1.7.09

Il riconoscimento Unesco non salva le Dolomiti

Solamente delle menti raffinate con l’ausilio di un poderoso supporto politico potevano raggiungere un traguardo così ambizioso: Dolomiti patrimonio dell’umanità! Dopo 5 anni di duro lavoro sono state scelte e «sacrificate all’intoccabilità» alcune vette prestigiose e di grande richiamo che però per quanto riguarda gli interessi legati agli impianti di risalita contano poco o nulla (eccezione fatta per la Marmolada, per la quale i registi dell’operazione prima di fare partire la richiesta di riconoscimento da parte dell’Unesco, hanno pensato bene di ottenere le necessarie autorizzazioni di ricostruire tutti gli impianti - in Veneto e in Trentino - anche con delibere di legittimità molto dubbia, blindando in questo modo l’accesso alla Regina delle Dolomiti). Chi ha lavorato per l’ambito riconoscimento, ha evitato con estrema cura e attenzione di inserire fra le varie aree e gruppi montuosi da sottoporre a vincolo, quelle dove gli interessi legati allo sviluppo degli impianti di risalita sono reali e pesanti. Protezionismo ambientale senz’altro, purché questo non crei al manovratore ostacoli di alcun tipo per la situazione esistente o per qualsiasi programma di sviluppo futuro. Qualcuno si è chiesto come mai non siano stati sottoposti a vincolo il gruppo del Sella, le Tofane, il Sassolungo e il Monte Cristallo? E questi solo per citare i primi gruppi dolomitici che mi vengono in mente. La risposta è abbastanza semplice. Le aree sciistiche più interessanti e di maggior pregio potranno continuare a svilupparsi e aggiornarsi senza incontrare particolari impedimenti, godendo peraltro dell’enorme ricaduta mediatica ottenuta con il riconoscimento delle Dolomiti (tutte) patrimonio dell’umanità. Chapeau!

Filippo Graffer - L'Adige, 1 luglio 2009