29.10.08

I nuovi impianti sono uno scempio

Gli ambientalisti non si arrendano e protestano

FOLGARIA - Si alza forte e convinta la voce degli ambientalisti di Folgaria 235, di Mountain Wilderness e Officina Ambiente contro l'allargamento del comprensorio sciistico di Folgaria, verso località Pioverna e di conseguenza verso il Veneto nella straordinaria e suggestiva Val delle Lanze.
Il loro è un diniego secco, senza mezzi termini. «L'allargamento dell'area sciabile in quella direzione rappresenta una decisione impostata dall'alto, presa senza che la popolazione abbia potuto esprimersi liberamente in merito. È causa diretta di nuove speculazioni edilizie, in un territorio già eccessivamente urbanizzato», sostengono gli ambientalisti.
Il nuovo progetto di espansione prevede un arroccamento funiviario all'Alpe di Folgaria/Passo Coe, da questa area l'impianto salirà fin sulla vetta di Pioverna, in territorio trentino, non più come era originariamente progettato a Costa d'Agra terra veneta. Da cima Pioverna scenderà una pista (e non più due) fino all'Alpe. «Gli impianti in questa zona rappresentano uno scempio ambientale inaccettabile ed irreversibile.
I costi di gestione li rendono finanziariamente insostenibili», affermano Folgaria 235 , Mountain Wilderness ed Officina Ambiente. In Trentino i bilanci delle società funiviarie /impiantistiche , ad eccezione di casi sporadici, mostrano i segni rossi, addirittura in questi ultimi mesi la Provincia attraverso la finanziaria Trentino Sviluppo è entrata o sta entrando direttamente nel capitale sociale di alcune società, per portare "ossigeno" e riorganizzare il settore, che molti operatori ritengono indispensabile per poter sviluppare la stagione turistica invernale. «Il sistema impianti e piste divora risorse - acqua ed energia - sempre più preziose e sempre più scarse, non portando alcun specifico beneficio economico per la maggioranza della popolazione, dei residenti , ma solo altri soldi nelle solite tasche.
Molti studi di settore indicano una profonda crisi nell'industria dello sci e sconsigliano grossi investimenti, che rappresentano uno spreco gigantesco di risorse pubbliche che potrebbero essere impiegate diversamente», concludono in una nota le associazioni ambientaliste.

Tiziano Dalprà, l'Adige del 29 ottobre 2008

24.10.08

Comunità autonome e patti territoriali: la terza giornata di Costruire Autonomia

La rassegna di incontri e dibattiti, svoltasi al Centro sociale Bruno e intitolata "Costruire Autonomia", si conclude con la giornata "Comunità autonome e Patti territoriali". Un approfondimento sul territorio e sul movimento che ha visto la partecipazione di molti comitati trentini e delle comunità in lotta di Vicenza e Chiaiano.

Stefano Bleggi, del Centro sociale Bruno, introduce l’assemblea della mattinata "Patti territoriali, nuove reti per la costruzione di lotte comuni".
Nella prima parte dell’incontro ciascuna realtà narrerà brevemente la propria esperienza locale, per poter conoscere i diversi comitati che si sono creati in Trentino. All’assemblea partecipano anche i comitati del bellunese e dell’alto vicentino.
L’intervento di Virgilio Rossi e Marco Osti dalla Val di Non. Il Comitato contro i pesticidi ha svolto molte ricerche scientifiche e approfondite rispetto ai danni causati dai pesticidi alle persone, al terreno, a tutto l’ecosistema.
Il lavoro portato avanti dal Comitato consiste in raccolte firme, mobilitazioni, formazione tecnico-legale, ma è ostacolato dal Consorzio Melinda.
Il Comitato chiede che le regole vengano rispettate: se i pesticidi utilizzati sono velenosi, la Melinda si deve preoccupare che le persone non vengano intossicate.
Tiziano del Comitato Prà Gras di Fonzaso (BL) spiega che il comitato è nato come uno spazio aperto contro l’insediamento di una fonderia nel mezzo delle case, causa di malattie alle vie respiratorie.
Il lavoro fondamentale del comitato consiste nell’informare i cittadini, attraverso volantinaggi porta a porta e attraverso incontri con altri comitati.
Roberto Segalla del comitato di Schio contro l’inceneritore.
Nonostante qui la raccolta differenziata funzioni molto bene, è stato approvato un piano per raddoppiare la portata dei rifiuti da incenerire, il tutto in modo arrogante e senza consultare i cittadini, i quali chiedono che non sia l’incenerimento il metodo utilizzato per smaltire i rifiuti.
Il comitato si riunisce insieme al comitato di vigilanza e ai Genitori Preoccupati per creare una mobilitazione popolare.
Lorenza Erlicher fa parte del comitato contro la base militare di Mattarello, vicino a Trento, e ripercorre le ultime iniziative e mobilitazioni contro la costruzione della base, dalla presentazione di un contropieghevole che spiega le ragioni del no, illustra come la base ospiterà militari professionisti e svela i reali costi molto elevati delle strutture, fino alla recente manifestazione del 4 ottobre nelle strade di Trento.
Daniele Gubert del Primiero: qui è nato un comitato che è riuscito a fermare il progetto della diga in Val Cortela e del campo da golf in Val Canali e attualmente è impegnato a fermare un altro progetto idroelettrico.
Si batte inoltre contro la devastazione della riserva integrale Paneveggio - Pale di San Martino, che vuole essere cancellata per costruire un assurdo sistema di funivie, che deturperebbero il bellissimo paesaggio dei Laghetti di Colbricon.
Rispetto a questo il Comitato PrimieroViva sta preparando un dossier da presentare a Bruxelles.
Arturo e Francesca Manzini di Folgaria spiegano la situazione di questa zona: l’industria dello sci progetta impianti di risalita per 70 milioni di euro, causa di enormi consumi idroelettrici e che andrebbero a devastare l’unica porzione dell’altopiano ancora non invasa da piloni e cemento.
Qui si è creato un movimento di opposizione a queste problematiche, che intende ribellarsi al forte clima di controllo sociale imposto dal Comune e favorevole invece ad uno sviluppo sostenibile del territorio.
La seconda parte della mattinata continua con un giro di voci dei comitati presenti per presentare proposte concrete di mobilitazione e per creare una nuova rete di comitati.
Sono intervenuti: Gianfranco Poliandri del Comitato No Tav del Trentino, Federico Zappini del Centro Sociale Bruno, Maurizio Barrella di Officina Ambiente, Roberto Segalla del Comitato di Schio contro l’inceneritore, Sergio Deromedis del Comitato contro i pesticidi in Val di Non, Tiziano Comitato Prà Gras di Belluno, Antonio Marchi di Officina Ambiente.
Le conclusioni di Stefano Bleggi del Centro sociale Bruno.

“Tre aspetti importanti sono emersi: il primo è una visione comune che il comitato non può bastarsi e divenire così una realtà autoreferenziale, ma deve essere un luogo inclusivo di nuova partecipazione e di lotta;
l’altro aspetto è quello che i comitati non possono essere legati semplicemente a dei “No” ma propensi anche alla definizione e costruzione di proposte alternative;
l’ultimo riguarda la volontà di divenire un’altra istituzione a salvaguardia dei beni comuni.
Da qui la proposta di creare un patto territoriale, una rete di solidarietà per costruire dei percorsi comuni, con la voglia di rivedersi, scambiarsi stimoli e suggestioni e far partecipare altri comitati a questo percorso comune.”

Vedi anche:
Ambiente e devastazione: la prima giornata di Costruire Autonomia

Altipiani di Folgaria e Lavarone: una pioggia di euro per gli impianti

Da qui al 2011 investimenti per 40 milioni

"Le piste di sci e gli impianti di risalita sono determinanti in località che puntano al turismo invernale, ma non bastano se attorno ad essi non cresce una cultura della montagna, delle tradizioni e della qualità dei servizi". Questo sembra essere il concetto dominante per rilanciare gli altipiani, uscito dal recente summit della Carosello Ski. Nel mirino, i due centri dello sci nordico, Malga Millegrobbe per Lavarone e Luserna, e l'Alpe di Folgaria - passo Coe per Folgaria. La vocazione di questi altipiani per lo sport degli sci stretti sembra evidente: distese immense si allungano e s'intrecciano con strade forestali e militari che danno il senso dello spazio e contornano un ambiente meraviglioso. A Lavarone si punterà a far nascere - a Millegrobbe, in terra cimbra - un centro wellness, per la prima volta forse in Trentino si darà spazio ad un progetto che sposi lo sport, il trekking e il relax. Il tutto nel bel mezzo della montagna e delle piste. Sorgerà in quest'area un centro per il benessere fisico e tutto il comparto dello sci nordico dovrebbe trovarne giovamento. L'investimento previsto è di circa 3 milioni di euro. Nuove prospettive per le piste che dovranno anche toccare malga Campo, l'omonimo rifugio e collegare l'isola linguistica di Luserna con il Centro stesso. L'idea era quella di sviluppare i sentieri dello sci, attraverso esperienze di trekking che mettano in relazione tutti gli altipiani compresa l'area di Roana ed Asiago. Chilometri e chilometri di passeggiate nella neve. A Folgaria invece si punterà a dare lustro al Centro Fondo: già l'anno scorso, con la gestione di Dimitri Muraro, il settore ha incrementato le presenze e si è finalmente ridata qualità ed organizzazione alle piste ed al settore. Ora all'Alpe sorgerà un invaso alpino di 42 mila metri quadrati che conterrà ben centomila metri cubi d'acqua; sarà in parte autoalimentato ed in parte riempito con l'acqua pompata da altre zone. Il bacino, che assumerà la forma e l'utilizzo di un vero laghetto di montagna, servirà in inverno come serbatoio idrico per i sistemi d'innevamento artificiale dei nuovi impianti che quassù sorgeranno. Il Centro Fondo verrà riqualificato grazie anche all'arrivo dei contributi per l'organizzazione nell'inverno 2010 dei campionati mondiali studenteschi. A tale proposito per quel periodo dovrebbe trovare completamento anche la nuova pista agonistica per lo sci alpino denominata «Martinella Nord 2», che sarà con ogni probabilità dotata di un sistema di illuminazione notturna. Nella stagione 2009/2010 partiranno poi i lavori per una nuova quadriposto ad agganciamento automatico che da Fondo Piccolo salirà fino a cima Plaut, per poi collegarsi con il sistema impianti e piste. Spesa prevista 7 milioni di euro. Pioveranno milioni di euro per collegare con una cabinovia Folgaria (dalla zona Palasport) a Francolini (circa 25/30 milioni di euro) e da cui salire fino al forte Sommo Alto. Un impianto che costringerà a spostare l'attuale strada provinciale. Infine, l'altra parte dell'altopiano - l'Oltresommo - sembra non esistere: qui i progetti non passano e se passano nessuno li vede perchè invisibili.

L'Adige, 23.10.2008

"Fermiamo il bando di gara della base militare di Mattarello!"

Di seguito il testo letto durante la serata organizzata, martedì sera, dal Comitato di Mattarello durante la quale sono state presentate le posizioni dei vari candidati alle elezioni provinciali sulla questione della base militare.

"Parlo a nome di chi ha creduto, crede e crederà sempre che per fermare la base militare di Mattarello sia necessaria una presa di coscienza collettiva, che per opporsi a questa decisione sia importante l’impegno e la partecipazione di tutti, con pratiche e percorsi diversi, ma con un unico obiettivo.
Questa sera il Comitato di Mattarello ha reso pubbliche le posizioni dei candidati alle prossime elezioni provinciali rispetto alla costruzione della base di Mattarello. Ma non possiamo però accettare il comportamento di chi ha organizzato questa serata che decide di mettere nelle mani dei candidati le sorti di una lotta importante come quella dell’opposizione a quest’opera devastante.
Questo percorso, quello della delega ai partiti e della ipocrisia elettorale, tralascia per l’ennesima volta la possibilità di costruire dal basso un’opposizione reale, consegnando nelle mani del candidato di turno il futuro del nostro territorio.
Se ci sono qui consiglieri comunali o circoscrizionali, chiedete cosa hanno detto in questi anni, quali iniziative, quale intervento hanno mai fatto contro la costruzione di una base militare in città. Se qui ci sono consiglieri provinciali, dicano quante parole hanno speso in consiglio provinciale per opporsi a quest’opera.
A tutti i candidati - pacifisti e nonviolenti, ambientalisti e sedicenti no-global – chiedete che garanzie offrono, a parte il tragicomico tentativo di conquistare gli ultimi pacchetti di voti. Voti a perdere, senza che siano sottoposti un giorno a verifica del loro operato.
Non possiamo accettare un percorso ricco di ambiguità, incoerenza e ipocrisia.
Abbiamo letto di candidati che rispondono alla richiesta del comitato dicendo di essere nonviolenti, ma senza dire chiaramente se Sì o se No.
Ricordiamo che la nonviolenza è una nobile pratica, non un bla bla bla. La nonviolenza è uno strumento, che mette in gioco il proprio corpo: se si crede che una cosa sia sbagliata, il nonviolento arriva a fare sciopero della fame, non si limita a spazzolare consensi.
Se un candidato sbandiera la sua qualifica di obiettore di coscienza, sia capace di trovare nuove forme per rinnovarla, non basta ad apparire candido, riesce solo ad umiliarsi come candidato semplice.
Ognuno faccia la sua parte, al servizio di un solo obiettivo: impedire la costruzione di una base militare che significa finanziamenti alla guerra, cultura militarista e distruzione di territorio. Ma nessuno usi strumentalmente questo argomento per propri interessi personali o di bottega (quando le botteghe sono diventate partito o lista o corrente interna al PD). E nessuno usi la questione di Mattarello per dare la possibilità ai sepolcri imbiancati della politica trentina di mettersi in mostra, chi lo fa è semplicemente meschino.
Da parte nostra, continueremo ad offrire il nostro contributo, con chiarezza e senza ipocrisia, per permettere che un sogno si realizzi: non vedere nelle campagne di Trento un mostro di 30 ettari di cemento che contiene armi e addestra i militari alla guerra.
Lo faremo, entro novembre – data in cui sarà ufficializzato il bando di appalto – con una iniziativa partecipata e comunicativa, radicale e nonviolenta, dentro gli uffici che decideranno su questi appalti.
Lo faremo per fermare la base e per imporre alla politica di rimettere in discussione il progetto.
Lo faremo con chiarezza, la chiarezza che qui non c’è.
Questa sera di politici in realtà se ne sono visti pochi, ma in un luogo senza chiarezza, soffocato dall’ipocrisia, che si affida alla grancassa del "Votantonio", noi non ci stiamo, non è posto per noi."

20.10.08

Tremalzo (Val di Ledro), tutti contro "l'operazione Leali"

"Bisogna fermare quell'ecomostro"

L' "ecomostro" non s'ha da fare. Questo è emerso l'altra sera durante l'incontro presso la sala del teatro di Locca di Concei organizzato dal comitato «Sos Tremalzo», dove si è dibattuto riguardo gli scenari futuri dell'area, da tempo bersaglio di proposte in chiave di rilancio turistico. L'ultima di queste, che ha visto l'entrata in scena dell'imprenditore bresciano Alcide Leali, ex patron di Air Dolomiti, non è andata giù a larga parte della cittadinanza e al comitato, che hanno fatto quadrato attorno alla zona per evitarne l'invasione. Questi i fatti: in prima battuta Leali prevede la creazione di un «Family and Wellness Hotel», struttura alberghiera e residenziale di livello medio-alto comprensiva di centro benessere, piscina, idromassaggio e quant'altro, per oltre 65 mila metri cubi di nuove infrastrutture. Oltre al corpo principale, infatti, vanno aggiunti residence, negozi, una serie di villette, una chiesetta e una piazzola volte a creare un villaggio fittizio in quota con tanto di parcheggi e vasche per l'innevamento artificiale interrati. Per completare l'opera e renderla autosufficiente ovviamente vanno costruiti acquedotto con pompaggio d'acqua dal fondovalle (la conca di Tremalzo ne è priva), elettrodotto, teleriscaldamento e una nuova strada d'accesso. Praticamente il settimo comune della val di Ledro. Opera impattante certo, ma al di là delle opinabili considerazioni di carattere ecologista, soggette spesso a controproducenti cadute nel fanatismo, a tenere banco sono soprattutto le ombre in ambito amministrativo e legislativo della questione. L'area comprendente Tremalzo è un sito di importanza comunitaria (Sic) ed è ovviamente gravato da uso civico. Ciò significa che il terreno è sì di grande pregio naturalistico e ambientale, ma molto più concretamente dovrebbe avere anche una più che discreta valutazione economica. Eccoci al dunque: quanto vale Tremalzo? Poco, pochissimo. Nell'agosto 2005 il comune di Tiarno di Sopra, (s)vende per 138.900 euro 41mila metri quadri di terreno a Leali. Il conto è presto fatto: meno di 3 euro e 40 centesimi al metro quadrato. Viene spontaneo chiedersi come ciò sia possibile. Semplicemente viene richiesto lo sgravio dell'uso civico spostandolo nel bosco in località Taialonga. Il comune parla di «gravi ed eccezionali circostanze» per giustificare l'operazione, ma secondo gran parte della popolazione ledrense la motivazione non regge. La manovra suscita immediate proteste e per Leali arriva una prima sconfitta. La giunta provinciale, che aveva inizialmente erogato contributi per il ripristino degli impianti sciistici, blocca nel 2006 la vendita dei terreni. La faccenda però è ben lungi dall'esser chiusa. Nel 2008 viene approvata una seconda variante in giunta provinciale, che ridimensiona il progetto: via la nuova strada, via chiesetta e piazza. L'albergo perde 58 posti letto (ora sono 390) e qualche metro d'altezza. Scompaiono garnì e residence mentre il villaggio passa da 16000 a 3000 metri cubi. Secondo gli esperti intervenuti ieri sera non basta: il relatore Giovanni Beretta ha parlato di «atteggiamenti mafiosi» nei rapporti fra le amministrazioni comunali e Alcide Leali. Ezio D'Andrea, di Coldiretti, ha sostenuto la necessità di stimolare la consapevolezza del ruolo delle comunità: «Gli abitanti di queste località meravigliose devono essere i primi difensori del paesaggio alpino - ha spiegato - e unirsi in una sorta di autogoverno che vigili su questo genere di operazioni». In seguito a prendere la parola è stata Annamaria Santolini, esperta di sviluppo sostenibile, che ha bocciato in toto il genere di turismo proposto dalla variante: «Bisogna essere profondamente innamorati della propria terra per essere convincenti con gli ospiti - ha detto - e se lo si è non si è disposti a vendere il nostro patrimonio in questa maniera». Santolini ha poi proseguito evidenziando come l'intera manovra non abbia in realtà ricadute positive sui cittadini: «Non offrirà posti di lavoro ai locali ma produrrà soltanto costi per chi si ritroverà a dover gestire un disastro ambientale». In chiusura sono intervenuti anche i consiglieri provinciali Roberto Bombarda e Giorgio Viganò, Secondo Bombarda l'area non può sostenere economie in stile "Madonna di Campiglio" e ha profetizzato per la struttura un fallimento certo: «Il progetto non starà mai in piedi e si trasformerà rapidamente in un ammasso di miniappartamenti in quanto non è possibile che a Tremalzo arrivino tutti i turisti necessari per mantenere in attivo il bilancio di un hotel così grande. L'unica proposta sensata per questa località è il parco naturalistico». Dello stesso avviso Viganò che vede nella crisi economica un ulteriore ostacolo: «Ciò che Leali vuol fare è anacronistico - ha dichiarato - il futuro del turismo non va certo nella direzione dei grandi hotel di lusso».

L'Adige, 19/09/2008

18.10.08

Folgaria: 16 milioni di euro per gli Altipiani

La giunta provinciale approva il protocollo per gli impianti da sci e dà il via libera a Trentino Sviluppo

A pochi giorni dalla data delle elezioni previste (caso Udc a parte) sugli Altipiani Cimbri piovono i contributi provinciali da tanto attesi, come un Superenalotto pubblico: la giunta provinciale, nella seduta di ieri, ha approvato su proposta degli assessori competenti Tiziano Mellarini (turismo) e Marco Benedetti (industria) il protocollo d'intesa per lo sviluppo sciistico dei comuni di Folgaria, Lavarone e Luserna. Il protocollo d'intesa è stato siglato dalla Provincia con Trentino Sviluppo, i tre comuni e le società degli impianti: il via libera di ieri permette a Trentino Sviluppo di fare ingresso nel capitale delle società impiantistiche, per gestire l'investimento complessivo di 70 milioni in cinque anni, con il primo stanziamento appunto di 16 milioni. Il protocollo prevede, fra le altre cose, il nuovo impianto (costo 20 milioni di euro) che partirà direttamente da Folgaria per tuffarsi nel cuore del carosello. «Sarà un impianto non solo a valenza invernale ma anche estiva, accanto nascerà un centro wellness, un centro servizi, un auditorium, il tutto nella zona del Palaghiaccio e del Palasport» spiegava Remo Cappelletti della Carosello Ski un anno fa. Altro tassello importante: il collegamento Folgaria-Lavarone attraverso l'Homberg, e la riqualificazione dei passo Coe con la creazione di un grande bacino artificiale (necessario per fabbricare la neve) che d'estate diventerà una «spiaggia». Ma gli interventi riguarderanno anche la zona di Passo Vezzena e la sistemazione di malga Millegrobbe di Luserna che diventerà un centro wellness e punto nevralgico del fondo.

L'Adige, 18.10.2008

16.10.08

Folgaria: impianti a passo Coe, via libera da Trento

Un altro passo deciso verso l’ampliamento degli impianti di risalita sull’altopiano di Folgaria, nella direzione fortemente voluta dalla società Carosello Ski. Ieri mattina c’era riunione di giunta provinciale e dal governo di Dellai è arrivato il via libera alla variante urbanistica comunale con la quale si rimuove ogni ostacolo alla realizzazione della seggiovia di passo Coe. Si tratta dell’impianto per lo sci che prolungherà il carosello verso Costa d’Agra e attraverso la zona di Pioverna, un’area che secondo gli ambientalisti - protagonisti di una lunga, finora vana battaglia - andrebbe lasciata assolutamente allo stato naturale. C’è forte la preoccupazione che questo impianto preluda a una connessione con le seggiovie risalenti dal versante veneto, con una continuità ritenuta dannosissima all’ambiente dell’altopiano. Su questo punto il sindaco di Folgaria Alessandro Olivi è stato più volte categorico: sì a Costa d’Agra e ad altri potenziamenti come il collegamento tra Folgaria e Francolini, no al collegamento col Veneto. Che però, dopo la realizzazione dell’impianto autorizzato ieri, sarà davvero a portata di mano, alla stessa distanza che durante la prima guerra c’era tra austriaci e italiani sui Denti del Pasubio.

Trentino, 11 ottobre 2008

Trento - Costruire Autonomia, 3^ giornata

Comunità autonome e patti territoriali

Territorio / Autogestione / Comunità / Autogoverno


Domenica 19 ottobre 2008
Centro sociale Bruno, via Dogana n.1

Attenzione: il dibattito del pomeriggio con Aldo Bonomi, Beppe Caccia e Walter Nicoletti è stato annullato per impegni di uno dei relatori. Verrà riproposto in data da destinarsi.

Ore 11.00

Tavola Rotonda
PATTI TERRITORIALI
Nuove reti per la costruzione di lotte comuni

  • Comitato No Base di Mattarello
  • Movimento contro i nuovi impianti di Folgaria
  • Comitato Beni Comuni Alto Vicentino
  • Comitati del Bellunese

con l’intervento di altri comitati territoriali

ore 20.30

Riflessione
COMUNITÀ AUTONOME
Partecipazione e lotte popolari

  • Comitato di Chiaiano, Napoli
  • Presidio Permanente No dal Molin, Vicenza

Pranzo e cena a buffet a cura di "Osteria sociale da Bruno"
Coffee break a cura della "caffetteria Ya Basta"


Vai allo speciale "Costruire Autonomia" con il programma delle 3 giornate

11.10.08

Predazzo. Pista da sci «Torre di Pisa»: si può fare

La Regola Feudale ha dato il suo secondo assenso alla società Latemar 2200. I lavori inizieranno a metà luglio. Bruno Bosin critico: «Non serve. Esiste già un tracciato difficile»

Pur con qualche distinguo e con una articolata serie di prescrizioni, il consiglio di amministrazione della Regola Feudale di Predazzo ha deciso, mercoledì scorso, di autorizzare la società di impianti Latemar 2200 a realizzare la nuova pista «Torre di Pisa», che è in programma, nel prossimo anno, sul monte Feudo e che andrà ad occupare una vasta area montana di proprietà della stessa Regola. Un assenso preliminare era già stato espresso dal precedente consiglio nel 2004. Poi la Latemar ha acquisito tutti i pareri dei servizi provinciali per chiedere alla fine la definitiva autorizzazione dell'ente proprietario, il cui consiglio in carica ha effettuato un accurato sopralluogo in zona lo scorso mese di luglio. Già la Provincia (assieme ai Bacini Montani ed alla Tutela del Paesaggio) ha fissato una serie di condizioni: scavi e riparti modellati, rifacimento del manto erboso e rinverdimento della zona interessata, lavori da effettuare non prima del 15 luglio, per non disturbare il gallo forcello, mantenimento in superficie del ruscello che scorre nella zona e che non va intubato, limitazione degli scavi al minimo indispensabile, ripristino degli argini del torrente, con il mantenimento del suo aspetto naturalistico. Il consiglio ci ha aggiunto del suo: diniego assoluto alla posa di paravalanghe (in caso contrario, l'autorizzazione potrebbe essere revocata), la garanzia che la teleferica che serve il rifugio Torre di Pisa possa continuare a funzionare, il ripristino delle strade di montagna interessate, secondo le prescrizioni del custode forestale, la garanzia che saranno rifusi eventuali danni al territorio per possibili smottamenti, la sistemazione, a fine lavori, delle strade danneggiate, il taglio, l'allestimento ed il trasporto alla piazza «Col de la Lasta» delle 250 piante che dovranno essere eliminate, la messa a dimora di 5.000 nuove piantine, il ripristino del manto erboso. Per quanto riguarda l'affitto, è stato stabilito nella misura di 0,10 euro a metri quadrato. Complessivamente circa 6.000 euro all'anno, visto che la pista, lunga 1.530 metri, occuperà una superficie di poco meno di sei ettari. Inoltre, la Latemar dovrà versare 1.500 euro per la servità relativa all'impianto di innevamento e 15.000 euro una tantum per i danni inevitabilmente provocati dal cantiere. Le condizioni saranno discusse insieme alla società e quindi torneranno in consiglio per l'approvazione definitiva. Perplesso Bruno Bosin, il quale la ha giudicata «una pista che non serve. Già» ha commentato «esiste una pista difficile. Ora se ne fa un'altra altrettanto impegnativa, fine a se stessa, forse solo con finalità di carattere agonistico». Dichiarandosi inoltre sconcertato per come viene gestita (ma la Latemar nel caso specifico non c'entra nulla ndr) la zona ricettiva di Gardonè, «con palme» ha sottolineato «che fanno venire l'orticaria, anacronistiche e fuori posto. E' inutile parlare di tutela della montagna e poi effettuare questi tipi di scelte. Oltre tutto da parte di persone dell'Alto Adige, che nella loro terra si comportano in maniera del tutto diversa». La delibera è stata comunque alla fine approvata all'unanimità.

L'Adige, 10/10/2008

Panarotta spa vuole denaro dai comuni

Per riaprire gli impianti servono 450 mila €, ma i sindaci rispondono picche al presidente
Saranno i Comuni a consentire la riapertura degli impianti per la stagione invernale in Panarotta? Detengono il 95% del capitale societario e durante l'assemblea annuale del 24 ottobre 2007 avevano approvato un aumento fino a 6 milioni di euro, ma da allora ad oggi non hanno versato un centesimo. Dal canto suo, il presidente Maurizio Fontanari fa sapere che serve assolutamente denaro fresco, che il fabbisogno per coprire la stagione 2008-2009 si aggira sui 450.000 euro. Provvederanno i Comuni a coprirlo per intero? Entreranno in società nuovi privati, verseranno parte del fabbisogno quelli che già oggi vi si trovano? Ai soci ha inviato una lettera in cui li informa che il cda di Nuova Panarotta spa del 29 settembre scorso ha deciso di chiedere loro le sottoscrizioni decise un anno fa. I sindaci soci hanno fatto il punto mercoledì pomeriggio, ne mancavano pochi. Si dicono perplessi, alcuni puntano i piedi, versare altro denaro non sarà per loro agevole. «E in quale forma lo potremo fare - si chiede Marco Osler , il sindaco facente funzione a Pergine, il maggiore azionista - se si pensa ad un contributo straordinario ce lo vieta la legge. Se si pensa all'aumento del capitale sociale è da verificare la nostra capacità di indebitamento sul bilancio comunale e dovremo confrontarci al nostro interno». La cifra sul tavolo all'incontro è di 200.000 euro, 150.000 eventualmente a carico dei Comuni e 50.000 da ricercare tra privati. «Se c'è un privato che vuole gestire la società si faccia avanti, noi siamo ben favorevoli», dice Osler, a sorpresa. Da anni nessun Comune si esprime in tali termini. Antonio Valentini , sindaco di Tenna ed espressione dei piccoli Comuni in Nuova Panarotta spa, dice: «Noi per salvare la stagione 2008-2009 potremmo esserci ancora, vista la ricaduta che la Panarotta ha sull'economia della vallata, però deve esserci un nuovo investimento anche da parte privata». Il suo non è un «sine qua non» esplicito, ma comunque chiaro. Della medesima opinione è Carlo Stefenelli , sindaco a Levico e assai attivo in questi giorni circa la mancanza di liquidità della spa guidata da Fontanari. «È impensabile che il nuovo sostegno finanziario alla società sia tutto in capo all'ente pubblico, mentre in altre realtà del Trentino, vedi gli impianti in Paganella, c'è la forte presenza del capitale privato. Il vantaggio di avere in casa la stazione sciistica va ad albergatori, commercianti e indotto, bisogna dunque che nasca una sinergia reale tra noi e loro, non solo a parole. A tutti sta a cuore il salvataggio della Panarotta e c'è il nuovo impianto a fune in ballo, ma noi siamo amministratori di patrimonio pubblico e non possiamo gettare i soldi alle ortiche».

«Non chiediamo soldi per coprire il buco»
Maurizio Fontanari è presidente di Nuova Panarotta spa. In quale situazione si trova la società? «Siccome chiude da due anni con un deficit stagionale di 450 mila euro e penso che anche nella prossima si rimarrà su questo sbilancio, ci servono almeno 450.000 euro per iniziare. La società non può indebitarsi più se non ha un piano di rientro dalle esposizioni, stante anche il fatto che non ci possiamo affidare agli incassi presunti sulla stagione 2008-2009. Per tale motivo chiedo ai soci di conoscere quando pensano di aderire all'aumento del capitale sociale che essi stessi hanno approvato nell'assemblea del 2007 e con quali somme». Qualcuno di loro ha aderito, fino ad oggi? «Nessuno, pur detenendo il 95% del capitale sociale» E tra i privati? «Ci sono dei contatti, ma penso ad interlocutori come Levico Terme spa, ai privati che hanno investito a Vetriolo, ad aziende che vivono di turismo e del suo indotto nella zona dei laghi». E se il denaro fresco non arriva, che pensa di fare? «Convocherò l'assemblea straordinaria dei soci, anticipando che non intendo chiudere gli impianti, ma precisando che per aprire la stagione serve una somma che copra i costi previsti per la normale gestione. Non possiamo più chiedere ulteriori fidi bancari senza un piano di rientro a garanzia. Il nostro è un problema di cash flow, in quanto il patrimonio della società è consistente e sufficiente, non abbiamo ipoteche, ma non vorrei ridurlo». Perchè la spa accumula deficit ogni anno? «La nostra società, partecipata a stragrande maggioranza del capitale dai comuni della zona, è stata concepita come struttura sportiva a favore delle comunità locali ed è strutturalmente in perdita fino a quando non si arriverà al fatidico rilancio mediante l'impianto funiviario Levico-Vetriolo-Panarotta. È per tale motivo che teniamo in vita la società. Finite le risorse, il cda s'è rivolto ai soci per chiedere un adeguamento delle risorse finanziarie per continuare l'attvità. Preciso che non si tratta di trovare denaro per coprire le perdite, ma di sottoscrivere quote di capitale».

L'Adige, 10/10/2008

9.10.08

Rovereto. Adesso la zona industriale fa più paura

Dubbi all'incontro di martedì: "vogliamo i dati su polveri e tumori nella zona sud della città"

«Ovviamente la salute dei cittadini roveretani ci sta a cuore e ci adopereremo al meglio per tutelarla. Appena entrerò nel pieno delle mie funzioni chiederò con chi di dovere l'attivazione di tutti gli strumenti di controllo e di monitoraggio della qualità dell'aria nella nostra città». Il neoassessore a vivibilità, arredo urbano, verde e piano della mobilità Roberto Zuccatti non si sottrae al proprio ruolo, pur chiarendo che «l'unica parte che ci competeva in via istituzionale sulla richiesta presentata dalla Sandoz è stata compiuta con la delibera del Consiglio comunale del 27 maggio scorso ma nel proseguo del procedimento sarà possibile acquisire tutti i dati tecnici che consentiranno di avere piena consapevolezza di quello che viene proposto». Il giorno dopo l'affollata assemblea pubblica informativa sul bruciatore della Sandoz la questione legata ai livelli d'inquinamento dell'aria e delle emissioni nell'aria delle attività operanti in zona industriale resta su livelli di attenzione molto elevati. A Lizzana la cittadinanza vive quotidianamente a contatto con le problematiche che Marco Dallabernardina e Claudio D'Ingiullo tra gli altri hanno pubblicamente evidenziato l'altra sera: la presenza dei due inceneritori della Marangoni a due passi dalle case del paese rappresenta una fonte di grande preoccupazione: «i dati forniti dall'Agenzia provinciale per la protezione dell'ambiente risalgono al 2001 e gli ultimi monitoraggi svolti qui sulla qualità dell'aria sono di 4-5 anni fa». Dal pubblico si è levata forte una frase a più voci: «È assurdo pensare che con l'elevata concentrazione di fabbriche in una valle così stretta e scarsamente ventilata come la nostra non ci sia un costante controllo dei livelli d'inquinamento dell'aria che respiriamo continuamente». Oggetto di molte critiche l'operato dell'Appa ed anche l'intervento, molto applaudito, del professor Guido Perin, roveretano doc, ancora in attività all'età di 70 anni, direttore del Dipartimento di scienze ambientali all'Università Ca' Foscari di Venezia: «Negli anni '90 facevo parte del gruppo che ha effettuato un monitoraggio dell'emissione delle polveri a Rovereto, che poi non è più andato avanti per motivazioni politiche. La Sandoz ha chiesto alla nostra università un parere dal punto di vista tossicologico e posso affermare che qui non c'è il pericolo di emissione di diossine, che hanno bisogno del cloro per formarsi. Ho sentito che gli ultimi dati sulla qualità dell'aria risalgono al 2001? Ai colleghi dell'Appa, che so essere molto impegnati, chiedo perché non sono più stati fatti questi monitoraggi? Quello che mi sento di suggerire alle Circoscrizioni è di chiedere con forza un nuovo monitoraggio della zona industriale, facciamone uno seriamente, come quello ai tempi dell'Archifar sulle emissioni di rumore, che hanno provocato disturbi e malattie psicosomatiche. Personalmente ho lavorato molto sulla zona industriale, con particolare riguardo ad un'azienda che produceva resine e poi abbiamo scoperto tutto quello che c'era nel sottosuolo di quella fabbrica!». Paolo Miorelli, consigliere circoscrizionale già presidente della Commissione ambiente, ha ricordato che «facevo parte della Circoscrizione quando il professor Perin ci aveva detto di chiedere al Comune la realizzazione di una "barriera verde" per proteggere le nostre case dalle emissioni e dalla vicinanza delle fabbriche; sono passati 35 anni e stiamo ancora aspettando. Quando escono certi fumi l'unica soluzione che abbiamo è chiudere tutto e scappare in montagna». I presidenti delle Circoscrizioni organizzatrici dell'incontro Maurizio Migliarini (Lizzana - Mori ferrovia) ed Alberto Galli (Rovereto sud) non intendono fermasi qui: «Quello di prenderci cura della salute dei cittadini è un compito che spetta all'Amministrazione pubblica, questo per noi era solo il primo momento di approfondimento; la massiccia partecipazione che abbiamo riscontrato rappresenta un ulteriore fattore che c'induce ad andare avanti perché è un nostro diritto sapere quando vengono effettuati i controlli e chiedere che il monitoraggio sia costante perché da nessun'altra parte del Trentino esiste una concentrazione di attività produttive e di lavorazioni con emissioni e produzione di rifiuti pericolosi come nella zona industriale di Rovereto.Tutta la città è coinvolta».

L'Adige, 09/10/2008

Sandoz: chi controlla il bruciatore?

Affollato incontro pubblico ieri sera a Lizzana: gli abitanti chiedono dati certi

Non c'è alcun dubbio. A Lizzana, ma non solo, la preoccupazione per la salute pubblica e per l'inquinamento derivante dalle emissioni delle attività presenti in zona industriale è sempre molto elevata. Dimostrazione ne è la massiccia partecipazione all'incontro pubblico di ieri sera, organizzato dalla Circoscrizioni «Lizzana-Mori ferrovia» e «Rovereto sud» per avere maggiori informazioni sul bruciatore della Sandoz. Presenti i vertici della Sandoz (l'amministratore delegato Helmut Wagner ed il direttore Agostino Peroni), i tecnici dell'Agenzia provinciale per la protezione dell'ambiente (Appa) e l'esperto «super partes» contattato dalle Circoscrizioni, il professore universitario Erasmo Venosi, che è anche vicepresidente della Commissione ministeriale per il rilascio dell'autorizzazione integrata ambientale. Insieme a loro i presidenti delle circoscrizioni «Centro» (Massimo Zenatti) e «Sacco-San Giorgio (Leone Manfredi), consiglieri circoscrizionali, lo staff dei Verdi in forza (da Marco Boato a Pozzer, Finocchiaro e Donata Loss), anche l'assessore comunale alle finanze Paolo Farinati, che ha assistito alla serata. Il progetto presentato dalla Sandoz di bruciare anche i reflui dei solventi nel suo bruciatore (che già esiste, anzi sono due perché uno si attiva quando l'altro non va) non presenta anomalie. Lo hanno «certificato» i tecnici dell'Appa. È toccato all'ingegner Giancarlo Anderle illustrarne i contenuti, precisando che «con la delibera del 5 settembre scorso si è esaurita la prima delle tre procedure autorizzatorie, nella quale è stato interpellato il Comune, nelle successive potranno intervenire anche le altre istituzioni». L'ingegner Peroni, direttore della Sandoz, ha illustrato nei dettagli il progetto di cocombustione, ricordando come l'azienda acquisti da Trentino Servizi vapore da cogenerazione e che i processi produttivi prevedono l'uso di solventi organici non clorurati; parte delle miscele non sono recuperabili e contengono acqua e solventi organici non clorurati, che vengono trattati (circa 2000 tonnellate all'anno, ndr) nel bruciatore». Molto atteso l'intervento del professor Venosi, che dopo essersi scusato per aver dimenticato le «slides» da proiettare in treno, nel suo intervento (spesso molto, forse troppo, tecnico) ha spiegato i vari passaggi autorizzatori provisti dalle normative, precisando che «il sindaco più chiedere ulteriori tutele rispetto a quanto stabilito dalla Valutazione d'impatto ambientale (Via, ndr). L'assenza di cloro e di precursori nei reflui esclude l'emissione di diossine». Interessanti gli interventi in sala. Per Paolo Michelotto («PartecipAzione Cittadini») «la Sandoz ha stabilimenti in Austria ed in molti altri Paesi, chi ci garantisce che non arrivino da questi stabilimenti rifiuti che verranno smaltiti a Rovereto? Nella storia dell'azienda ci sono episodi poco piavevoli; nel 1986 in Sviezza ha causato un disastro ambientale di vaste proporzioni. Se domani lei, ingegner Peroni, decidesse di far arrivare un camion di reflui dall'Austria chi potrebbe contrallarla? L'Appa o un carabiniere fuori dallo stabilimento?». «Siamo persone serie, sono in Sandoz da 31 anni, sia un'azienda eticamente coretta, vi potete fidare», questa la replica. Marco Dellabernardina, vicepresidente della Circoscrzione di Lizzana, ha attaccato l'Appa: «Sono felice che ci dicano che non c'è da preoccuparci per il bruciatore della Sandoz ma mi chiedo: perché prima di esprimere il parere favorevole in Consiglio comunale, l'Amministrazione non ha informato la popolazione di Lizzana e neppure la Circoscrizione? Ai tecnici dell'Appa chiedo perché i dati sull'inquinamento della Marangoni che ci hanno inviato risalgono al 2001? Perché non c'è un monitoraggio della nostra zona industriale? Lo stiamo chiedendo da anni, quello che si chiede è una tutela della popolazione di Lizzana; non abbiano niente contro la Sandoz ma qualcuno dovrebbe spiegarci perché, quando piove, nell'acqua piovana c'è tantissima fuliggine?». Claudio D'Ingiullo ha ricordato che «25 anni fa l'allora sindaco Michelini premiò la Filtrati perché aveva piantato dieci alberi. Io critico la Provincia perché fa passare le decisioni sempre sopra la nostra testa. Abbiamo avuto tre incendi della Marangoni senza che si muova nulla, cosa si aspetta? Abito qui da 28 anni ed i problemi sono sempre gli stessi. Quando avremo delle risposte ai nostri timori?».

L'Adige, 08/10/2008

7.10.08

Collegamento San Martino-Rolle: ecco due milioni di €

Primiero. Dalla giunta provinciale ai comuni per allargare la partecipazione in SIATI

Nel lungo elenco di cifre, spesso robuste, dei finanziamenti concessi ai comuni sul Fondo per lo sviluppo locale, nell'ultima seduta della giunta provinciale, una riguarda il Primiero: due milioni di euro che verranno erogati ai municipi della valle per aumentare le quote di partecipazione nella SIATI. È, in buona sostanza, un altro passo avanti finanziario per arrivare alla realizzazione dell'ormai famosissimo collegamento San Martino di Castrozza - passo Rolle. La ripartizione delle quote del finanziamento provinciale è direttamente proporzionale all'interesse che i comuni del Primiero hanno nel potenziamento delle aree sciabili. In buona sostanza la somma concessa dalla giunta provinciale cresce con la vicinanza geografica a San Martino di Castrozza. I comuni di Fiera di Primiero, Siror, Tonadico e Transacqua ricevono, per metterli in SIATI, 390 mila euro ciascuno; il comuni di Imer 220 mila; quello di Mezzano 200 mila euro; Sagron Mis 20 mila. Insomma, è un cerchio che si allarga e va dalle località più influenzate dall'economia dello sci a quelle meno «toccate». Nella delibera che apre la strada a questo corposo finanziamento si ricorda che il collegamento è stato approvato, il 10 settembre scorso, dalla Commissione tecnica per il turismo. Quindi, la giunta provinciale su questo progetto va avanti, come si dice, senza indugio alcuno. Il nuovo collegamento funiviario viene considerato dalla giunta Dellai descisivo. Testualmente nella delibera si afferma che è «di «fondamentale importanza la messa in rete delle aree sciabili di San Martino di Castrozza e di Passo Rolle per le quali si assiste ad una mobilità di interscambio esclusivamente stradale che limita fortemente il potenziale delle aree sciabili complessivamente considerate».

L'Adige, 07/10/2008

4.10.08

Trento – Manifestazione contro la costruzione della base militare

Sabato 4 ottobre manifestazione
ore 14.30 in Piazza Dante, davanti la stazione FS

A Mattarello, sobborgo sud di Trento, continuano giorno e notte i lavori di assestamento del terreno sul quale è prevista la realizzazione delle nuove caserme.
Un progetto contestato dalla popolazione del sobborgo e da molte persone che vedono la costruzione di un nuovo polo militare, sottoposto a segreto militare, come un avamposto della guerra globale.

In giugno, pochi giorni dopo l'allestimento da parte dei manifestanti di un presidio permanente con conseguente blocco dei primi lavori accessori, la Provincia di Trento ha voluto far capire, attraverso l’uso della polizia e lo sgombero forzato del presidio, che la base militare deve essere realizzata ad ogni costo e senza intoppi.
Risulterebbe difficile, di fronte all’opinione pubblica, giustificare il costo dell’opera interamente pagato dai cittadini e le decisioni calate dall’alto senza una reale partecipazione alle scelte del proprio territorio, come viene evidenziato nel contro-pieghevole distribuito in tutto il Trentino dal comitato contro la base.

L’appello del movimento contro la base militare è rivolto a tutti coloro che credono ancora in un futuro senza basi di guerra e vogliono difendere la propria terra dalla devastazione ambientale:

Se non vogliamo che la terra in cui viviamo diventi parte di un ingranaggio di guerra accettando passivamente la costruzione di un nuovo polo militare a Mattarello, capace di ospitare 1600 soldati di professione.
Se non vogliamo che il silenzio di oggi possa essere complice un domani del dolore, della morte e della devastazione provocati alle popolazioni colpite dagli eventi bellici.
Se non vogliamo che la Valle dell’Adige perda in questo modo altri 30 ettari di terreno fertile e venga ulteriormente cementificata.
Se non vogliamo che gli interessi politici e speculativi abbiano sempre il sopravvento sui reali bisogni della gente, sostituendo con basi militari le aree da sempre destinate all’agricoltura, provocando inquinamento e sperpero di denaro pubblico, con conseguenti tagli ai servizi sociali.

Siamo ancora in tempo, uniamoci e manifestiamo insieme!

2.10.08

Continua il dibattito sulla "cupola" nell'industria trentina dello sci

Nel dibattito sulla corruzione nel mondo trentino dello sci si inserisce anche Paolo Mayr, presidente della sezione trentina di Italia Nostra. Pubblichiamo di seguito il suo intervento:

L’industria dello sci: luci ed ombre

Riteniamo utile e necessario aggiungere alcune considerazioni al polemico dibattito, apparso nella stampa locale, sugli impianti sciistici, tra l’ambientalista Luigi Casanova (vicepresidente di CIPRA) ed il presidente della Sezione impianti a fune di Confindustria Trentina, Alberto Pedrolli.
Casanova accusava legami non chiari e situazioni di favoreggiamento tra l’industria dello sci e gli apparati tecnici, amministrativi e politici della Provincia: autorizzazioni più politiche che tecniche, basate su istruttorie parziali; contribuzioni molto più elevate di quelle consentite dalle normative europee; azioni di soccorso disperato di società in stato fallimentare, senza più sicurezza sugli esiti futuri; impianti e piste furbescamente definiti come soluzioni di trasporto pubblico; sostanziale delega della gestione delle montagne trentine alle società sciistiche.
Infine auspicava l’intervento della Corte dei Conti e della Magistratura per chiarire questa situazione.
Alberto Pedrolli rispondeva seccato alle accuse di Casanova, rivendicando il fatto che negli ultimi 28 anni si è attuata una contrazione degli impianti da 340 a 240; che i contributi sono stati in linea con i limiti fissati a livello europeo (dal 7,5 al 15%) e che semmai altri capitali elargiti erano per coprire le spese e gli aumenti di capitale, relativi alla quota azionaria della Trentino Sviluppo S.p.A.; che l’indotto del sistema degli impianti a fune è enorme (600%) e che infine i gestori delle aree sciabili sono i primi soggetti interessati alla tutela dell’ambiente.
Di fronte a questo accorato sfogo del dott. Pedrolli, riteniamo necessario precisare: nessuno nega, nemmeno le associazioni ambientaliste, la grande importanza economica e sociale legata all’industria sciistica e parimenti il grande indotto economico da questa generato, con le seguenti opportune precisazioni.
Prima di tutto la questione del numero degli impianti: non significa nulla il numero di questi, ma la loro portata oraria; in 28 anni siamo passati da obsolete sciovie, bidonvie, seggiovie monoposto, a seggiovie a 4 ÷ 6 posti e cabinovie ad agganciamento automatico, ad altissima portata, generalmente di 2400 persone all’ora.
Quindi le portate orarie dei sistemi di impianti sono notevolmente aumentate.
Ciò ha comportato la necessità di allargare in modo consistente le piste, per ottenere una densità accettabile di sciatori.
Poi c’è il caos dei finanziamenti, che seguono almeno tre canali, di difficile controllo complessivo.
Le associazioni ambientaliste trentine hanno faticosamente tentato di ricostruire lo scenario dei contributi pubblici nel caso degli impianti di Folgaria, inviando le risultanze alla Corte dei Conti per un doveroso ed auspicabile approfondimento.
In questo caso, la contribuzione, accettata dagli impiantisti e consentita dalle strutture provinciali, si è rivelata superiore ai limiti fissati dalla normativa vigente.
Quindi ci troviamo di fronte ad un sistema furbesco per capitalizzare il maggior importo possibile di denaro pubblico senza la dovuta trasparenza, raggiungendo il massimo della spudoratezza quando, per ottenere contributi più elevati, si definiscono sistemi di piste e impianti, sistemi di mobilità alternativa.
In riferimento poi alla patente di difensori dell’ambiente professata dal portavoce degli impiantisti, ci permettiamo di nutrire seri dubbi, in quanto ogni impianto, anche il più ben fatto, comporta un inevitabile impatto sul paesaggio, sulla fauna e sulla flora e l’allargamento e la livellazione delle piste implica la banalizzazione dell’ambiente.
Negativi risultano infine sia l’impatto acustico provocato dalla musica sparata dagli altoparlanti montati sui tralicci, sia la frequente presenza di “gazebo” ed altre strutture commerciali.

Per la Sezione Trentina di Italia Nostra
Il presidente Paolo Mayr

1.10.08

Ambiente e devastazione: la prima giornata di Costruire Autonomia

La prima giornata di "Costruire Autonomia" - l’iniziativa del Centro sociale Bruno che ha preso il via domenica 28 settembre e che proseguirà domenica 5 ottobre e domenica 19 ottobre - mette al centro la questione ambientale. La tavola rotonda della mattina affronta il tema dell’inceneritore e cerca di rispondere ad una domanda: e se tutto il Trentino differenziasse l’85%?
La risposta - data da tutti i partecipanti, affrontata con profondità e in modo molto diffuso - è stata comunque chiara: una raccolta spinta e prossima all’80% rende superfluo l’inceneritore nella nostra provincia.
Simonetta Gabrielli, di Nimby, dice subito che "non avere l’inceneritore a Trento significa avere ancora una risorsa", dimostrando che quest’opera è "inutile oltreché dannosa", spiegando che "la raccolta differenziata è una scelta amministrativa", e a riprova di questo riporta le parole del governatore Dellai che nell’incontro di qualche giorno fa con l’Assemblea degli artigiani ha affermato che "ci concede" un 60% di differenziata, il resto si brucia!
Giulia Marchi, del Comitato "beni comuni" di Schio, dove l’inceneritore è già stato costruito nel 1978, ricorda come l’amministrazione promuoveva il nuovo impianto descrivendolo come "una risorsa per il territorio". "Anche noi facciamo la raccolta differenziata - afferma Giulia Marchi - ma delle 192 tonnellate di rifiuti inceneriti a Schio, la metà arriva da zone extra territoriali, da realtà limitrofe che non fanno parte del consorzio di raccolta, del bacino per cui l’inceneritore è stato costruito". "Ora si vuole raddoppiare la linea di incenerimento - continua Giulia - aumentando del 16% l’incenerimento di rifiuti".
Lorenzo Lorenzoni - assessore all’ambiente a Lavis e medico di base - si sofferma invece sulla nocività di un impianto che produce inquinamento, spiegando che le rassicurazione della costruzione di nuovi impianti più sicuri sono del tutto false perché "si scontrano con la legge della conservazione che per la fisica è ancora attuale: nulla si crea e nulla si distrugge, ma tutto si trasforma. E l’inceneritore - avverte Lorenzoni- qualsiasi sia la tecnologia, trasforma i rifiuti in polveri e gas nocivi".
La discussione è proseguita con interventi dal pubblico e con l’impegno di continuare l’opposizione alla costruzione di un’opera che abbiamo capito essere "inutile oltreché dannosa".
  • Il primo intervento di Lorenzo Lorenzoni, assessore all’ambiente di Lavis. [audio] (8’:58")
  • Il primo intervento di Simonetta Gabrielli, Nimby Trentino. [audio] (7’:59")
  • Il primo intervento di Giulia Marchi, Comitato "beni comuni" di Schio. [audio] (8’:44")
  • Il secondo intervento di Lorenzo Lorenzoni. [audio] (13’:18")
  • Il secondo intervento di Simonetta Gabrielli. [audio] (8’:46")
  • Il secondo intervento di Giulia Marchi. [audio] (8’:16")
  • Un terzo commento da parte di Lorenzo Lorenzoni. [audio] (6’:39")
  • Un intervento dal pubblico sul tema dell’inceneritore a Schio. [audio] (13’:47")
  • Le conclusioni di Lorenzo Lorenzoni e di Giulia Marchi. [audio] (9’:30")

Approfondimenti:
  • Intervista a Lorenzo Lorenzoni, assessore all’ambiente di Lavis. [audio] (4’:09")
  • Intervista a Simonetta Gabrielli, Nimby Trentino. [audio] (8’:53")

__________________________________________________________________

Il dibattito del pomeriggio si intitola "Da lunapark a laboratorio", è moderato da Walter Nicoletti e affronta il tema del sistema alpino e del suo sviluppo. Un dibattito che per il tema trattato, più degli altri, deve per forza affrontare la questione politica, le scelte amministrative che negli anni hanno determinato la realtà alpina che viviamo oggi.

Nicoletti introduce il dibattito partendo dal titolo dell’intera iniziativa promossa dal Centro sociale Bruno, "Costruire Autonomia", per spiegare il senso di una parola che oltre alla definizione burocratica della nostra provincia significa autogestione, autogoverno e partecipazione, ma ancora di più Nicoletti pone l’attenzione sul verbo "costruire" che in questo dibattito vuol dire immaginare un futuro diverso del sistema alpino, andando a descrivere le esperienze virtuose e sostenibili per farle diventare paradigma.
Salvatore Ferrari - esponente di Italia Nostra - parla delle Alpi e della difesa dell’identità culturale. "C’è il rischio - afferma Ferrari - di perdere l’originalità dei luoghi alpini, di trascurare le differenze che determinano le specificità". La riflessione si snoda, partendo da queste considerazioni, sull’aspetto dell’identità delle Alpi, "un’identità frutto a volte di una rappresentazione sbagliata dell’"essere montanari" che trova la risposta politica nella retorica dello sviluppo espansivo come intervento di civilizzazione".
Ma la montagna è ben altro, l’identità è un tema da approfondire per capire quale intervento e che tipo di sviluppo può essere messo in atto: dal prodotto tipico alla frequentazione estensiva e non ridotta al turismo intensivo invernale.
Francesca Manzini - di Officina Ambiente e animatrice dei comitati di Folgaria contro gli impianti sciistici - affronta il tema dell’identità della montagna parlandone in termini di scoperta. "Io imparo a conoscere l’identità del mio altopiano attraverso la battaglia che con altri sto conducendo contro la costruzione di impianti di risalita", sostiene Francesca, spiegando che attraverso l’impegno nei comitati ha incontrato un modo di vivere la montagna che non è quella imposta dalle scelte politico-amministrative. "Si scopre che l’Altopiano di Folgaria è altro rispetto ai pochi mesi sciabili - afferma l’attivista folgaretana - e che un nuovo sviluppo non significa affatto un arretramento economico o un ritorno al passato, ma un aumento della proposta e della qualità".
Per Luigi Casanova queste Alpi sono "un laboratorio di bio-diversità, culturale e sociale, un modello che propone una ricchezza importante che potenzialmente potrebbe essere un esempio per tutta l’Europa". Casanova lamenta l’inadeguatezza della politica istituzionale nell’affrontare le potenzialità di un sistema, quello alpino, che potrebbe essere gestito in modo totalmente diverso. "La provincia di Trento - sostiene Casanova - è indietro rispetto a tutte le altre realtà alpine, sia sul piano energetico che su quello della mobilità, sia a proposito della gestione dei rifiuti che sulla tutela delle risorse idriche e dell’agricoltura di montagna". Recuperare l’identità alpina - per Casanova - vuol dire recuperare la socialità e la cultura.
Dopo un primo giro di interventi degli ospiti, per mettere in atto un vero dibattito con il pubblico, il microfono è passato alla platea che ha integrato la discussione con molti spunti interessanti.
Adriano Rizzoli di Nimby Trentino ha accusato il sistema di potere Trentino, mettendo in dubbio la parola autonomia come esempio di democrazia, mentre Stefano Bleggi del Centro sociale Bruno ha cercato di spiegare come la parola autonomia debba essere "strappata da chi la usa come sistema di potere, per riempirla di contenuti come la partecipazione e la capacità di immaginario che riesca a proporre un’alternativa reale a questo sviluppo". Secondo Stefano, "la nostra autonomia deve mettere al centro il bene comune"
Nicoletti propone di "superare il dualismo tra società politica e società civile, cercando il destino di questa società in modo complessivo". Ricostruire il destino di un territorio, partendo dagli elementi culturali, significa costruire autonomia, e rispetto alla crisi della globalizzazione va sviluppata una nuova autonomia che sia fatta di comunità.

  • Il primo intervento di Salvatore Ferrari, Italia Nostra. [audio] (15’:25")
  • Il primo intervento di Francesca Manzini, Officina Ambiente. [audio] (14’:55")
  • Il primo intervento di Luigi Casanova, CIPRA. [audio] (17’:35")
  • Un intervento dal pubblico: Adriano Rizzoli. [audio] (3’:20")
  • L’intervento dal pubblico di Stefano Bleggi, Centro sociale Bruno. [audio] (5’:31")
  • Il secondo intervento di Salvatore Ferrari. [audio] (16’:20")
  • Le conclusioni di Luigi Casanova e Francesca Manzini. [audio] (13’:37")

Approfondimenti:

  • Intervista a Walter Nicoletti, giornalista, e a Luigi Casanova, CIPRA. [audio] (6’:14")

__________________________________________________________________

Terzo appuntamento della giornata, moderato anche in questa occasione da Walter Nicoletti, la riflessione serale con Domenico Sartori, giornalista, Fabio Giacomoni, Storico, e Michele Dalla Palma, direttore della rivista Trekking. Il tema da sviscerare è quello del territorio, della sua comunità e della sua identità, degli strumenti che si mettono in atto per difenderlo e delle linee che ne tracciano l’immaginario futuro.
Dalla Palma, che si occupa di montagna da sempre, "nato e vissuto in montagna e portatore del DNA dei montanari"- come sottolinea, afferma che "la montagna è la struttura più autonoma che esiste da sempre, che naturalmente sviluppa un genius loci con confini definiti, un sistema che ha dovuto e che deve tuttora conoscersi per relazionarsi con l’esterno".
Secondo Dalla Palma "la montagna è l’unico legame che l’uomo ha con la natura, considerando ormai dimenticato il rapporto tra persona e dimensione rurale o il rapporto con il mare per le popolazioni marittime ormai da tempo perse e soppiantate da una industrializzazione che le ha cancellate culturalmente, resistendo solo nella caricatura turistica priva di anima". In montagna questo rapporto tra dimensione umana e natura non è del tutto perso.
Per questo - afferma Dalla Palma - la montagna, oggi, deve essere tutelata affinché questo enorme patrimonio non sia disperso e sia, un giorno, irrecuperabile. E per difenderla - continua - devono svilupparsi esperienze di autonomia che sappiano governare i propri territori, con la capacità di poter scegliere di imboccare strade diverse, dando la possibilità alle popolazioni montane di riappropriarsi del proprio futuro". "E per questo - continua Dalla Palma - le infinite autonomie dei territori montani dovrebbero sviluppare rete per contare e per confrontarsi".E rispetto alla globalizzazione, Dalla palma vede soltanto "nella costruzione di miriadi di autonomie la capacità di difendersi da essa".
Introducendo lo storico Giacomoni, Nicoletti parla della tradizione degli usi civici e delle carte di regola che hanno caratterizzato il Trentino nel corso dei secoli. Giacomoni, prima di iniziare, si dice "stupito che proprio in un centro sociale si parli di autonomia, considerato che spesso si crede che questo concetto sia di "destra" e comunque conservatore".
Lo storico si sofferma sul concetto di comunità, e soprattutto parla delle piccole comunità "che in modo marcato hanno integrano il concetto di autonomia e che, in Trentino fin dal 1300, erano più di trecento". Queste comunità, nella storia, si sono date delle regole, redigendo le famose Carte di regola che erano costruzioni di piccole autonomie che esercitavano l’autogoverno.
Giacomoni, partendo dalla descrizione degli usi civici e dall’autogoverno delle piccole comunità, arriva a descrivere la costituzione del sistema cooperativo trentino che ha caratterizzato un modo solidale della produzione e della distribuzione. "Il cooperativismo trentino - ci spiega Giacomoni - è dunque la trasformazione di quegli usi civici che hanno radici nella storia di alcuni secoli fa".
Domenico Sartori, che di professione è giornalista e si è occupato di cronaca dalle valli - entra nella descrizione dello stato di salute del Trentino. Afferma subito che "c’è in corso una grande trasformazione: il Trentino ha chiuso un ciclo economico e sociale e sta tentando di ripensarsi". Dall’industrializzazione forzata che doveva dare risposte ad un trentino povero, facendo scempio del territorio e costruendo una teoria di capannoni in ogni valle, si passa ad una erosione dell’economia che oggi entra addirittura in uno strato di crisi.
Domenico Sartori descrive poi il Trentino, il suo territorio e le devastazioni che lo caratterizzano, attraverso delle immagini: dalle torri erette sul passo di valico dello Stelvio, al Bren Center di Trento nord fino alle cave di porfido che erodono le montagne trentine. Anche Sartori affronta il tema degli usi civici, ricordando che arrivano fino a noi e che sono ancora presenti in Trentino, parlando di essi come di "una gestione collettiva e partecipata del territorio è moderna e attuale".
Lo spunto alla riflessione è raccolta da Federico del Centro sociale Bruno. "Lo stupore di cui parla Giacomoni a proposito del tema dell’autonomia trattato in un centro sociale di parlare di Autonomia è lo stesso stupore che colpisce noi sentendoci raccontare del nostro territorio" - afferma Federico, che poi si interroga sul perché "si sono fermate queste pratiche virtuose di autogestione e autogoverno che in Trentino erano un tempo buone pratiche". Federico pone l’accento sull’"autonomia come insieme di territorio, di comunità, di reti e di conflitto, teso a costruire un nuovo modo di praticare l’autonomia".
Domenico Sartori, nelle sue conclusioni, cerca di spiegare dove si è interrotto il filo virtuoso della storia trentina, ponendo l’attenzione sul modello sviluppista cominciato anni fa. Esprime poi la necessità di aprire un nuova fase, chiudere un ciclo per aprirne uno nuovo. Il lato positivo che lui scorge è quello di una nuova, crescente consapevolezza, della crisi del modello trentino e della necessità di cambiare. A questo si unisce un senso di rassegnazione di fronte all’assenza di forze - soprattutto all’interno del mondo giovanili - capaci di immaginare il rinnovamento attraverso percorsi virtuosi di partecipazione.
"Esiste da questo punto di vista una consapevolezza teorica - afferma Sartori - che si scontra con una difficoltà di mettere in pratica una costruzione di un nuovo progetto che parta dal coinvolgimento delle popolazioni".

  • Il primo intervento di Michele Dalla Palma, direttore della rivista Trekking. [audio] (17’:43")
  • Il primo intervento di Fabio Giacomoni, storico. [audio] (19’:40")
  • Il primo intervento di Domenico Sartori, giornalista. [audio] (21’:36")
  • Un intervento dal pubblico: Federico Zappini del Centro sociale Bruno. [audio] (3’:49")
  • Le conclusioni dei partecipanti alla riflessione serale. [audio] (32’:45")

Approfondimenti:
  • Intervista a Domenico Sartori, giornalista, realizzata da Stefano Ischia di Radio Onda d’Urto. [audio] (11’:36")