16.12.08

Ricorso al Tar su Tremalzo

Continua da parte delle associazioni ambientaliste e del comitato di cittadini la battaglia contro la cementificazione della delicata conca di Tremalzo.

Il no degli ambientalisti all'albergo da 390 posti


VAL DI LEDRO - Wwf Italia e comitato Sos Tremalzo hanno fatto ricorso al tribunale regionale di giustizia amministrativa (Tar) contro l'«operazione Leali», che prevede la costruzione di un enorme albergo-benessere (390 posti letto) nella Conca di Tremalzo, località montana della val di Ledro; in particolare contro la delibera provinciale che approva la variante al Piano regolatore di Tiarno di Sopra, provvedimento che spalanca le porte all'intervento edilizio orchestrato dall'imprenditore bresciano Alcide Leali assieme ai cinque Comuni ledrensi (Concei esculso), Tiarno di Sopra in testa.
Gestione disastrosa Le due associazioni ecologiste hanno inviato al Tar un ricorso pesantissimo (48 pagine, più tutti gli allegati) sia contro il Comune sia contro la Provincia e la società Irvat (Impianti valorizzazione risalita Tremalzo srl.). In base alla «gestione disastrosa di tutta la procedura relativa alla variante», a causa della «subordinazione dell'amministrazione municipale agli interessi del privato Domenico Alcide Leali», a motivo delle «osservazioni e opposizioni ai provvedimenti e alle delibere municipali che non sono stati presi in esame», a causa della sottovalutazione dell'antica istituzione dell'«uso civico» e per il contrasto della variante al Piano sia con il Piano urbanistico provinciale sia con la legge provinciale 16, Wwf Italia e comitato Sos Tremalzo chiedono ai giudici del Tar di dichiarare nulla la variante stessa in modo che, una volta accolte le loro istanze, sia rispedito al mittente tutto il progetto. Ecco solo alcuni dei punti salienti del ricorso notificato nei giorni scorsi alle controparti e che sarà depositato oggi dall'avvocato Sandro Manica.
Comune appiattito su Leali «A seguito di complessi procedimenti ai quali hanno partecipato anche gli organi pubblici deputati alla tutela dei valori ambientali e paesistici, si è giunti a consentire un intervento edilizio di abnorme aggressività, quasi pari a quello prospettato in prima adozione (prima proposta di variante ndr.) dal Comune di Tiarno di Sopra, del tutto appiattita sull'iniziativa imprenditoriale privata, che aveva in parallelo seguito, sin dall'inizio, il procedimento. Cosicché, all'esito dell'approvazione, dei 67.000 metri cubi originari(amente previsti da Alcide Leali e Vito Oliari), ben 48.000 di nuova volumetria sono stati acconsentiti».
La Tutela che non tutela
Questa enorme cubatura in zona naturalistica di pregio è stata resa possibile, dicono gli ambientalisti, «anche grazie agli inattesi "suggerimenti" forniti dagli stessi Uffici pubblici, che avrebbero dovuto ergersi a tutela dei beni ambientali. È stata, pertanto, palesemente elusa la previsione dell'area di Tremalzo come Sito (naturalistico ndr.) di Interesse Comunitario (europeo ndr.), ed è stata completamente falsata l'applicazione della relativa disciplina di tutela. Del tutto illegittimamente, gli organi preposti alla tutela hanno, da una parte, espresso rilievi sull'incompatibilità della proposta oggetto di prima adozione (prima proposta di variante ndr.); e poi, del tutto contraddittoriamente, assumendo un'iniziativa, non prevista dalla legge, hanno indicato, essi, una soluzione alternativa altrettanto impattante, di dimensioni pressoché identiche. E ciò, quando i medesimi organi tutori avevano pure espressamente evidenziato che gli interventi edilizi in zona avrebbero dovuto limitarsi al "recupero degli edifici tradizionali" o al "restauro dei volumi esistenti". Da qui, pure il sospetto che la funzione amministrativa, anche quella preposta alla tutela, sia incorsa nei gravi vizi di falsità e di sviamento». Eccesso di potere Manica prefigura tutta una serie di violazioni e di false applicazioni di una serie di leggi e normative, di eccesso di potere per «difetto assoluto di istruttoria» e per «motivazione contraddittoria, illogica e irragionevole», di travisamento dei fatti e di violazione dei principi generali in materia di procedimento amministrativo».

L'Adige, 12/12/2008

Giù le mani dal latte crudo!

Pubblichiamo una bella lettera che, motivatamente, difende il latte crudo, un alimento sano, in queste settimane aggredito da più parti e bollato come pericolosissimo a causa della non-pastorizzazione. Una battaglia giusta: in difesa della filiera corta, della dignità del produttore, ma anche della qualità del prodotto stesso e quindi della salute dei cittadini.

Vorrei contribuire al dibattito sollevato in questi giorni sulle problematiche dei distributori di latte crudo. Non mi pare che la proposta di Sergio Paoli, direttore di Latte Trento, di pastorizzare il latte prima di immetterlo nei distributori abbia qualche senso. Sicuramente il maggior costo della pastorizzazione unito a quello del trasporto renderebbe antieconomico il distributore.
Ma soprattutto si tende a dimenticare che il latte è un alimento che nasce già perfetto e che ogni tentativo di trattamento da parte dell'uomo non può che peggiorarlo. A fronte di qualche piccolo rischio derivante dal latte crudo, con la pastorizzazione invece si perderebbero importanti proprietà utili alla nostra salute.
Quali sarebbero i rischi del latte crudo? Premettendo che l'attenzione ai problemi igienici da parte del produttore non deve mai abbassarsi, alcuni germi potrebbero effettivamente contaminare il latte e causare problemi nell'uomo: il principale è lo Stafilococco aureo che potrebbe derivare da mastiti non curate. Solo questo rappresenta un potenziale pericolo per il consumatore; è in grado di produrre una serie di enterotossine che determinano, se presenti in quantità sufficiente, un'intossicazione caratterizzata da nausea, vomito e diarrea, che viene superata in genere senza intervento medico in 2-3 giorni. Altri germi come la Listeria Monocytogenes possono dare delle infezioni gravi, ma quasi esclusivamente nei soggetti immunocompromessi. Sono teoricamente possibili infezioni da Salmonella o Campylobacter, ma solo se il latte è contaminato con le feci. Da una ricerca è comunque emerso che il latte crudo venduto nei distributori è in media qualitativamente migliore degli altri latti. A chi pensa che il latte pastorizzato sia sicuro al 100% ricordo che ci sono state importanti epidemie di salmonellosi derivate dal latte pastorizzato. La pastorizzazione non elimina i germi, ma ne riduce la quantità. In più vengono alterate le capacità di autodifesa del latte (denaturazione della lattoferrina) e quindi in condizioni particolari i germi cattivi si svilupperebbero più facilmente.
A fronte del limitato rischio derivante dal latte crudo, vediamo ora i vantaggi. Viviamo nel mezzo di un'epidemia di cancri; sicuramente molti tumori sono dovuti all'eccesso di sostanze cancerogene nell'ambiente, ma anche alla scarsità di sostanze protettive nell'alimentazione. Proprio la pastorizzazione del latte è un esempio di impoverimento di proprietà antitumorali, negli alimenti. Ci sono infatti alcune proteine del latte, specie le proteine del siero del latte (quello che resta dopo aver tolto le caseine), che possiedono importanti proprietà antitumorali, detossificanti e antiallergeniche, ma che vengono denaturate con il calore della pastorizzazione. Si sa, ad esempio, che i neonati alimentati con latti artificiali hanno più allergie e tumori degli omologhi allattati al seno. Ebbene questo avviene proprio perché le proteine dei latti artificiali vengono pastorizzate e perdono importanti proprietà. Oggi si inizia a comprendere che la sostanza responsabile delle proprietà antitumorali, detossificanti e antiallergeniche del latte potrebbe essere il glutatione. Il glutatione, un tripeptide (costituito da tre amminoacidi) è una molecola chiave per il funzionamento cellulare. Non solo contrasta l'effetto nocivo dei radicali liberi, ma è anche la molecola importante per la detossificazione dell'organismo. Tutti i processi immunitari ed energetici necessitano del glutatione. Le proteine del siero del latte sono molto ricche di un precursore del glutatione (glutamil cisteina). Queste sostanze però si denaturano con il calore a 60 gradi (la pastorizzazione supera i 70 gradi per 15-20 secondi).
Col calore si inattiva anche la vitamina C: all'inizio del secolo scorso dopo l'introduzione della pastorizzazione del latte ci fu un aumento dei casi di scorbuto (malattia da carenza di vitamina C). Nonostante queste evidenze gli scienziati di allora, sull'onda delle teorie che vedevano i microrganismi responsabili della maggior parte delle malattie, continuarono a raccomandare la pastorizzazione o la bollitura.
Un altro esempio di problemi generati dalla pastorizzazione è l'assorbimento del calcio. Questo è molto minore nel latte pastorizzato rispetto al latte crudo. Ricordo che oggi l'osteoporosi è una condizione molto diffusa con una notevole morbilità dovuta alle fratture nell'anziano.
Prima degli anni '70 dovunque nei caseifici di paese si vendeva latte crudo. Una legge ingiusta, voluta dagli industriali del latte, ne ha vietato la vendita e questo ha portato nel recente passato alla chiusura di numerosi caseifici in Trentino ed alla crisi del settore zootecnico con la chiusura di molte stalle, parallelamente alla creazione di monopoli caseari.
In passato molti medici spesso consigliavano di soggiornare in montagna per rinforzare il fisico. Oggi abbiamo numerose evidenze che molte delle virtù salutari delle vacanze in montagna potrebbero derivare proprio dal latte e dai prodotti derivati che oggi non è più possibile acquistare nei caselli di paese. È difficile immaginare un paesaggio alpino senza zootecnia, senza alpeggi e malghe. Ed è connaturata con questa attività la possibilità di vendere il prodotto in loco al consumatore. Chiunque vuole mettere vincoli e limiti a questa attività (a favore dell'industria) uccide la montagna. Con ricadute sicuramente negative sul turismo.
In conclusione, oggi con i frigoriferi si può conservare il latte non pastorizzato per diversi giorni. Si può inoltre aumentare la sicurezza con frequenti controlli sul latte (che sarebbe auspicabile facesse l'ufficio Igiene). Consiglierei però la bollitura solo in presenza di una immunodeficienza grave. La mia famiglia consuma latte crudo ormai da un decennio senza che si sia mai verificato un problema. Personalmente consiglio di visitare la stalla di provenienza e verificare l'igiene e l'alimentazione degli animali.
Acquistare il latte crudo (non pastorizzato) è un diritto alla salute che non può essere negato. Inoltre poter vendere latte crudo è un aiuto al settore zootecnico di qualità, con sicure ricadute positive sul turismo.

Dr. Roberto Cappelletti
È componente del Comitato scientifico della Libera associazione Malghesi e pastori del Lagorai

L'Adige
, 9 dicembre 2008

Ecomafia in provincia di Trento?

Pubblichiamo un'interessante riflessione uscita su L'Adige a proposito dello scandalo dei rifiuti pericolosi provenienti da tutto il nord Italia stoccati abusivamente in una ex cava (ora discarica di inerti) a Roncegno, in Valsugana. L'episodio ha sollevato nuovi dubbi sulla credibilità nella nostra provincia delle autorità cui è affidata la tutela dell'ambiente e, di conseguenza, la salute dei cittadini.

La Valsugana non è la pattumiera del Nord

Così la Provincia si fa male, oltre a fare del male alla comunità. Molti sospettano, da tempo, soprattutto in Valsugana, che i controlli dell'Appa sugli inquinanti non siano credibili. Molti pensano che siano pochi, ridicolmente pochi i controlli sui fumi delle acciaierie di Borgo. Proprio quell'impianto che crea tanti dubbi, timori anche, in una parte non secondaria della popolazione. E cosa dire di quell'impianto di biocompostaggio di Novaledo, e di quel «bolo» che venne di fatto seminato nelle campagne di Valsugana? Ma lasciamo la Valsugana: sono sufficientemente calibrati i controlli sui veleni sparsi nei meleti e la loro presenza in parchi pubblici, case private, tra la gente insomma, in val di Non? Molti non si fidano più dell'Appa (agenzia provinciale protezione ambiente ndr.) e di tutte le autorità di controllo e, di conseguenza, viene meno anche la fiducia nella difesa che la Provincia fa della salute pubblica. Ora la storia della discarica di Monte Zaccon. Solo l'ultimo anello. Sappiamo molto bene che la nostra società dei consumi, quella che stiamo vivendo qui e ora, quella ricca e trentina, porta alla produzione di molti veleni: che finiscono nell'acqua e nell'aria, che vanno a finire negli impianti di compostaggio o nelle discariche. Sappiamo anche che sempre meno è possibile (oltre che eticamente costituire una cosa ingiusta) spedire quei rifiuti in Campania o in Calabria. E sempre più difficile è mandarli anche in Africa, mentre se li mandiamo in Germania questa si fa pagare tantissimo. Poi, certi rifiuti, come quelli che finiscono nell'aria, immessivi dai camini delle fabbriche, non possiamo nemmeno spedirli a nessuno. E allora, la nostra società produce, necessariamente, delle schifezze che dobbiamo pensare di distruggere a casa nostra o, comunque, di limitare al massimo nei loro effetti nocivi per la salute umana e quella della Natura. Ma nessuno vuole i veleni: noi viviamo in una società in cui il senso civico, il bene della comunità che talvolta esige anche la condivisione dei problemi, è sempre meno sviluppato. E allora? L'impressione (ma le prove sono continue e successive) è che i politici e la politica abbiano deciso, per il bene della comunità (e lo diciamo senza sottintesi e ironie) che le cose vadano fatte anche senza che la comunità lo sappia. Per questo, probabilmente, l'Appa è portata a fare cose che anche la politica conosce. Ma finge di non conoscere. Noi tutti sappiamo che, ancora più in questo momento di crisi epocale del capitalismo, 120 salari e stipendi, quanti sono quelli pagati dalle Acciaierie di Borgo, sono importantissimi. Che lo spostamento della fabbrica fuori dal Trentino sarebbe per la Valsugana l'ennesima botta. E allora ecco che i controlli sulle emissioni di fumi vengono fatti una volta all'anno, di giorno e (lo ha dichiarato al nostro giornale un operaio che ha lavorato lì per anni e si occupava proprio di questo) all'interno della fabbrica si conosce la data dell'arrivo dei tecnici in anticipo. Ma tutti, proprio tutti a Roncegno e Borgo sospettano da sempre, e molti lo hanno pubblicamente dichiarato, che le emissioni «malefiche» avvengono la notte e in certe ore soprattutto. E cosa dire del biocompostaggio di Novaledo che avrebbe tutte le carte in regola, che rispetterebbe tutte le leggi.... ma che verrà comunque spostato perché qualcosa che non va, lo hanno capito tutti, c'è comunque? Nei giorni in cui sui terreni di Novaledo e Roncegno veniva sparso quell'enorme «bolo» che intasava lo stabilimento, avemmo modo di parlarne con i dirigenti dell'Appa. E li trovammo assolutamente tesi, nervosi, in ansia. E lo scrivemmo. Si doveva mettere da qualche parte quel materiale, era certo, per permettere alla nostra comunità di continuare ad avere un luogo dove poter lavorare ed elaborare l'umido delle immondizie e certi fanghi... Vero, ma forse non era proprio affondandolo in una campagna molto coltivata ancora il modo migliore. Ma dove allora? direbbe il politico, se tutti vogliamo il meglio di questa società dei consumi e nessuno vuole le sue schifezze, che però sono i nostri rifiuti? Certo, dopo la scoperta delle schifezze che stanno finendo in una ex cava di Monte Zaccon, nel Comune turistico di Roncegno, viene il pensiero che la Valsugana sia privilegiata in qualità di sfogatoio di quanto i trentini non vogliano. E forse (pensando anche che, a sinistra soprattutto, la PiRuBi non la vuole nessuno in Vallagarina ma la superstrada trafficatissima, cento volte i bisogni della valle, è sopportata in Valsugana dove, tra l'altro, ha travolto e tagliato a metà due paesi) il pensiero che questa valle non sia difesa al meglio dai suoi politici è più di un sospetto. Ma il discorso va oltre. Pensiamo allora ai veleni nei meleti e alle denunce del Comitato noneso che da qualche anno si sta battendo sul problema. Ultimamente questa gente coraggiosa si è pagata, 3.000 euro, le analisi che hanno dimostrato l'esistenza di residui di veleni nelle case e nei parchi giochi. Ma quelle analisi ha dovuto farle fare fuori dal Trentino. Perché in Trentino (terra dell'Istituto Agrario ma anche terra che dispone di un'ottima Azienda sanitaria) le statistiche dicono che tutto è nella norma, che le forme tumorali non sono più numerose che altrove e nemmeno le bronchiti. E, di certo, qui da noi nessun ente pubblico si sogna di far analizzare le polveri delle case o l'erba dei parchi. Perché le mele sono la grandissima ricchezza della valle di Non, l'Acciaieria è necessaria alla manodopera valsuganotta e perché qualcuno deve pure beccarsi le porcherie che i trentini producono (o prendere quelle degli altri per esportare in parte le nostre). E così i controlli dell'Appa troppo spesso sono formali o eseguiti in tempi non congrui. E molte volte anche le analisi di S. Michele e le indagini dell'Azienda Sanitaria sono portate più a rassicurare i cittadini che ad allertarli sulla situazione reale. Ma così facendo la politica si fa male, la Provincia si fa male. Non si può continuare a dire che il nostro formaggio è il massimo del mondo perché le vacche mangiano il fieno della montagna trentina quando molti di quegli animali, l'erba delle Dolomiti non la vedono quasi mai. Così sempre più gente guarda con sfiducia alle nostre autorità, anzi con rabbia. Così la Farfalla appassisce e il Trentino si omologa e alle elezione è tutto un gridare... «al negro». È ora di parlare con la gente, di informarla, di essere franchi: le nostre sporcizie ce le dobbiamo riciclare, e dobbiamo produrne meno, e i prodotti che mettiamo in tavola devono essere controllati, così come il nostro territorio. Per evitare, tanto per concludere, che un Comune turistico, che ha una grande e importante storia termale, si porti in casa una schifezza grande come quella, dicono gli investigatori, che stava arrivando a Roncegno.

L'Adige, 14/12/2008