9.4.09

Biodigestore: la risposta del Comitato al sindaco Zambarda

Risposta alla lettera del Sindaco sulla questione “biodigestore”

Lo scorso fine settimana il sindaco di Lasino Mario Zambarda ha inviato "Ai cittadini del Comune di Lasino" - a titolo personale - un pieghevole di sei facciate.
Gli intenti dichiarati di tale comunicazione sono: "… chiarire ogni possibile dubbio sull'annosa querelle apertasi sul ciclo dei rifiuti e puntualizzare la posizione dell'Amministrazione in carica sulla battaglia di disinformazione che da qualche tempo anima la nostra valle e che ci sta trascinando in una sorta di cupio dissolvi".

Delusione dei comitati
Assoluta è stata la delusione nello scoprire che, anche in questa occasione, non c’è stata nessuna apertura al dialogo ma al contrario una serie di recriminazioni dal tono infastidito e accuse fuori luogo, soprattutto dopo che lo stesso Sindaco Zambarda, con una lettera indirizzata al Comitato di Lasino (datata 6 marzo - prot. 947), oltre a prendere atto della costituzione del Comitato Bene Comune di Lasino, riportava testualmente:

"Si evidenzia che l'attività di questa amministrazione è sempre stata improntata ai principi di massima trasparenza e di promozione e valorizzazione della partecipazione dei cittadini all'azione politica ed amministrativa comunale. É intenzione pertanto dell'amministrazione comunale continuare a perseguire tali principi ed obiettivi e instaurare con il vostro comitato un rapporto collaborativo e trasparente nell'interesse dell'intera collettività…"

Nessuna apertura
Di fatto il Comitato di Lasino non è stato mai contattato dall'amministrazione comunale di Lasino per un incontro, pur avendo cercato più volte – ma senza risultato - un dialogo costruttivo sia con la Giunta che con la Maggioranza.
Sulla trasparenza non crediamo di doverci soffermare più di tanto, visti i tentativi di accordi occulti tra l'amministrazione comunale di Lasino e la minoranza per escludere il Comitato da qualsiasi tipo di coinvolgimento; accordi respinti con fermezza dalla minoranza (Biodigestore, salta l'accordo "sotto banco" - l'Adige - 1 aprile 2009).

A parte le considerazioni e le spiegazioni più o meno corrette riportate nel pieghevole fatto recapitare dal Sindaco Zambarda – che non crediamo possa “chiarire ogni possibile dubbio” come auspicato dallo stesso e sulle quali avremo modo di informarvi puntualmente, vogliamo proporre alcuni spunti di riflessione.

Informazione e condivisione
Da quanto emerge dal pieghevole, il Sindaco Zambarda ritiene che un paio di articoli sui quotidiani (uno datato 2006 ed uno 2007) e una riunione con la popolazione (Lasino - dicembre 2008, Calavino - gennaio 2009) siano da considerarsi “tre anni di dibattito”…

Ricordiamo a tutti che democrazia vuol dire confronto, trasparenza e condivisione…ognuno può trarre le proprie conclusioni.
Se una rilevante porzione della comunità, anche raccogliendo firme, esprime forti perplessità, necessità di chiarimenti o contrarietà a un progetto, è dovere di qualunque amministratore prendere in considerazione la voce della popolazione e non gridare al complotto.

Se oltre alla popolazione del comune si muove la popolazione della Valle dei Laghi e si fanno sentire esponenti del mondo culturale, ecclesiastico, economico e politico non solo locale il fermarsi non è solo “buon senso”, è d’obbligo!

Progetto sovracomunale
Ribadiamo ancora una volta e con forza che l’impianto in questione, se realizzato, avrà un impatto su tutta la Valle dei Laghi e coinvolgerà anche i residenti di altri comuni, soprattutto Calavino. L’atteggiamento dell’Amministrazione di Lasino, ribadito anche dal Consigliere Comunale Marco Bassetti che dice testualmente “… E poi, perché il parere di Calavino dovrebbe pesare così tanto?” (l’Adige –
1 aprile 2009), ci lascia profondamente amareggiati.
Assurdo ed illogico è il non condividere tale progetto tra tutte le amministrazioni
comunali anche in vista della nascente Comunità di Valle.

Controriflessioni
Verso la fine del pieghevole - nella sezione Riflessioni - il Sindaco Zambarda dice: "Infine, temo che questo dibattito sia fortemente condizionato dalla vicinanza con le elezioni comunali del 2010 che ha fatto prevalere logiche di parte e ambizioni personali ...".

Di sicuro la questione "biodigestore", per come è stata gestita (o non gestita), ha alzato il livello di discussione politica dei cittadini di Lasino, Calavino e dell'intera Valle dei Laghi e questo, in democrazia, può essere solo un bene.

Valle dei Laghi, 4 aprile 2009

I comitati "Bene Comune" di Lasino e Calavino

Primiero: in consiglio comunale nove no al protocollo

FIERA DI PRIMIERO - Si è sfiorata l'unanimità, per affossare il protocollo d'intesa sulle aree sciistiche con il quale si vuole dare ossigeno alle moribonde società impiantistiche di Siati e Rosalpina, portandole alla fusione, e realizzare il collegamento con passo Rolle.
Il consiglio comunale di Fiera di Primiero - usciti dall'aula il sindaco Daniele Depaoli (vicepresidente di Siati), l'assessore Erwin Filippi e il consigliere di maggioranza Luigi Boso (coinvolti nello studio d'impatto ambientale) - non ha avuto dubbi: questa impostazione del problema non funziona, per un sacco di motivi. Da ottobre se ne discuteva, mai però si era arrivati a una presa di posizione finale.
Degli undici rimasti in aula, solo due, Giuliano Gubert della maggioranza e Giuliano Baggetto del gruppo di minoranza, hanno votato a favore del protocollo. Nessun astenuto, tutti gli altri nove sono contrari. Era nell'aria; anche se non in termini così perentori.
La piccola ma centralissima Fiera, ultima a dover deliberare su questo argomento, rischia con questa sua mossa di rilanciare in un'altra ottica l'intera questione, dando forza a quelle contestazioni al progetto finora rimaste nel limbo o esplicitate solo per bocca di un pugno di contrari. Al di là del risultato finale della votazione, pesa il documento sottoscritto dai cinque membri della maggioranza: il vicesindaco Francesca Franceschi , l'assessore Giacomo Simion e i consiglieri Riccardo Debertolis, Fiorella Broch e Stefania Lott .
È una disanima a tutto tondo, che contesta un tale impegno finanziario (22 milioni complessivi) in un momento di crisi, i costi di gestione sommati al forte indebitamento, la poco condivisione al progetto da parte di molti operatori economici della valle e l'etichetta di «mobilità alternativa» appiccicata al progetto. Per non parlare dell'ormai nota questione ambientale.
«Siamo favorevoli al collegamento, ma non a quello ipotizzato da tale protocollo. Ci auguriamo che la Comunità di valle consideri altre possibilità meno impattanti, più economiche e condivise». La stessa conclusione che era stata ipotizzata dai Comuni per bocca del presidente del comprensorio Cristiano Trotter a maggio scorso, in occasione dell'assemblea di Rosalpina, e che aveva scatenato la veemente reazione dei privati. Anche la minoranza di Bruno Simion , escluso come detto Baggetto, è su questa linea; rimarca «l'assenza di un progetto unitario di messa in rete delle aree sciistiche», sottolinea «le criticità dell'attuale soluzione progettuale e la mancanza assoluta nel protocollo di interventi infrastrutturali e di servizi primari necessari alla località di San Martino di Castrozza». A latere, la posizione del primo cittadino che se avesse potuto votare avrebbe detto «sì» al protocollo.

Fonte: l'Adige del 9.04.09

7.4.09

Il made in Italy della terra C'è un tesoro nascosto nei campi

Nessuno vuole più fare il contadino in Italia, ma la nostra agricoltura nasconde mille risorse. Perfette per portarci fuori dal tunnel della crisi.

di CARLO PETRINI

L'Italia agricola è un "Paese per vecchi". Abbiamo un contadino giovane, sotto i 35 anni, ogni 12,5 agricoltori con più di 65 anni. Niente di paragonabile a Francia e Germania dove lo stesso rapporto scende rispettivamente a 1,5 e 0,8. Verrebbe quasi spontaneo lanciare un appello ai giovani: "Uscite dai call center, andate nei campi!". Fatevi il favore di un lavoro meno precario, più creativo, più gratificante, dove siete i padroni di voi stessi, per ritrovare un sano rapporto con il mondo.

Bisognerebbe pensare e parlare non solo di crisi dell'agricoltura, ma di agricoltura come una delle possibili vie d'uscita dalla crisi. La formula purtroppo però non è così scontata, perché evidentemente in Italia tornare alla terra o continuare il lavoro di padri agricoltori non è facile: il Paese, preso dall'ansia di rilanciare i consumi, l'industria e l'edilizia, un'opzione del genere neanche se la immagina. O se la immagina male.

I commenti di alcuni politici, in questo periodo, ricordano la vecchia pubblicità di un'azienda di pennelli. L'ingenuo manovale diceva: "Per dipingere una parete grande ci vuole un pennello grande" e quasi stramazzava sotto il peso di un arnese così gigantesco da non essere funzionale. È la logica che guida quanti oggi si precipitano a spiegare che la crisi è "globale" e tali devono essere le soluzioni: grande scala, impatto internazionale, industria, potenziamento dell'export...

Al contrario, si arriva addirittura a dileggiare le soluzioni che individuano percorsi locali, cicli brevi, potenziamento delle filiere corte, delle reti e delle economie locali: soluzioni leggere, rapide, partecipate ed immediatamente efficaci. In questo modo ci si dimentica che le nostre campagne si stanno spopolando come non mai e nemmeno si aiutano i giovani con i giusti incentivi o lo snellimento di pratiche burocratiche sempre più vessatorie.
L'agricoltura in Italia determina la formazione del 15% del Pil relativo all'agroalimentare, dà lavoro al 4% della popolazione occupata. Gli addetti sono in costante calo: 901mila nel 2008, 924mila del 2007 e 982mila nel 2006. I giovani sono il 2,9% del totale, anche qui, di lunga molti meno che in Francia e Germania (7,5% circa in entrambi i Paesi). Sono dati che dovrebbero calamitare l'attenzione non solo di chi governa, ma in generale di chi vuole comprendere e analizzare le pieghe dell'attuale crisi e, allontanandosi dagli slogan, provare a capire come sta funzionando il Paese in questo periodo, come si stanno comportando le persone, le aziende, i consumi, le vite reali.
Invece un malinteso senso della modernità e del business porta ormai molti politici ad allontanarsi sempre più dalla considerazione dei territori e delle loro peculiarità ed esigenze, per riferirsi esclusivamente ai mercati per lo meno nazionali, ma preferibilmente internazionali. Il che significa filiere lunghissime, trasporti, monocolture, grande distribuzione, necessità di input chimici per le coltivazioni, apertura agli Ogm. Significa, sostanzialmente, ulteriore industrializzazione del modello agricolo: grandi quantità, uniformità, concentrazione e priorità alle esigenze di chi vende piuttosto che a quelle di chi coltiva e consuma. La parola magica è "competitività", e quindi "export", ovviamente riferito al "made in Italy".

Propongo di guardarlo in faccia il "made in Italy" del cibo, e di guardargli anche le mani, le scarpe, le rughe, le aziende. Guardiamo anche gli estimatori del made in Italy. Non ci sono solo quelli che lo apprezzano da casa, acquistando i prodotti italiani o che presumono essere tali. Ci sono anche, e sono tanti, quelli che vengono in Italia non per ammirare le autostrade, le ferrovie, i porti grazie ai quali esportiamo il made in Italy, ma per sentirsi accolti da una cultura legata a prodotti, sapienze e gesti che hanno dato vita a paesaggi, comunità e solide economie. Vengono per stupirsi, ogni volta, della straordinaria varietà che il nostro mondo rurale e gastronomico può offrire. Possibile che tutto questo non conti niente? Possibile che tra i tanti incentivi e appoggi finanziari, o per lo meno facilitazioni, non ce ne possano essere anche per chi è attirato da questo mestiere, certo faticosissimo, ma di grande futuro?

Invece no, si dice che il settore non è competitivo, che le nostre aziende, sempre più vecchie, sono troppo frammentate, che ci vorrebbe maggiore concentrazione: più agricoltura industriale di grande scala, meno persone nelle campagne. E poi si porta ad esempio, per esaltare il made in Italy, il settore del vino. Ma è proprio sulla frammentazione, sulla diversità dei territori e di tante piccole aziende creative e innovative, tutte concentrate sulla più alta qualità, che il vino italiano ha costruito i suoi successi.
La stessa cosa dovrebbe avvenire, essere promossa e finanziata, per tutti gli altri settori agricoli, per tutte le produzioni che possono fare della diversità e del radicamento sul territorio il loro punto di forza: ciò che non a caso ha reso fino ad oggi grande la nostra agricoltura e la nostra gastronomia, ciò che ha generato quell'appeal che si chiama anche "made in Italy". Non è solo sulle esportazioni che bisogna puntare: è sulla capacità dei nostri territori rurali di essere al servizio del Paese, a condizione che anche il Paese si metta al loro servizio.

Disoccupazione? Il Ministro dell'agricoltura giapponese ha finanziato per 800 persone che hanno perso il lavoro uno stage di 10 giorni per imparare a produrre e vendere ortaggi e frutta. Dopo il corso formativo i disoccupati lavoreranno per un anno in villaggi agricoli. Dall'altra parte del Pacifico, il dipartimento dell'Agricoltura degli Stati Uniti ha annunciato l'apertura di circa 300mila nuove aziende agricole negli ultimi anni. Una tendenza favorita dal programma per l'agricoltura definito dal nuovo presidente degli Stati Uniti: incoraggiare tramite detassazioni e finanziamenti agevolati i giovani a diventare agricoltori, incentivare l'agricoltura locale, sostenibile e biologica, promuovere le energie rinnovabili, assicurare la copertura della banda larga nelle aree rurali, migliorare le infrastrutture nelle campagne ed estendere l'obbligo di indicare l'origine degli alimenti in etichetta per consentire di distinguere il proprio prodotto da quello importato.

Noi invece vogliamo più cemento, più villette, più aziende agricole concentrate nelle mani di imprenditori sempre più vecchi, che rifiutano addirittura di farsi chiamare "contadini" e che diventano campioni di un sempre più anonimo export. Se dal 4% di occupati in agricoltura si provasse a passare anche solo al 5% o al 6%, come cambierebbe questo paese? Perché nessuno scommette sul settore, perché non si potenziano i mille rivoli di economia e produzione virtuosa che l'agricoltura di piccola e media scala consente? L'agricoltura italiana di qualità non può, non deve e soprattutto non vuole diventare "un paese per vecchi": occorre dare valore all'entusiasmo che oggi tanti giovani potrebbero mostrare per l'attività, considerando seriamente il comparto come uno dei più sani e potenti mezzi per reagire alla crisi. Anche così il made in Italy eviterà di diventare un'etichetta inutile e vuota, e sarà sempre meno facile imitarlo.

Fonte: Repubblica.it del 7 aprile 2009

Crisi, contro l'emergenza a tutto GAS

di Carmela Giudice, da Ansa.it del 5.04.09

Per difendersi dalla crisi, molti consumatori si rifugiano nei gas (gruppi di acquisto solidale), un fenomeno nato, in Italia, negli anni Novanta, che negli ultimi sei mesi ha però avuto un fortissimo incremento. "Da settembre la crescita è stata esponenziale - spiega Alessia Schiaffini di Gastelli, il gruppo dei Castelli Romani -. Sempre più persone si accostano ai gas perché il potere d'acquisto è diminuito: si cerca una forma di economia diversa".
Ad oggi sono oltre 550 i gas in Italia, secondo il sito www.retegas.org; molti però non sono registrati, per cui si stima che il numero effettivo sia circa il doppio. Ad ogni gruppo d'acquisto partecipano in media 25 famiglie: sono quindi circa centomila le persone coinvolte per una spesa di 2.000 euro l'anno a famiglia. Ogni componente del gruppo è responsabile di un prodotto. "Io mi occupo dell'acquisto della carne - racconta Loredana Bucciarelli (Gastelli) -. Ricevo gli ordini via mail, li trasmetto al nostro produttore locale, il giorno della riunione mensile prendo la merce e la consegno agli altri".
I risparmi maggiori si registrano sui prodotti alimentari: frutta, verdura, legumi e cereali, sui quali si possono ottenere sconti tra il 20 e il 50% rispetto al prezzo di mercato, con la certezza di avere un prodotto di qualità. "Di recente abbiamo anche un produttore di abbigliamento - spiega Riccardo Biagi (Gastelli) -. E' di Varese, ci fa uno sconto del 35% rispetto a quanto pagheremmo in negozi o supermercati". L'ultima tendenza dei gas è l'acquisto di energia: i gruppi comprano collettivamente pannelli fotovoltaici o ottengono contratti particolarmente vantaggiosi dai gestori di energia elettrica. "I consumatori hanno capito che devono avere un ruolo più attivo - dice Alessia Schiaffini -. Questo richiede un maggior impegno personale, rispetto a quello che serve per buttare merce nel carrello di un supermarket, ma consente di risparmiare soldi e, soprattutto, di supportare un'economia alternativa".
I gas sono infatti nati con l'obiettivo di comprare cibo più naturale, biologico, direttamente dal produttore, senza intermediari. I gruppi d'acquisto si rivolgono ad artigiani e commercianti locali, riuscendo in questo modo a sostenere le piccole imprese del territorio e, nello stesso tempo, impegnandosi a far diminuire gli spostamenti delle merci, con un consequenziale minor impatto sull'ambiente. Ma i "gasisti", come loro stessi si definiscono, non si fermano alla spesa.
Molto spesso scelgono anche di farsi pane, pasta, yogurt, detersivi e saponi da soli a casa, ottenendo un ulteriore risparmio e riducendo ancora di più l'inquinamento.

5.4.09

Festival-incontro " Questa Terra è la nostra Terra!"

Officina Ambiente aderisce al festival-incontro "Questa Terra è la nostra Terra!", il contro G8 sull'agricoltura di Treviso

Dal 18 al 20 aprile 2009 si terrà in provincia di Treviso il summit del G8 dei ministri dell’Agricoltura in cui verranno definite le politiche mondiali in tema di agricoltura.
Crediamo che questa sia un’occasione importante per dare voce alle esperienze di tutt* coloro che, nel nostro territorio e nel mondo, lottano per la sovranità alimentare, contro gli OGM, per la qualità dell’ambiente e del cibo, per la difesa, l’uso sostenibile e la democrazia delle risorse naturali, in una parola, per la nostra terra.
Viviamo oggi la crisi profonda di un sistema globale, basato su sfruttamento, distruzione ambientale, saccheggio delle risorse, povertà, che ha dimostrato i suoi profondi limiti ed è per questo che pensiamo ci sia la necessità di intraprendere un nuovo cammino che ritrovi, nel rapporto con la terra e con l’ambiente, il senso di un’umanità degna.
Per questo proponiamo a tutte le realtà della società civile, agli agricoltori, ai comitati per l’ambiente, ai gruppi d’acquisto solidale, di dare vita al Festival-Incontro "Questa terra è la nostra terra" come momento di discussione, confronto e mobilitazione in Provincia di Treviso nei giorni di aprile del G8.Un occasione per valorizzare in comune i legami con la terra, la civiltà contadina, la produzione agroalimentare tipica, libera dagli OGM, le mobilitazioni contro la devastazione ambientale, le alternative energetiche e la creatività dei nostri territori.Un momento di narrazione collettiva di un diverso rapporto con la terra, con l’ambiente e con le risorse.
A Trento, martedì 14 aprile, si terrà un appuntamento di avvicinamento al Festival organizzato dall'Associazione Ya Basta in collaborazione con l'Associazione Yaku: ospite dell'incontro sarà Oscar Olivera del Coordinamento in difesa dell'acqua e della vita di Cochabamba, Bolivia.
[ vedi il programma della serata ]


Vai al sito del festival "Questa Terra è la nostra Terra"

2.4.09

Candidati, impegnatevi nel riciclo totale

Perché bruciare i rifiuti se possono essere riciclati?
Se c'è un business nella produzione di energia da rifiuto (prodotta con l'inceneritore e con i paventati rischi per la salute e l'ambiente) c'è un business anche nel riciclo e nel riutilizzo. Lo dimostra l'impianto di Vedelago, in provincia di Treviso, dove gli scarti che non possono essere tradotti in materie prime secondarie subiscono un trattamento di riduzione, estrusione e granulazione ottenendo granulati plastici di varie grandezze, che poi vengono impiegati nell'industria plastica dello stampaggio e nell'edilizia.
I cittadini e i comitati che si battono su questo fronte hanno organizzato una trasferta a Vedelago per venerdì 17 aprile (ritrovo al piazzale Zuffo alle 7.30, prenotazioni entro il 13 aprile), e con un'intera pagina acquistata sull'Adige hanno rilanciato il problema ponendo sei domande precise ai candidati alla poltrona di sindaco di Trento.
Le risposte dei candidati, che verranno poi rese note agli elettori, attengono questioni importanti come il rafforzamento della raccolta differenziata, la scelta di puntare sulla riduzione e sul riciclo della frazione secca restante, la riduzione dell'uso delle discariche, una trasparente e veritiera comparazione dei costi fra i vari sistemi, la tutela della salute e del territorio al primo posto, la garanzia per i Comuni di partecipare alle scelte.
Ai candidati viene chiesta la sottoscrizione di una «Dichiarazione di intenti» che li impegna, nel corso della prossima legislatura «a sostenere, in tutte le forme possibili, il cambiamento di scelta fatto dalla Provincia e dal Comune di Trento che vede l'incenerimento come unica presunta chiusura del ciclo dei rifiuti».

Al link la dichiarazione di intenti e gli approfondimenti curati da Nimby Trentino | vai alla pagina

Puntata di Report sull'energia nucleare

Consigliamo a tutti quanti la visione della puntata di Report andata in onda domenica sera su Rai3 che ha trattato la delicata tematica dell'energia nucleare.