolosamente intatta. Basta con questi vandalismi di regime finanziati coi soldi pubblici
Posta un commento