L'Adige, 22.11.2008
22.11.08
Fitofarmaci, c'è preoccupazione
L'Adige, 22.11.2008
21.11.08
La montagna che vogliamo

Il tentativo della giornata, come si può leggere nel comunicato di Officina Ambiente, è stato quello di delineare un ragionamento complessivo, capace di tracciare delle linee di prospettiva, che parli del futuro delle montagne alla luce di questa crisi ma soprattutto alla luce dei cambiamenti climatici che coinvolgono l’intero pianeta.
Ascolta alcuni interventi dal presidio:
Francesca Manzini, Officina Ambiente | audio
Luigi Casanova, CIPRA | audio
Stefano Bleggi, Cs Bruno | audio
Walter Nicoletti, giornalista | audio
Antonio Marchi, Officina Ambiente | audio
Ezio Casagranda, Filcams del Trentino | audio
Approfondimenti:
Officina Ambiente - aree sciabili
Ambiente e devastazione: la prima giornata di Costruire Autonomia
Dossier "No all'ampliamento delle aree sciabili in Trentino"
Link:
La montagna che vogliamo
19.11.08
Ripensare l'economia di montagna
Ma nessuno è riuscito a delineare un ragionamento complessivo che sia capace di tracciare delle linee di prospettiva, che si interroghi sul futuro del sistema turistico invernale, che parli del futuro delle montagne alla luce di questa crisi ma soprattutto alla luce dei cambiamenti climatici che coinvolgono l'intero pianeta. Per essere più chiari: un intervento pubblico così strutturato, si pone il problema della riconversione industriale del turismo invernale trentino o continuerà nella politica cocciuta e fallimentare dell'innevamento forzato delle piste sciabili ad altitudini dove ormai crescono le palme? Crediamo che qui stia il punto, non tanto nel metodo di "salvataggio" di aziende che hanno sempre e solo pensato al profitto, ma nella capacità di intervento pianificato per disegnare un nuovo modello di gestione del turismo di montagna.
La superficialità con cui si è affrontato il tema dell'acquisto degli impianti di risalita è, infatti, la cartina di tornasole che definisce la cifra dell'inconsistenza delle politiche trentine sul sistema alpino. E' anche la prova che né la lobby degli impiantisti, ma nemmeno l'amministrazione provinciale di questi ultimi decenni, si pongono il problema di gestire una trasformazione strutturale dell'economia di montagna, chiudendo gradualmente tutte le stazioni sciistiche sotto i 1800 metri di altitudine e finanziando contestualmente un nuovo modello che valorizzi il territorio secondo le sue specificità locali e spalmi l'offerta turistica nell'arco dell'anno e non soltanto nei pochi mesi sciabili.
Sarebbe grave che con la scusa del "salvataggio" delle aziende in crisi si perpetuasse la politica scellerata di finanziamento a nuovi impianti, a nuovi innevamenti artificiali, a ulteriore impiego di risorse idriche ed energetiche per sfamare la voracità dei cannoni da neve e si lasciasse a margine l'occasione per ripensare ad un nuovo turismo, ad una nuova economia di montagna.
Le associazioni ambientaliste, ma anche e soprattutto i comitati che costellano ogni valle del Trentino, devono riuscire nell'intento di pretendere che ogni azione che riguarda gli impianti di risalita sia inserita nel dibattito sul futuro della montagna, cercando gli spazi politici e partecipativi per determinare le scelte e per contribuire nella definizione di un nuovo sistema Alpino.
Le linee su cui ci muoviamo sono semplici ma chiare, tengono conto del domani e non intendono schiacciarsi sulle soluzioni tampone che crediamo inutili e dannose: per un progetto di riconversione dell'offerta turistica invernale del Trentino – che abbandoni la monocultura dello sci alpino – è necessario non dimenticare che entro poco tempo le stazioni invernali di media e bassa quota non avranno quasi più innevamento naturale, e non è più possibile sostituire l'innevamento naturale con grandi investimenti per la neve artificiale; per avviare un serio e graduale passaggio, gestito politicamente e in modo condiviso, è impensabile qualsiasi intervento di potenziamento e ampliamento nei comprensori sciistici. Detto questo, cosa ormai suffragata da studi e ricerche internazionali sia in campo climatologico che economico, intendiamo contrastare le proposte della Provincia – e le "aperture" di Dellai ai desideri degli impiantisti – se esse saranno (come oggi appaiono) una conferma della situazione esistente e cioè spreco di risorse pubbliche e un altro regalo alla lobby degli impiantisti.
OFFICINA AMBIENTE
15.11.08
No skilift di Stato!

Giovedì 20 novembre ore 17.00 - Tutti in Piazza Dante, sotto il Palazzo della Provincia
Non possiamo accettare una tale semplificazione rispetto ad un argomento che non coinvolge semplicemente i bilanci delle società degli impiantisti, ma soprattutto il futuro delle nostre montagne, delle nostre valli, del nostro territorio.
Crediamo che decisioni di questo tipo non si possano prendere semplicemente da un punto di vista finanziario, senza tenere in considerazione la prospettiva di un modello futuro di sviluppo diverso da quello che prevede la "monocultura dello sci" come unica risorsa per il Trentino.
Alla proposta d'acquisto della Provincia dobbiamo opporre la forza di un nuovo progetto, che ponga al centro la difesa di un territorio già troppe volte martoriato da investimenti scellerati per la costruzione di nuovi impianti, un progetto che immagina uno sviluppo turistico condiviso con la popolazione e non imposto dalla crisi economica.
Dellai, partenza con il piede sbagliato

Ora questo mostruoso progetto annulla in un colpo solo la libertà di mercato, la concorrenza, l'oculatezza della gestione dei bilanci (a che serve, se tanto paga la Provincia?) e, soprattutto, la valutazione oggettiva se vale la pena gettare risorse in un settore che nei prossimi anni sarà obbligatoriamente ridimensionato per la mancanza di neve sotto una certa quota. mutamenti climatici in atto da tempo, come confermano tutti gli studi di settore, vedranno l'aumento di due gradi della temperatura entro i prossimi decenni. Questo ridurrà le aree sciistiche in quota, limitandole al di sopra di 1.800-2.000 metri. Stime del Centro Euro Mediterraneo prevedono che entro una generazione solo il 18% delle stazioni invernali di risalita presenti nel versante italiano delle Alpi potrà essere considerato affidabile, cioé in grado di garantire almeno 30 centimetri di neve per cento giorni l'anno. Ciò vuol dire, tra le varie cose, che i soldi pubblici che si destineranno agli ski lift di Stato, saranno tutti soldi buttati dalla finestra. Non un investimento per il futuro, ma un scialacquare per l'oggi, con la certezza che non avranno alcun valore per il domani. Invece di pensare ad impostare un nuovo modello turistico per il Trentino e per le Alpi italiane, che valorizzi la montagna per l'ambiente e la bellezza che offre, e che non si appiattisca sulla monocultura dello sci, si arriva addirittura a scaricare tutti i costi di questa follia irresponsabile sul contribuente trentino.
Ma se gli impiantisti credono in questo modello, perché non lo pagano loro? Perché deve essere la Provincia a pagarlo? Tra il resto, il «salvataggio pubblico» delle società impiantiste più in difficoltà è una palese violazione della concorrenza, che danneggia le società sane del settore, che vengono così messe fuori mercato. Lo affermano chiaramente gli operatori del settore più seri (vedi cronache all'interno del giornale). Perché, se la Provincia acquista gli impianti della società con i bilanci in rosso, che senso ha diventar matti a far quadrare i conti e a mettere in piedi economie di scala, e a introdurre innovazioni di mercato? Qui si premia chi fa debiti e perdite, non chi ha i bilanci in regola. Può reggere un mercato sano tutto questo? Nemmeno la giustificazione che si tratta di «mezzi pubblici» sta in piedi. Infatti, un conto è garantire l'autobus che arrivi in ogni paese, e un altro alimentare artificialmente stazioni in bassa quota che da nessuna altra parte al mondo avrebbe senso mantenere. Le ovovie non sono un servizio pubblico da finanziare con le tasse dei cittadini. Al limite, lo possono essere con l'autofinanziamento degli operatori turistici che traggono vantaggio diretto dalla presenza degli sciatori. Forse è giunto il momento di porre un freno deciso alla collettivizzazione forzata in atto da tempo in questa terra. Perché a questo punto ne va della sopravvivenza del Trentino stesso, già economia assistita, che rischia di diventare una provincia priva di economia, perché tutta collettivizzata. L'acquisto per 50 milioni dei capannoni della Whirlpool ne sono purtroppo uno degli infiniti esempi.
Pierangelo Goivanetti, direttore de L'Adige
14.11.08
Società impianti in provincia di Trento: bilanci in rosso per il 90%
L’Adige 14/11/2008
Il Bondone come l’Alitalia

Nella grande partita che si sta per aprire sul futuro degli impianti sciistici in Trentino, Andrea Bertoli, presidente di Trento Funivie, tifa Provincia. E ieri sera, in commissione ambiente a palazzo Thun, lo stesso Bertoli ha ribadito che solo il denaro fresco della Pat potrà sbloccare la terza e ultima tranche di investimenti - per circa 9 milioni di euro - indispensabili alla riqualificazione degli impianti di risalita e quindi al rilancio turistico del Bondone. Ma come si attuerà il nuovo intervento provinciale auspicato dagli impiantisti? «E' stata avanzata l'ipotesi di una "pubblicizzazione" delle funivie trentine» ha ricordato Bertoli alla commissione riunita per un aggiornamento sul piano di rilancio del Bondone. «In questo momento non ci sono altre proposte in campo. Ma ora attendiamo il varo della nuova giunta per capire l'orientamento della Provincia». Parole esplicite quelle di Bertoli che con il padre Ernesto è titolare dell'«impero» Folgarida-Marilleva. Parole che pesano, sebbene oggi la società solandra non navighi in buone acque dopo il disastroso investimento immobiliare nella zona aeroportuale di Venezia. Quella degli impianti a fune sarà allora una delle prime patate bollenti che il rieletto presidente Dellai si troverà tra le mani. Un nodo difficile da sciogliere, ma che in Val d'Aosta e Friuli è stato scaricato sull'ente pubblico. «Nelle due regioni autonome - ha ricordato Bertoli - i governi locali hanno acquisito la proprietà degli impianti tramite due società pubbliche, Finaosta e Promotur, e ora li gestiscono accollandosi le spese di investimento e manutenzione». Sono proprio questi costi a preoccupare gli imprenditori trentini della neve. «Oggi - ha continuato riferendosi al caso Trento Funivie - facciamo fatica a rientrare delle spese di investimento, sempre più alte per il loro costante riammodernamento. Con i ricavi degli skipass facciamo fronte ai costi di gestione, ma non agli ammortamenti e al rientro dei debiti». La questione interesserebbe molti operatori tanto che nelle settimane scorse il presidente di Trentino Sviluppo Paolo Mazzalai, prima, e l'ex assessore all'industria Marco Benedetti, poi, avevano lanciato l'ipotesi di una «scatola» pubblica dove metter gli impianti per farli poi gestire a società private. «Noi - ha confermato Bertoli - abbiamo la professionalità e l'esperienza per la gestione». In un sol colpo si potrebbero superare i rigidi vincoli europei al finanziamento pubblico delle imprese, che oggi impediscono l'assegnazione di contributi superiori al 12,5% degli investimenti. Quello del sostegno pubblico è un tema caldo anche per il Bondone. Dopo l'assegno di tre milioni di euro staccato in agosto da Trentino Sviluppo e Comune per coprire parte dei debiti di Trento Funivie, l'ultimo protocollo d'intesa tra proprietà pubblica, il Comune di Trento, e quella privata, Funivie Folgarida Marilleva, prevedeva uno stanziamento di altri tre milioni a fronte dell'avvio dei lavori per la realizzazione dell'impianto Vanezze-Montesel, ultima tranche di investimenti per il rilancio del Bondone. Ma nell'intricato gioco dei vincoli reciproci, Trento Funivie aveva chiesto più contributi provinciali (fino al 30%) garantiti dal passaggio allo status di stazione sciistica locale. Peccato che le norme europee escludano il Bondone in virtù di una percentuale di skipass plurigiornalieri superiore al 15% del totale. Ecco che allora anche il futuro del turismo in Bondone - una stazione di «slow ski» dalle buone potenzialità come ha detto ieri Bertoli - dipendono da una partita più grande che si giocherà nei prossimi mesi tra le piste da sci e piazza Dante.
13.11.08
Può un movimento per l’acqua non riconoscersi nell’Onda?

Insieme abbiamo costituito, nel marzo 2006, il Forum italiano dei movimenti per l’acqua, una rete che raccoglie più di settanta associazioni ed organizzazioni e più di trecento comitati territoriali.
Insieme abbiamo raccolto più di 400.000 firme a sostegno di una proposta di legge di iniziativa popolare per la tutela, il governo e la gestione pubblica dell’acqua.
Insieme abbiamo costruito, il 1 dicembre 2008, la prima manifestazione nazionale per la ripubblicizzazione dell’acqua e per la difesa dei beni comuni, che ha visto più di 40.000 persone sfilare per le strade di Roma.
Vi abbiamo visto inondare le città e le piazze di questo paese chiedendo a gran voce la difesa della scuola pubblica, il diritto all’istruzione, alla conoscenza e al futuro, lottando contro la mercificazione del sapere e della formazione, la precarizzazione della conoscenza e della vita, lo svilimento della scuola primaria, la privatizzazione dell’università.
Vi abbiamo sentito urlare con rabbia ed allegria : “Noi la vostra crisi non la paghiamo” riprendendovi gli spazi delle scuole e delle università e facendole diventare nuove agorà di socialità, conoscenza e incontro fra i movimenti e le lotte di chi vuole cambiare le politiche di questo paese e di chi vuole praticare un altro mondo possibile.
Questo mondo è oggi attraversato dalla più importante crisi economica e finanziaria che la storia ricordi, mentre si è approfondita la crisi alimentare globale e si è definitivamente appalesata la crisi ecologica e resi evidenti i primi effetti permanenti dei cambiamenti climatici planetari.
Un modello di ordine mondiale, fondato sul pensiero unico del mercato, sull’accaparramento predatorio delle risorse naturali, sulla mercificazione dei beni comuni e la loro consegna ai grandi capitali finanziari, sullo svuotamento della democrazia e della partecipazione popolare sta dimostrando il proprio completo fallimento.
Il “crack” globale dell’economia finanziaria rappresenta l’esito di trenta anni di politiche liberiste, basate sull’assioma “privato è bello”, sulla deregolamentazione del lavoro, sulla privatizzazione dei servizi pubblici, sulla espropriazione dei diritti sociali.
Oggi sono i grandi poteri bancari e finanziari ad invocare l’intervento pubblico e il sostegno statale.
Oggi sono i più sfrontati liberisti a dichiarare il fallimento del mercato.
Lo scopo è chiaro: ottenere un nuovo travaso di risorse dalle collettività ai poteri forti per rilanciare i flussi finanziari mondiali e riprendere l’espropriazione di risorse.
Così si chiedono sostegni pubblici alle banche, mentre si approvano normative –come l’art. 23 bis della Legge n. 133/08- che perseguono la definitiva messa sul mercato dei servizi pubblici locali, a partire dall’acqua e dal servizio idrico integrato.
Così si approvano normative per il drastico taglio dei fondi alle scuole di ogni ordine e grado, si inasprisce la precarietà e si attaccano i diritti del lavoro, si militarizzano gli spazi della democrazia e del conflitto sociale.
“Noi la vostra crisi non la paghiamo” avete detto voi per primi, inondando le strade di questo paese e riaffermando un protagonismo diretto, senza deleghe alcune né qualsivoglia rappresentanze.
“Noi la vostra crisi non la paghiamo” diciamo anche noi, reclamando la fine delle politiche liberiste di privatizzazione e ponendo al centro della nostra iniziativa la riappropriazione sociale dell’acqua e dei beni comuni, la loro cura e conservazione per le generazioni future, la loro gestione partecipata dai cittadini, dai lavoratori e dalle comunità locali, come motore di una ricostruzione dei legami sociali, di una riaffermazione dei diritti collettivi, della riproduzione di un’appartenenza sociale aperta e condivisa.
In una parola, di una nuova democrazia e di un altro mondo possibile.
Senza acqua non c’è diritto alla vita.
Senza saperi, formazione e conoscenze c’è solo dominazione del più forte.
Senza spazio pubblico non c’è partecipazione né democrazia.
Per questo ci riconosciamo nella vostra lotta e salutiamo la vostra assemblea nazionale, confermando la nostra piena solidarietà alle vostre mobilitazioni e proponendovi intrecci fra le nostre reciproche esperienze.
Intrecci che possono essere resi ancora più forti e solidi, partendo dalla consapevolezza -che poi è anche la cifra del nostro percorso- di come unità, radicalità, autonomia e inclusione delle differenze costituiscano il carattere fondante dei movimenti sociali.
Il 22-23 novembre prossimi, il movimento per l’acqua terrà ad Aprilia il suo secondo Forum nazionale, per fare il punto delle mobilitazioni attivate e per rilanciare con ancora più forza le ragioni della riappropriazione sociale dell’acqua e della difesa dei beni comuni.
Ci piacerebbe che fra gli interventi di apertura, sabato 22 mattina, ci fosse anche un contributo di una/uno studente che racconti al popolo dell’acqua pubblica l’esperienza del popolo della scuola pubblica.
Ci piacerebbe che, nell’autonomia dei reciproci percorsi, si potessero innescare importanti connessioni, promuovendo iniziative comuni dentro e fuori le Università che facciano incontrare le nostre battaglie per i beni comuni.
Ci piacerebbe ascoltarvi e raccontarvi qualcosa di noi.
Con curiosità, fiducia e determinazione.
Dobbiamo solo cambiare il mondo.
Un caro abbraccio a tutte e tutti.
Forum italiano dei movimenti per l’acqua
www.acquabenecomune.org
12.11.08
presenta
Serata-dibattito
“Da l'autra banda del pomar”
(Dall'altra parte del melo)
A cura del Comitato per il Diritto alla Salute
20.45 L'agricoltura intensiva vista e vissuta da alcuni residenti in Val di Non.
21.15 Dalla negazione del rischio al principio di precauzione.
A cura del dottor Giorgio Bianchini
21.45 Un'agricoltura più rispettosa della vita e dell'ambiente: un'alternativa possibile.
A cura di Luisa Mattedi
22.15 Agricoltura pulita in Val di Non: una tesimonianza concreta.
A cura di Marco Osti
Moderatore: Marco Niro, giornalista di QT
Tassullo (TN) - Sala Centro Anziani
Giovedì 20 novembre '08 - ore 20.30
Scarica la locandina della serata
4.11.08
tre occasioni per incontrarsi
GIOVEDI' 6 NOVEMBRE
"Il ritorno all'Alpe, esperienze di recupero di pascoli abbandonati"
Con Luca Bronzini e Maurizio Odasso
VENERDI' 14 NOVEMBRE
Proiezione del film "Il vento fa il suo giro" di Giorgio Diritti
VENERDI' 21 NOVEMBRE
"Nunatak, rivista di storie, culture, lotte della montagna"
Presentazione della rivista con alcuni dei redattori
Folgaria, Casa della Cultura, ore 21.00
- Scarica la locandina delle tre serate