25.9.09

Inquinamento acustico sulla ferrovia storica in Trentino

LA PROVINCIA DI TRENTO: INQUINAMENTO ACUSTICO DALLA FERROVIA STORICA DEL BRENNERO?

NE COSTRUIAMO UNA NUOVA! FRA 40 ANNI.


Un problema assai delicato con cui devono confrontarsi le ragioni del no alla seconda ferrovia del Brennero è il rumore attuale (e futuro) dei treni merci sulla linea storica. E' un problema, del resto, che i progettisti usano tra gli argomenti per sostenere la necessità di costruire una nuova ferrovia veloce che allontani questo traffico dagli ambiti urbani. Limitiamoci per ora ad un ragionamento sul tracciato in Trentino.

Il problema è fortemente connesso con un'altra questione principale più a monte.

Secondo gli standards internazionali di efficiente gestione di una ferrovia come la linea storica del Brennero questa potrebbe trasportare mediamente 30 (ma in certe condizioni fino a 35) milioni di tonnellate nette con 180 treni merci al giorno (ognuno capace di 550 tonnellate nette di carico) in un anno che contasse circa 350 giorni operativi equivalenti.

Secondo l'informazione che divulga la Provincia di Trento la ferrovia esistente sarebbe invece già satura con 18 milioni di tonnellate nette all'anno.

E' appena il caso di annotare che questo limite dà per scontata una gestione complessivamente non efficiente della linea storica, esercitata con treni merci poco frequenti ovvero con carichi nettamente inferiori a quelli standard (compresi convogli semivuoti che comunque occupano i binari) ovvero per un numero di giorni operativi annuali intorno ai 250 [1]. Chiunque può verificare con poche operazioni matematiche.

Però l'aspetto centrale di questa nota è un altro.

Chi sostiene che l'infrastruttura in progetto non corrisponde agli obiettivi dichiarati e si potrebbe sostituire con immediate politiche di gestione del traffico merci sull'asse del Brennero (fine dei bassissimi pedaggi sulla A22, sfruttamento di tutte le potenzialità di trasporto della ferrovia storica) e sulle altre ferrovie transalpine non può trascurare che il possibile incremento - anche rilevante - dei treni merci sulla ferrovia esistente costituirebbe per molti cittadini un disagio aggiuntivo.

Alle perplessità che sul punto si levano anche da chi non vede favorevolmente la nuova infrastruttura deve essere offerta una risposta articolata.

Per cominciare, bisogna sgombrare il campo da un equivoco diffuso. Tutti i modelli di esercizio formulati dai progettisti fin dal 2002 prevedono esplicitamente che, dopo l'eventuale realizzazione integrale della nuova ferrovia, quella storica continuerebbe a funzionare regolarmente: e per l'esattezza - tralasciando le configurazioni intermedie - con 84 treni merci al giorno a regime, poco più di quelli attuali. Cade quindi l'affermazione propagandistica che la nuova opera toglierebbe il traffico merci dalla ferrovia storica.

Va poi ricordato che la nuova infrastruttura sposterebbe in parte il problema dell'inquinamento acustico verso aree in cui lo stesso progetto: a) dichiara impossibile la mitigazione completa (nei territori comunali di Nave San Rocco, Aldeno, Calliano, Rovereto); b) nei tratti all'aperto (di ben 11 km totali) impone barriere antirumore alte fino a sei metri.

Il ragionamento basilare - e purtroppo scomodo - è che il disagio incrementale di un traffico merci rinforzato sulla linea storica esiste non potrebbe essere confrontato con le devastazioni ambientali, gli impatti dei cantieri per 30-40 anni nella valle dell'Adige, i costi enormi e la sostanziale inutilità finale della nuova opera.

In pratica, tuttavia, la realtà delle opzioni disponibili ci dice che il livello di sacrificio per le aree attraversate dalla ferrovia storica non sarebbe così grave.

Innanzitutto, sistemare efficaci barriere antirumore lungo tutta la linea non vedrebbe né problemi tecnici insormontabili né costi eccessivi. Ma questa tipologia di difesa è vista con sufficienza dalla Provincia di Trento e comunque interviene troppo tardivamente e lentamente.

In secondo luogo, se l'utilizzazione delle vere capacità potenziali della linea esistente fosse affiancata dal contemporaneo allontanamento di una quota importante di traffico merci dalla A22 (come specificato più sotto, con i provvedimenti di regolazione invocati in Italia e in Austria ma purtroppo avversati dal nostro Governo e dalle Province di Bolzano e Trento) la compensazione sarebbe evidente ed immediata, se non altro per l'insieme dei residenti della Valle dell'Adige investiti da inquinamenti molto pericolosi.

In terzo luogo non è affatto scontato che oggi per trasferire merci dalla strada alla rotaia si dovrebbe raggiungere il massimo della capacità teorica di esercizio della ferrovia storica dichiarato dagli standards internazionali, dalle Ferrovie austriache, dal Ministero svizzero dei trasporti, da molti notissimi esperti indipendenti (180 treni merci al giorno per 350 giorni operativi con 30 milioni di tonnellate nette all'anno) [2].

In questo periodo (grosso modo fino al 2012, anno in cui sarebbe pronto il doppio binario nella bassa valle dell'Inn in Austria) la ferrovia del Brennero vede e vedrà un traffico di circa 11 milioni di tonnellate nette all'anno [3], con 80 treni merci al giorno su 130 treni totali.

Dal 2012 in poi i modelli di esercizio studiati dai proponenti prevedono, sempre sulla linea storica, mediamente 244 treni al giorno (92 passeggeri e 152 merci con circa 16 milioni di tonnellate nette all'anno).

Gradualmente si arriverebbe alla configurazione finale con il tunnel di base del Brennero, le tratte di accesso e la linea storica contemporaneamente funzionanti con 400 treni al giorno (di cui 306 merci, 222 sulla linea nuova e 84 su quella storica, per un totale di circa 41 milioni di tonnellate nette all'anno) [4].

Ma nessuno spiega perché dovremmo possedere tutta questa capacità teorica di trasporto su ferrovia né perché dovremmo certamente vedere in futuro riempita tutta la capacità potenziale della A22 (circa 45 milioni di tonnellate nette all'anno e forse più dopo la realizzazione della terza corsia dinamica, con circa 2,7 milioni di autocarri all'anno).

E nessuno ci spiega il fondamento di previsioni di aumento nel medio-lungo termine del traffico sull'asse del Brennero fino a più del doppio di quello attuale, proiettando semplicisticamente trends attuali senza tenere conto di altre variabili. Per un esempio, la Provincia di Trento sta basando le sue previsioni su un aumento di flussi merci dell'80% verso il 2025.

I volumi di traffico merci internazionali totali che attualmente interessano l'asse del Brennero sono già assolutamente troppi (35-37 milioni di tonnellate nette sulla A22 e 11-13 milioni di tonnellate nette sulla ferrovia [5]) per ammetterne ulteriori incrementi senza distruggere definitamente la vivibilità delle valli dell'Adige e dell'Isarco. Al contrario sarebbe necessario intervenire subito per equiparare le tariffe autostradali a quelle di Svizzera ed Austria (oggi il rapporto è circa 1 a 5,3): si ridurrebbe così di circa un terzo il traffico commerciale, allontanando quello deviato che percorre la A22 solo per convenienza economica e non per razionalità di viaggio [6]. E sarebbe necessario mettere immediatamente in campo altre politiche adeguate per spingere gli autocarri pesanti verso la ferrovia attuale (circa un 30%) invece di fare esattamente il contrario [7].

Soluzioni come queste amplierebbero la capacità di trasporto merci della linea storica - senza aumentare significativamente l'inquinamento acustico - persino per far fronte ad incrementi di traffico autostradale merci che per debolezza o per calcolo non si potessero o non si volessero controllare.

Torniamo allora alla questione dell'inquinamento acustico in Trentino proveniente dalla ferrovia storica del Brennero.

Anche accettando gli standards di esercizio scadenti che Trenitalia pretende di imporre al paese come vincolo insuperabile, la manovra che ipotizziamo comporterebbe all'incirca il raddoppio dei treni merci attualmente viaggianti sulla linea storica, per assorbire il traffico che dovrebbe lasciare la A22 [8].

Certo, non è poco.

Ma da una parte - come già scritto - sta la necessità di confrontare gli impatti di questa ipotesi con quelli della nuova linea in progetto.

Dall'altra gli impatti di questa ipotesi potrebbero essere mitigati in modo molto rilevante se i ritardi, le inefficienze, le posizioni di potere consolidato e l'indifferenza verso le alternative non costituissero la base politica per puntare ad ogni costo verso altre infrastrutture.

Aumentare l'efficienza di gestione della linea significherebbe, per esempio, diminuire la quantità di convogli (a parità di volumi di traffico) oppure aumentare seriamente la capacità di trasporto. Circa 160 treni merci al giorno, esercitati diversamente dalle modalità odierne, porterebbero quasi il triplo delle merci attuali sulla ferrovia storica dell'asse del Brennero: un quantitativo persino difficile da prevedere nelle condizioni di oggi e comunque costituente salda prova del fatto che questa linea non è e non sarà affatto satura.

L'inquinamento acustico da ferrovia si combatte all'origine con politiche mirate di medio e lungo periodo che questo paese trascura. Da 60 anni in Italia non si investe su materiale rotabile moderno, i locomotori continuano ad essere quelli vecchi rumorosi raffreddati ad aria, molti dei carri merci attuali (logorati da decenni di esercizio) non reggerebbero lo stress delle velocità che le nuove infrastrutture promettono. Una ripresa dell'impegno in questo campo assicurerebbe convogli assai più silenziosi e molta più occupazione di quanta ne darebbe la costruzione delle nuove linee così poco utili se non per chi le concepisce e chi le costruisce.


Bolzano, Trento, 24.9.2009


Claudio Campedelli

Gianfranco Poliandri



[1] Ciò ovviamente non significa che corrono convogli merci solo per 250 giorni; significa che viene spalmato su tutto l'arco dell'anno il volume di traffico di 250 giorni.


[2] E' eccessivo e sviante il numero di circa 300 treni al giorno che secondo politici e tecnici della Provincia di Trento bisognerebbe avviare sulla linea storica nei prossimi decenni senza la costruzione della nuova ferrovia. Questo numero, tra l'altro, non dà nessun conto sui criteri di gestione della capacità utilizzata, comprende anche i locomotori che si muovono senza convogli, non fa distinzione tra treni merci e treni passeggeri (questi ultimi previsti nella sproporzionata quantità di 92 al giorno in tutto il periodo considerato, addirittura più di 5 all'ora tenendo come periodo utile giornaliero quello tra le 6 e le 24).


[3] Cfr. per un chiarimento nota 5.


[4] I dati valgono per la modalità di esercizio su 250 giorni operativi all'anno e un carico utile netto per treno di 550 tonnellate, largamente inefficiente come già visto.


[5] L'oscillazione interna ai due gruppi di cifre dipende dal fatto che i dati di ALPINFO 2008, ripresi anche dalla Provincia di Trento, indicano su strada 35 milioni di tonnellate e sulla ferrovia 13,3 milioni di tonnellate, ma si riferiscono alle rilevazioni a Brennersee, in Austria a 300 mt. dal valico del Brennero. Da qui molti autocarri RO-LA (autostrada viaggiante) lasciano la ferrovia e percorrono la rampa Sud della A22 sia per approfittare dei bassi costi sia per mancanza di strutture adeguate di scambio in Italia. Ciò spiega perché i dati di varie fonti sul traffico sulla rampa Sud presentano normalmente un incremento delle merci su strada e un decremento delle merci su ferrovia (per esempio, 11 milioni di tonnellate nette nel periodo attuale).


[6] Cfr. Amt für Gesamtverkehrsplanung, Verkehrbericht 2005, Land Tirol.


[7] E' ben noto che l'Italia non adotta controlli efficaci sul rispetto degli obblighi dell'autotrasporto, rifiuta il divieto di traffico notturno, ostacola i provvedimenti austriaci sui divieti settoriali di trasporto su strada (merci pesanti e ingombranti), guarda con indifferenza allo smantellamento progressivo delle capacità di trasporto di Trenitalia Cargo, non incrementa realmente le strutture per lo scambio strada-rotaia, e via di seguito.


[8] Va osservato del resto che questo è proprio il numero di treni che dal 2012 in poi - per un periodo assai lungo, con convogli in diminuzione graduale fino al 2040 - i progettisti ammetterebbero sulla ferrovia storica anche all'interno del programma per realizzare la seconda ferrovia ad alta capacità. Se RFI, la Provincia di TN e quella di BZ ritengono accettabile far passare circa 160 treni merci al giorno sulla linea storica dal 2012 perché sostengono che già oggi in condizioni di traffico assai meno pesanti ci vorrebbe una infrastruttura ferroviaria nuova?

22.9.09

Agricoltura in crisi?

L'Assessore Mellarini sostiene che, anche in Trentino, l'agricoltura sia in crisi. Ma davvero TUTTA l'agricoltura è in crisi? Secondo me no. Infatti, coloro che non si sono voluti conformare alle logiche industriali ora stanno bene e crescono.
Finché i grossi consorzi come Melinda, S.Orsola e Fiavè avranno paura che il biologico metta in discussione il resto della loro produzione saremo sempre in crisi.
Chi ha cercato l'indipendenza dall'agro-industria provando la strada della vendita diretta con i mercati contadini ed attraverso i GAS (Gruppi d'Acquisto Solidali) di certo non è in crisi ed anzi, oltre a custodire il territorio in maniera ottimale favorendo pure il turismo, riesce anche a guadagnare.
Scrivo questo non di certo per attaccare la Cooperazione Trentina, in cui comunque credo e che come Centro sociale Bruno abbiamo più volte incontrato anche nel nostro spazio sociale, ma più che altro per far riflettere sulla piega che la pratica agricola ha preso nella nostra provincia.
Finché nell'Istituto di S. Michele l'unico indirizzo effettivo (a parte quello enologico) rimarrà appunto quello per perito agro-industriale, e continuerà a non esistere un indirizzo per diventare tecnico biologico, è chiaro che grossi cambiamenti non ci saranno.
Finché ci verrà fatto credere che "biologico" è sinonimo di opposizione al progresso ed alla "chimica" si alzerà sempre un muro contro muro che impedisce una discussione costruttiva.
Si aggiunga la dichiarata volontà del nuovo presidente della Fondazione Mach di sperimentare nella nostra provincia forme di OGM. Ma è veramente questo ciò di cui abbiamo bisogno? Non sarebbe meglio incentivare la ricerca su pratiche non nocive che invece tutelano la salute dei contadini, dei cittadini e dell'ambiente in generale?
Quando in agricoltura ci sarà più passione e meno marketing, probabilmente ci saranno anche più giovani disposti a sporcarsi le mani di terra per ottenere dall'energia solare (e non dal petrolio da cui derivano molti concimi e pesticidi!) il nostro nutrimento.

Milo Tamanini
referente G.A.S. Centro Sociale Bruno

21.9.09

Il pro OGM Salamini nuovo presidente della Fondazione Mach

da www.ruralpini.it/Inforegioni13.09.09.htm


Il luminare delle biotecnologie applicate all'agricoltura, decisamente schierato pro OGM, è stato nominato presidente della Fondazione Mach, 'cervello' dell'agricoltura trentina

Salamini, espressione di un'agroideologia agli antipodi dalla realtà della montagna, e ostile alle produzioni tipiche, diventa presidente dell'ex-Istituto Agrario di San Michele

L'iniziativa del presidente della PAT, Lorenzo Dellai, è la chiara espressione di una visione tecnocratica che, in agricoltura, si esprime con l'appoggio ai comparti 'forti' e, in particolare, al programma commerciale di una Melinda 'globale' proiettata alla conquista dei mercati 'emergenti' di mezzo pianeta. In questo disegno i comparti come la zootecnia, essenziali per la cura del territorio, vengono abbandonati alla loro crisi, salvo attivare degli 'ammortizzatori' (puntellando il sistema del 'Polo latte') e lanciare pelose campagne mediatiche che si appellano al consumatore trentino (scaricando sulla sua scarsa sensibilità la chiusura delle stalle). E a San Michele, in quest'ottica, si deve puntare a sostenere, con la ricerca genomica sul melo, la proiezione globale di Melinda....

Il grande scienziato compensa l'irraggiungibile miraggio universitario

Il rafforzamento dell'eccellenza di San Michele, quale centro di rilevanza mondiale per la ricerca genetica sul melo, compensa, tra l'altro, la frustrazione delle aspirazioni universitarie della Fondazione Mach. Esse - che avevano nel governo Prodi una sponda sicura - sono state congelate dal ritorno al governo centrale del centro-destra (oltre che da un clima di maggior austerità che non giova certo alla proliferazione di nuove sedi universitarie). In qualche modo bisognava rifarsi della delusione e, al di là del contentino del dottorato (subordinato all'Università di Trento), la mossa dell'arrivo al timone della Fondazione del grande luminare servirà a dare impulso ai filoni prestigiosi di ricerca su cui a Fondazione sta già puntando e a ridarle nuovo smalto. Ma al di là del prestigio che lo scienziato porta alla Fondazione quali implicazioni avrà la presenza di un presidente sostenitore degli OGM? Quale rapporto si determinerà tra la Fondazione e la realtà agricola trentina? Le posizioni di Salamini sugli OGM sono ben note e Ugo Rossi, l'assessore provinciale alla sanità, dopo averne votata la nomina ha dichiarato di 'non conoscere questo aspetto' non facendo certo una bella figura.

Ci pare utile, a questo punto, considerata la scarsa informazione in materia di alcuni degli stessi personaggi che lo hanno nominato, chiarire quale sia la visione dell'agricoltura di Salamini, una visione che non si esaurisce in una posizione favorevole agli OGM ma implica anche altri aspetti di una filosofia in sé sin troppo coerente. Ma che dovrebbe lasciare quantomeno perplessi i responsabili dell'agricoltura trentina (a partire da Tiziano Mellarini - assessore provinciale all'agricoltura - e da Gabriele Calliari - presidente della Coldiretti e vice-presidente della stessa Fondazione Mach).

La filosofia di Salamini

Il modo con cui Salamini risponde alle obiezioni contro la diffusione delle coltivazioni di piante GM è di per sé illuminante: 'Le novità si provano in modo empirico, gli organismi geneticamente modificati (Ogm) andrebbero almeno provati' (dibattito riportato dal Sole 24 Ore del 17.7.2003). Si prova qualcosa potenzialmente dannoso solo perché 'è una novità!'? E' questo lo spirito 'galileiano'? Nello stesso dibattito, a Marcello Buiatti, presidente del Centro interdipartimentale di biotecnologie e professore di genetica all'Università di Firenze, che sosteneva sulla base di studi scientifici che gli Ogm non si adattano alla struttura dell'agricoltura italiana cui conviene puntare sulla qualità, Salamini ribatteva: 'Lo dica agli agricoltori padani che producono 100 milioni di quintali all'anno di mais se conviene puntare sulla qualità'. Ecco un nuovo dogma: se la quantità è tanta non ha senso parlare di qualità. Ma se gli Ogm sono una scelta strategica di lungo periodo, come si fa a ipotecare il futuro? Come cambieranno le strutture dei mercati dei prodotti zootecnici nei quali si trasforma l'enorme quantità di mais padano? I viticoltori pugliesi di venti-trent'anni fa avrebbero risposto nello stesso modo a chi parlava di qualità. Ma erano tempi preistorici rispetto ad oggi; basta pensare alla qualità raggiunta da alcuni produttori di Salice salentino o di Nero di Troia, delle bettoline cariche di vino pugliese da taglio respinte dalle jaquerie dei vignerons provenzali, di cui non si ricorda più nessuno. Gli scienziati non possono ignorare che la scelta Ogm è di quelle che vincolano il sistema agricolo in profondità.

I prodotti tipici? roba superata

Il pensiero di Salamini sulla quantità ci è chiaro. Aggiungiamo che Salamini coltiva una visione della sua Padania (è originario del basso lodigiano) come di un ambito agroecologico vocato all'agricoltura intensiva (di quantità, appunto), un misticismo della quantità (nel suo genere). Ma andiamo oltre. In una intervista al Corriere della Sera dell’11.11.2003 dichiarava: 'Non si può fermare il progresso. Non è giusto. Penso che la moratoria dell'Italia agli Ogm sia un freno allo sviluppo scientifico. Il ministro Alemanno la propone invocando la difesa dei prodotti tipici, ma non mi sembra giusto. I prodotti tipici così come la moda, le ferie e le città d'arte rappresentano il passato dell'Italia. Non ci si può basare sul passato per costruire il futuro'. E aveva difeso gli Ogm come utili per affrontare il problema della fame nel mondo: 'Penso che se viene prodotto un chilo di pane esiste semplicemente un chilo di pane in più nel mondo. E che un bambino dell'Africa non si domanda da dove viene: lo mangia e basta'.

Ma quanto dogmatismo! Di qui il progresso, di là l'oscurantismo, di qua il passato e di là il futuro. Quanto alla sensibilità sociale il nostro afferma il principio che l'affamato ha bisogno di pane, che 'il pane e pane' e che non bisogna guardare troppo per il sottile.

Proteine e calorie

Questa idea del cibo che sfama e sul quale non è necessario, o forse opportuno, farsi troppe domande, Salamini non la limita agli affamati del quarto mondo. Illuminante questa tirata: 'Bertinotti tira i sassi ai McDonald’s, ma se va a vedere dentro ci sono i suoi elettori che con 5 € possono trovare quelle proteine e quelle calorie di cui hanno bisogno' (intervista di Matilde Rossi Ercolani del 09.12.2004 link). Capito? Le 'classi subalterne' hanno bisogno di 'proteine e calorie'. Immaginiamo cosa pensa Salamini di tipi come Carlin Petrini che 'istigano' le masse con quelle idee strampalate circa il diritto di tutti (nel primo come nel quarto mondo) ad un cibo buono e pulito. Il cibo per Salamini deve nutrire gli esseri umani come una macchina ha bisogno di gasolio. I prodotti tipici, la qualità? Roba superata.

Una visione salvifica

Salamini non si limita a controbattere alle obiezioni contro gli Ogm ma si abbandona spesso nelle sue interviste a vere e proprie lodi agli Ogm visti come la panacea di ogni male. Quantomeno ad uno scienziato si richiederebbe un po' di misura, macché.

Leggete cosa risponde in una intervista al Corriere del Trentino del 16 marzo 2008: 'Gli Ogm Non fanno assolutamente male. Nel mondo ci sono 120 milioni di ettari coltivati con Ogm'. Come dire: l'esperimento in corpore vili sull'uomo lo stiamo già facendo (cioè loro, gli scienziati pro Ogm). A cosa servono tante precauzioni, tanto gli americani hanno già fatto da cavia: 'Gli americani sono 280 milioni di persone e li mangiano tutti i giorni da dieci anni senza conseguenze' (intervista al Messaggero di S. Antonio - link).

Non solo gli Ogm fanno bene (o quantomeno non fanno male) alla salute ma fanno benone all'ambiente. Su questo Salamini non è sfiorato neppure dal dubbio: 'In India più di 7 milioni di piccolissimi agricoltori e 4 milioni in Cina coltivano il cotone che resiste agli insetti. Le possibilità di fare una pianta che richiede meno cura, perché si adatta meglio all’ambiente, che resiste meglio agli insetti, alle malattie fungine o batteriche, e che non impone all’uomo un continuo intervento chimico con antiparassitari e anticrittogamici, dovrebbe essere componente di una visione di agricoltura che interferisce meno con gli ecosistemi naturali. Pensi a quanti trattamenti si fanno per la vite: oggi, con la conoscenza del suo genoma, abbiamo la convinzione che si potrebbe rendere la vite immune alle malattie' (intervista al Corriere del Trentino del 16 marzo 2008). Molto ci sarebbe da dire su quei coltivatori di cotone indiani che, se le cose stessero come dice Salamini, non sarebbero falliti (per non parlare di quelli che si sarebbero suicidati) a seguito dei debiti contratti per acquistare i più costosi mezzi tecnici necessari a seguito dell'introduzione del cotone bt.

Quello che colpisce è che Salamini è anche convinto (o così vuol far credere) che conoscendo il genoma della vite (e intervenendo con le opportune modifiche correttive) non esisteranno più malattie. Ma se fosse così creiamo subito la vite Ogm, la Melinda Ogm e, perché no, l'uomo Ogm.

Cosa c'entra Salamini con l'agricoltura trentina?

Torniamo alla Fondazione Mach. Un Salamini che già nel 2003, intervistato dall'Adige, dichiarava a proposito delle linee di ricerca dell'Istituto Agrario di San Michele: 'Non bisogna tralasciare gli Ogm'. Un Salamini che pensa che la ricerca genetica e la biotecnologia applicata possono creare una vite totalmente immune da malattie, cosa andrà a fare a San Michele? Quale 'rapporto con la realtà trentina' si svilupperà? La domanda va girata ancora una volta a trentini come Mellarini e Calliari. Insistiamo: cosa c'entra con il Trentino - al di là del bisogno di lustro per la Fondazione- un Salamini che incarna la filosofia della quantità, del cibo come fabbisogno energetico e proteico, che considera gli Ogm la promessa di salvezza per le sorti magnifiche e progressive dell'umanità? Sono visioni che nella loro dogmaticità non vanno bene neppure nella sua Padania, figuriamoci nel cuore delle Alpi.

20.9.09

Tunnel e Ferrovia Alta Capacità Brennero - Il video

A cura di Iniziativa civica Stop BBT

Sono arrivati in oltre 400, da tutta la provincia, per assistere alla prima proiezione del film sulla contrarietà al tunnel e alla ferrovia ad alta capacità del Brennero Senza se e senza ma. Molti sono stati coloro che, in una sala della comunità di Prati di Vizze affollata al limite della capienza, sono rimasti in piedi tutta la serata.Una breve introduzione e poi immagini, interviste, fatti. Dopo ventisei minuti finiscono le parole, i suoni; il silenzio domina in sala. È un attimo, è necessario per riprendersi, poi la tensione, palpabile, svanisce in un fragoroso applauso.











17.9.09

La nuova ferrovia del Brennero. Non è vero che il Trentino è già vincolato alle sole decisioni tecniche.

E' piena di elementi svianti la campagna informativa che la Provincia di Trento sta conducendo sul progetto preliminare e sugli studi di fattibilità dei lotti trentini della nuova linea ferroviaria ad alta capacità lungo l'asse del Brennero.
Molta disinformazione riguarda competenze e contenuti delle approvazioni espresse o da esprimere.
Per esempio, non corrisponde al vero che (come sostenuto dal Presidente della Provincia il 9.9.2009 davanti al Consiglio Comunale di Rovereto) tutte le opere relative ai 218 km di nuova linea in Italia tra il confine di Stato e Verona siano state già irrevocabilmente decise e che quindi la Provincia potrebbe ormai pronunciarsi soltanto su come realizzare le tratte di proprio interesse ma non sull'opportunità strategica di tutta l'infrastruttura.
Non è nemmeno vero che i Consigli comunali e circoscrizionali - in cui si manifestano pesanti tentativi di incanalare e limitare la discussione - siano formalmente vincolati ad occuparsi solo della specifica conformità urbanistica delle opere: a parte la libertà di enti locali e singoli di affrontare qualunque problema vogliano, la stessa lettera dell'Agenzia provinciale per l'ambiente del 29.4.2009 con cui è stata avviata la procedura di consultazione richiede espressamente un "parere, per quanto ritenuto di competenza, in ordine allo studio di impatto ambientale e relativo progetto".
E non è infine vero che le gravi minacce ambientali connesse alle opere potranno essere liberamente ristudiate e risolte in fasi successive all'approvazione dei progetti preliminari.
La popolazione trentina e i suoi rappresentanti nelle istituzioni possono dunque ancora esprimersi su tutto quanto ritengono necessario perché - a dispetto di chi vorrebbe chiuderla in fretta - la questione resta ancora aperta.
Ristabiliamo la verità con pochi dati.
I Governi italiani che nell'ultimo decennio hanno assunto decisioni sulla nuova linea hanno costruito le volontà politiche, le cornici istituzionali ed anche le condizioni finanziarie per la realizzazione del progetto complessivo. E questo lo hanno fatto con una serie di
deliberazioni di livello nazionale e internazionale tra cui ricordiamo, solo per esempio: i vari Allegati infrastrutture dei Documenti di Programmazione Economica e Finanziaria e le norme delle leggi finanziarie degli scorsi anni;
il Memorandum del 10.9.2003 con l'accordo Italia-Austria per il tunnel di base sull'asse del Brennero;
il "Piano di azione Brennero 2005" concordato dalle ferrovie italiane, austriache e tedesche;
il c.d. "Memorandum of Understanding" firmato a Vienna il 10.7.2007 dal Ministro Di Pietro e dal collega austriaco Faymann;
il "Piano di azione Brennero" firmato a Roma il 18.5.2009 da Italia, Austria, Province autonome di TN e BZ e Land Tirol.
Ma questi atti non si sovrappongono e non si sostituiscono in nessun modo ai procedimenti di approvazione delle opere.
In Italia, infatti, l'approvazione dei singoli progetti di interesse nazionale in cui si articola l'insieme del tracciato da Verona al confine di Stato compete esclusivamente al CIPE (Comitato Interministeriale per la Programmazione Economica), sentite le Regioni e le Province interessate. In particolare il CIPE in una prima fase approva il progetto preliminare, insieme alla relativa valutazione di impatto ambientale e (imporrebbe la legge) al relativo piano economico-finanziario (articolo 165 del vigente Codice dei contratti pubblici di lavori, servizi, forniture, Decreto legislativo 12.4.2006, n. 153, e successive modifiche e integrazioni).
Successivamente il CIPE - articoli 166/168 dello stesso Codice - approva il progetto definitivo senza rinnovare la VIA se non per quegli aspetti di cui sia stata richiesta la verifica in sede di approvazione del progetto preliminare (così come è avvenuto per la verifica delle prescrizioni imposte in sede di approvazione del progetto preliminare del tunnel di base del Brennero).
Quest'ultimo dato fa giustizia sommaria della propaganda di chi promette valutazioni di impatto ambientale in continuo durante tutte le fasi dell'eventuale realizzazione dell'infrastruttura.
Non esiste, dunque, alcun lotto del piano complessivo della nuova linea del Brennero che possa considerarsi deciso se non sia almeno intervenuta la Delibera CIPE di approvazione del relativo progetto preliminare.
In particolare tra il confine di Stato e Verona sono stati finora esclusivamente approvati:
a) il progetto preliminare e il progetto definitivo per il tunnel di base del Brennero rispettivamente Del. CIPE n.89/2004 e Del. CIPE del 31.7.2009);
b) il progetto definitivo per il cunicolo esplorativo del tunnel di base del Brennero (DGP della Provincia di Bolzano n. 872/2006 e DGP della Provincia di Bolzano n. 2268/2006) più i progetti esecutivi delle porzioni già appaltate e in corso di realizzazione;
c) i progetti preliminari dei lotti prioritari 1 Fortezza - Ponte Gardena e 2 Circonvallazione di Bolzano (in provincia di BZ) con Del. CIPE 30.8.2007.
Non è poco, ma non c'è null'altro.
Sono perciò fuorvianti tutte le comunicazioni provenienti dalla Provincia di Trento o dagli apparati di singoli Comuni a proposito della possibilità di decidere oggi solo sugli aspetti tecnici delle opere o a proposito dell'obbligo "morale" del Trentino di non vanificare le decisioni della Provincia di Bolzano e della Regione Veneto.
Ma c'è un'ultima considerazione importante. Anche ammesso e non concesso che le tratte trentine fossero state già decise, insieme a tutte le altre, nulla potrebbe escluderebbe che amministrazioni responsabili - verificato trattarsi di un intervento sbagliato perché dannoso e soprattutto inutile rispetto agli obiettivi pretesi - annullassero tutto il progetto con la revoca delle autorizzazioni precedenti. Questo è un principio generale del diritto pubblico italiano e, con involontaria ironia, è chiamato "principio di autotutela della pubblica amministrazione".
A nessuno allora sfugge che le Province di Trento e di Bolzano - se volessero - potrebbero esprimere una volontà tale da costringere Stato italiano e CIPE a ritornare su quanto stabilito, chiudendo la questione come è già avvenuto per esempio tempo fa in Alto Adige con l'assurda idea dell'autostrada di Alemagna o in Trentino nel 2003 con il progetto di RFI per la nuova ferrovia in destra d'Adige. Se non lo fanno è perché vogliono la realizzazione dell'infrastruttura anche in prima persona.

Gianfranco Poliandri,
curatore del dossier NO TAV / Kein BBT
disponibile su Ecceterra.org

11.9.09

Incenerire o Ri-Ri-Ri?

Pubblichiamo Da Ecce Terra.org - Informazione senza fumo

Incenerire o ridurre e riciclare i rifiuti?
Quanti conflitti, quali priorità?


Documento consegnato in Commissione Ambiente del Comune di Trento con richiesta al Consiglio comunale, prima di procedere alla discussione e alla successiva approvazione del bando di gara, di valutare le profonde contraddizioni maturate in questi anni nella gestione dei rifiuti in Trentino, e le correlate richieste.
[ continua... ]
A cura di Nimby Trentino


da l'Adige del 11.09.09

Nimby: Stop al bando per l'inceneritore

Otto punti e una richiesta: sospendere il bando per l'inceneritore e riscrivere il piano dei rifiuti. Nimby torna all'attacco e in un articolato documento, scaricabile sul sito www.ecceterra.org e presentato ieri da Simonetta Gabrielli e Fausto Nicolussi alla commissione ambiente di palazzo Thun, riafferma la propria contrarietà alla termovalorizzazione dei rifiuti.
Un'uscita tempestiva, quella di Nimby, visto che la giunta vuol pubblicare entro ottobre il bando di gara europeo per il nuovo impianto di Ischia Podetti da 103mila tonnellate annue. Sovradimensionato
È proprio sulla stazza che Nimby sferra il suo primo affondo. «I calcoli per dimensionare l'impianto - spiega Gabrielli - sono basati sui rifiuti residui di Trento. Ma in molte valli, la differenziata corre ben oltre il 65% previsto nel capoluogo». È il caso della valle di Fiemme che registra addirittura l'84%. «Fino a due anni fa - aggiunge Nicolussi - proprio il C1 aveva risultati pessimi. La sua performance dimostra che i cittadini sono pronti, mentre i politici sembrano gettare la spugna».
Il forno non serve

Il dubbio è che, riducendo il residuo grazie alla differenziata, l'inceneritore di Ischia Podetti reclami nuovo combustibile. «Che senso ha - si chiede Nicolussi - investire tanto sul porta a porta e costruire un forno che ha poco da bruciare? Si rischia di dover chiudere l'impianto in pochi anni, buttando al vento centinaia di milioni di euro dei cittadini». A quest'osservazione risponde l'assessore all'ambiente Marchesi, non certo un fan dell'inceneritore: «La giunta - afferma - pensa ad impianto modulare, così da far fronte anche ad una riduzione dei rifiuti».
Lo scandalo a Campiello
Altro tema sollevato da Nimby è quello del compostaggio. Gli ambientalisti, che potrebbero anche riprendere la catena del digiuno, denunciano lo sperpero di denaro per la chiusura dell'impianto di Campiello di Levico. I soldi spesi sono andati in fumo e oggi i Comuni, per il trattamento dell'organico, invece di guadagnare, spendono 80 euro a tonnellata per conferire oltre Borghetto. E ancora non si sa quando si otterrà il primo compost made in Trentino. L
L'alternativa
L'inutilità dell'inceneritore per Nimby è testimoniata dalla mancanza di un piano finanziario che metta a confronto i costi di gestione con o senza il forno, ma anche dall'assenza di un bilancio energetico positivo, considerate le difficoltà nel realizzare il teleriscaldamento. In più si brucerebbero rifiuti ulteriormente differenziabili. «Grazie alla tecnica dell'estrusione - ricorda Gabrielli - il residuo può diventare sabbia sintetica. Per prevedere questa tecnica il piano provinciale dei rifiuti deve però recepire il decreto 152 del 2006». E allora la richiesta finale, insieme a quella di incentivi per la riduzione dei rifiuti, di un dibattito sui rischi per la salute e di un patto per la distribuzione del residuo tra tutti i comuni in Trentino, è quella di fermarsi e riscrivere il piano dei rifiuti. L'assessore Marchesi non chiude la porta a Nimby. «Sono valutazioni da prendere in considerazione. La Giunta deciderà collegialmente, ma la competenza sull'inceneritore è del sindaco». La palla allora passa ad Andreatta.

10.9.09

Primiero: Licenziato operaio ambientalista


Da www.pragras.blogspot.com

Sono passati solo pochi giorni dal festoso raduno di Colbricon, da quando ci siamo trovati a “festeggiare” una bella vittoria, la decisione di ripensare il collegamento S.Martino-Passo Rolle e di escludere ogni sfregio della riserva integrale e del Colbricon.
Una “battaglia” che aveva visto la partecipazione di molte associazioni e comitati trentini e bellunesi e di molti cittadini.
A distanza di qualche giorno una pessima notizia ha guastato quel clima di festa e di entusiasmo... proprio oggi abbiamo saputo che l’amico BORTOLO ZAETTA è stato LICENZIATO!
Strana coincidenza questa prima azione del nuovo amministratore societario: LICENZIARE l’unico operaio della “Nuova Rosalpina” che abbia avuto il coraggio si dire apertamente NO al collegamento in riserva integrale. L’unico operaio che non ha sottoscritto la petizione “proposta” dai capi servizio. L’unico operaio che ha chiesto (a nome degli altri) se potevano ora essere pagati i mesi di stipendio sospesi, Bortolo era ed è socio della Nuova Rosalpina ed ha partecipato all'acquisto di nuove azioni al salvataggio della stessa
E’ un licenziamento che ci lascia molto molto perplessi e chiediamo con forza che SI FACCIA SUBITO CHIAREZZA e che vengano date tutte le spiegazioni del caso.
Non sono tempi “molto felici” per i componenti dei vari comitati (tra illazioni, accuse, qualche velata minaccia ecc..), ma crediamo sia vitale, soprattutto in questo momento, sostenerci vicendevolmente.

E’ per questo che diamo tutta la nostra solidarietà a Bortolo e agli amici del Primiero e cercheremo anche noi di esser presenti domani giovedì alle 17 sotto il faggio a Fiera di Primiero.

Sulla Tac il Trentino conta poco o nulla

di Nicola Guarnieri, l'Adige del 10.09.'09

Il Trentino ha calato le proverbiali «brache». Parola di governatore, non certo di qualche cittadino qualunque. Lorenzo Dellai, ieri sera, è sceso a Rovereto per illustrare il progetto della ferrovia ad alta capacità.
«Non ho mai parlato di Tav», ha spiegato più volte. In pratica si tratta dell'opera faraonica destinata a collegare Verona con Monaco e trasportare le merci su rotaia attraverso il Trentino.
Le previsioni sono di 400 treni al giorno che viaggeranno ad una velocità massima di 220 chilometri orari. Fin qui la Tac. Sul perché il presidente della Provincia ci tenga a evitare la questione alta velocità passeggeri, invece, non c'è una spiegazione. O almeno non l'ha fornita ieri anche se l'incartamento della megaferrovia prevede una grande stazione internazionale a Trento.
Dellai, comunque, ha sgombrato ogni dubbio circa la possibilità di bloccare le intenzioni di realizzare la linea: «È una decisione presa a livello internazionale, da vari governi e dall'Europa. Da parte nostra possiamo solo indicare come deve essere costruita in Trentino ma non possiamo impedirne la realizzazione». Una premessa che a molti non è piaciuta e che, non a caso, hanno contestato la pochezza della nostra autonomia. Soprattutto al pubblico, mai così numeroso ad un consiglio comunale.
C'erano i ragazzi «No Tav-Tac» e molti abitanti di Marco, il sobborgo maggiormente interessato dall'impatto ambientale. Il governatore ha illustrato in linea generale il tracciato. Si tratta di 80 chilometri in provincia di cui 70 in galleria. L'intenzione di Rfi e dei Paesi interessati (Italia, Austria e Germania) è di ultimare i lavori entro il 2030. Nessuno, però, ha spiegato esattamente dove saranno collocati i miliardi di metri cubi di materiale di scavo. Tra le parti allo scoperto, spicca quella di Marco che, non a caso, ha spinto la circoscrizione a votare all'unanimità una mozione proposta ieri sera al civico consesso.
Il presidente Modena, oltre ad esprimere preoccupazione per il tratto che interessa il paese e per i lunghi anni di lavori che comporteranno inquinamento acustico e polvere, ha chiesto al consiglio comunale di bocciare l'intera opera, confortato per altro dai dati che danno il trasporto merci in calo del 20% e, quindi, eventualmente con la possibilità di potenziare l'attuale ferrovia del Brennero magari trincerandola.
La giunta comunale, dal canto suo, ha ribadito la propria contrarietà allo sbocco a Sud chiedendo alla Provincia di individuare una nuova soluzione pur garantendo l'interconnessione per non tagliare la città dal passaggio delle merci e, nel concreto, di non buttare letteralmente nel water lo scalo previsto a Mori Stazione. Per questo il Comune vedrebbe di buon occhio il tracciato dentro la montagna con un'uscita proprio nell'area Arcese per non penalizzare la zona industriale che, ha ribadito il sindaco Valduga, «vive di filiera lunga ed ha l'esigenza di spostare merci».
Il più duro, comunque, è stato Piergiorgio Plotegher del Pdl, perfettamente in sintonia, in questo caso, con i «No Tav-Tac» e con gli anarchici. Il consigliere ha contestato duramente l'opera, «inutile e soprattutto dannosa. Dobbiamo dire un no forte e secco e mettere in atto iniziative clamorose, anche scendere in piazza per fermare quest'assurdità».
A preoccupare, tra l'altro, c'è l'alta percentuale di rischio idrogeologico indicata da Dellai nel 30%. In pratica non c'è la certezza che, scavando, non si interferisca con le tante falde acquifere. E non consola sentir dire in aula che, trovando una falda, si può incanalare ricavando nuovi acquedotti. La verità è che per avere un'idea più chiara dei rischi si deve cominciare a scavare, con tutto ciò che comporta. Alla fine, comunque, la parte di tracciato che prevede l'uscita a Marco tornerà in commissione urbanistica e quindi in consiglio comunale. L'intenzione è obbligare la Provincia a trovare un'altra soluzione anche se, a sorpresa, in tarda serata Valduga ha tolto dal voto la mozione dei marcolini, che hanno abbandonato palazzo Pretorio inviperiti.

Marco «buggerato» dalla giunta

Rabbia, amarezza, la sensazione di essere stati presi in giro. Questi la sintesi della serata di ieri che ha visto la circoscrizione di Marco e molti semplici cittadini affollare l'aula del pubblico a palazzo Pretorio. L'intero paese è stato rappresentato e sperava di far pressione psicologica sul consiglio comunale affinché bocciasse senza se e senza ma il progetto della Tac in Trentino, un'opera che per lunghi anni, se realizzata, cambierà la vita di tutti con cantieri vasti e polverosi e con scavi continui nelle montagne che da Ala portano a Salorno. Il consiglio di quartiere era pure riuscito ad inserire all'ordine del giorno dei lavori del civico consesso una mozione contro l'alta capacità e ovviamente contro l'uscita della galleria a Marco. Il documento è stato discusso dai consiglieri comunali, appoggiato dai più ma in tarda serata, all'improvviso, la giunta e il presidente del consiglio hanno deciso di sospendere la trattazione del punto, evitando di arrivare alle dichiarazioni di voto e quindi, ovviamente, al voto. Nessuna spiegazione è stata data in merito e questa mossa, ovviamente, avrà notevoli ripercussioni politiche, per altro già annunciate da Ruggero Pozzer dei Verdi e Piergiorgio Plotgher del Pdl che hanno stigmatizzato il comportamento del sindaco. N. G.


9.9.09

Inceneritore ai privati: le prime reazioni

Noi Mamme Bionike contro l’inceneritore

Gentile direttore,
vista la discussione in giunta comunale a Trento, il gruppo «Mamme Bionike Trentino» (presente anche - per praticità - sul social network facebook) vuole ribadire la sua assoluta contrarietà alla costruzione di un inceneritore per i rifiuti a Trento, e allega il testo del proprio manifesto in proposito:
«Non bastasse il costante sforamento delle PM10, che sta causando epidemie di malattie respiratorie ed allergie soprattutto tra i bambini, ora la Provincia sta progettando di costruire
anche un camino gigante al centro della valle (e della Provincia, perché il vento tira un po’ qui un po’ là…) che sbufferà ceneri tossiche, diossina, pcb e metalli pesanti a tonnellate! Senza contare l’anidride carbonica, altro che «Trento per Kyoto». Daremmo un bel contributo all’effetto
serra, con tutta la Co2 che sbuffa! Un modo per noi miope (scarica i problemi sui nostri figli: dove lo mettiamo quel 30% di ceneri super-tossiche che avanza?) e dannoso (una volta che hai ben ben bruciato e sparso la monnezza su tutto il territorio, poi come la tiri via?) di risolvere la questione dei rifiuti, e che rischia di colpire per primi i nostri bambini: malformazioni fetali, tumori e leucemie infantili, latte materno inquinato da diossina (la diossina è un potente cancerogeno che si accumula nel latte, non solo quello di mucca!), senza contare asme e bronchiti, eczemi e allergie.
L’inceneritore è una soluzione Anni ’80, suvvia, si può fare di meglio. In giro li smantellano, e noi li costruiamo. L’alternativa c’è, non credete a chi dice il contrario. Il problema va risolto alla radice, i materiali sono risorse da recuperare, che razza di soluzione è «un falò e via»?
È come se prendessi la polvere della casa e facessi un bel fuocherello al centro della cucina: mica scompare, restano ceneri e si anneriscono i muri.
Le Mamme Bionike (Bio come Natura, Nike come Vittoria) ricordano inoltre come i «piccoli» impianti di Brescia a Bolzano - e molti altri - si siano regolarmente espansi col passare del
tempo, e critica in particolare la scellerata e pericolosa scelta dell’ubicazione in località Ischia Podetti, zona ad alto rischio idrogeologico a due passi dalla città e dal maggiore fiume
regionale.


da l'Adige del 9.09.'09

TRENTO - «Non solo affideranno ai privati la gestione ma perfino i controlli ambientali. Un capolavoro!» Roberto Bombarda ironizza, ma quella del consigliere provinciale dei Verdi è un'ironia sarcastica. Soprattutto perché arriva in un anno di inchieste che hanno messo in luce un sistema di utilizzo delle discariche non certo cristallino e impeccabile, sia dal punto di vista gestionale che dei controlli. Da sempre contrario alla realizzazione dell'inceneritore dei rifiuti, è rimasto basito alla lettura delle anticipazioni relative all'intenzione di affidare per vent'anni in convenzione l'impianto di Ischia Podetti all'impresa che si aggiudicherà la gara. «Mi pare l'ennesima triste tappa di un libro che è stato scritto mettendo le conclusioni davanti alle premesse e allo svolgimento. Credo che in un qualsiasi altro posto al mondo di fronte ai risultati della raccolta differenziata e alla conveniente opportunità di fare a meno del "mostro", facendo un'operazione di chiusura del ciclo dei rifiuti senza l'inceneritore, si sarebbe presa una strada diversa. Invece ci riduciamo come quelli di Acerra. Poi parlano di Trento per Kyoto». Bombarda non accetta l'obiezione sollevata recentemente anche dal sindaco Andreatta, cioè che gli impianti indicati come all'avanguardia, tipo la trevigiana Vedelago, in realtà spediscono fuori regione i loro residui che vengono bruciati. «Sono stupidaggini, non è affatto vero. A parte che Vedelago ricicla il 90% del residuo post differenziata. Dunque se anche avesse ragione chi sostiene quella tesi, applicando il sistema in Trentino avremmo comunque un impianto non da centomila ma da diecimila tonnellate».rgomentazioni che fanno dire al consigliere verde che la partita non è ancora finita. «Sono un cultore di Boskov (l'allenatore di calcio) - scherza - che diceva sempre: "partita finita solo quando arbitro fischia". L'arbitro non ha ancora fischiato e ricordo il precedente della centrale nucleare di Caorso: fu costruita ma non entrò mai in funzione». Ribadita la contrarietà al sistema di smaltimento finale, Bombarda si sofferma poi sulle modalità di gestione dell'impianto. «È chiaro - sostiene - che se dai a un privato il compito di smaltire 100 o 120 mila tonnellate all'anno di rifiuti farà di tutto perché non calino. E se la differenziata andrà avanti e raggiungerà l'84% come in Val di Fiemme da dove arriveranno tutte quelle immondizie? Il rischio è di diventare importatori, altro che chiudere il ciclo. E se forse non arriveremo fino a quel punto è pacifico che deresponsabilizzeremo i territori. Chi oggi è al 60-65% che interesse avrà ad arrivare oltre? Diventerebbe anti economico». Al di là delle questioni tecniche però l'esponente ambientalista ne fa una questione culturale e civile. Considera assurda la decisione di andare a bruciare quella che considera una potenziale risorsa. «Quando non utilizzeremo più la parola rifiuti e penseremo che da quel prodotto si può realizzare un risparmio economico e ambientale avremmo fatto un passo avanti». Chiede perciò alla maggioranza di governo in Provincia, di cui fa parte, e in Comune di riaprire il confronto. A partire da una revisione e un aggiornamento del piano provinciale dei rifiuti. «Il terzo ha dimostrato lacune spaventose, non solo sul piano della chiusura del ciclo ma anche della gestione dell'organico. Basti vedere quel che è successo tra Campiello di Levico, Lasino, Faedo. Quello è il risultato. Pensate come era stato fatto bene. Altro che inceneritore».

LA VICENDA
TRENTO - Si farà in regime di concessione, nella logica della finanza di progetto, il futuro inceneritore a Ischia Podetti. I soldi per realizzare l'impianto, attorno ai 110-120 milioni secondo le ultime stime, ce li metteranno i privati, che lo gestiranno per vent'anni. Poi passerà in mani pubbliche. Entro il 31 ottobre sarà pronto il bando di gara europeo per l'affidamento dell'opera. Ieri mattina, in vista di questo passaggio, la giunta comunale ha dedicato alla questione buona parte della seduta. A riferire a sindaco e assessori Cecilia Ambrosi, Giovanni Segatta e Silvio Fedrizzi, dirigenti e tecnici del Comune che siedono nella commissione di esperti che ha lavorato nell'ultimo anno alla predisposizione del bando. Poi, sollecitato dai giornalisti, Andreatta ha anticipato per grandi linee gli orientamenti presi. Fermo restando il fatto che prima della pubblicazione il bando verrà illustrato anche in consiglio comunale. Dal punto di vista finanziario dunque viene confermata l'ipotesi di affidarsi ai privati, pur dentro una griglia stabilita dall'ente pubblico e con la garanzia di mantenere saldamente il potere di controllo e di indirizzo sulle modalità di gestione. Chi vincerà il bando dovrà pianificare il rientro dall'investimento, in parte applicando a Comuni e società di smaltimento le tariffe per il conferimento e in parte con la vendita di energia elettrica prodotta bruciando i rifiuti. Tutto questo per vent'anni. Poi, se l'impianto risulterà ancora attuale e utilizzabile, sarà nella disponibilità dell'ente pubblico. Il bando, che deve essere pubblicato entro il mese prossimo per mantenere l'impegno preso in ambito europeo dalla giunta comunale un anno fa, sarà «aperto». Non si darà in pratica indicazione su una scelta tecnologica precisa. «L'indicazione - spiega il sindaco - sarà quella di cercare la tecnologia migliore e più avanzata disponibile sul mercato. La nostra preoccupazione è quella di cercare la massima affidabilità con il minimo impatto ambientale e paesaggistico». Sarà accollato ai privati anche il costo, stimato in 150 mila euro all'anno, del monitoraggio e dei controlli ambientali e sanitari. Se ne occuperanno però in prima persona, affiancando la società, gli enti preposti, a partire da Azienda sanitaria e Agenzia per la protezione ambientale. Andreatta vuole riproporre per Ischia Podetti il modello che tanto aveva ammirato nella sua visita all'inceneritore costruito a Parigi accanto alla Senna. Lì è stata nominata una commissione in rappresentanza dei cittadini chiamata ad accompagnare tutte le fasi della costruzione dell'impianto facendo da garante per la correttezza delle procedure. «Dovremo individuare criteri e modalità di scelta di questa rappresentanza ma è una cosa che vorrei fare, garantendo l'informazione dettagliata di quanto si sta facendo anche attraverso una centralina informativa da installare in centro città» assicura il sindaco. Sentiti i tecnici ora in giunta comunale inizierà la discussione e l'approfondimento dei tanti dati forniti ieri mattina. Una seduta ad hoc è in programma per venerdì, con prosecuzione e probabilmente conclusione lunedì prossimo. Poi anche i dettagli - ha promesso Andreatta - potranno essere resi noti. I tecnici li illustreranno in consiglio comunale ma quella di palazzo Thun, promessa a suo tempo dall'allora sindaco Pacher, sarà solo una seduta informativa, senza dibattito e tantomeno voto. Il consiglio sarà invece chiamato a esprimersi più avanti, quando il progetto preliminare che uscirà vincitore dal bando verrà sottoposto a valutazione di impatto ambientale. In quel frangente il parere del Comune potrebbe essere espresso anche dall'esecutivo ma Andreatta ha anticipato fin d'ora la volontà di coinvolgere l'aula. Anche se a quel punto i giochi saranno praticamente fatti. Il sindaco si preoccupa anche delle reazioni, non sempre tenere, provenienti dai Comuni rotaliani e delle richieste esplicite arrivate da qualche sindaco e assicura la disponibilità a illustrare il bando presso il Consiglio delle autonomie. Non dice, per il momento, quanto tempo lascerà il bando per la presentazione dei progetti. Il dato certo è che l'inceneritore, secondo i piani, dovrà essere in funzione entro il 2013.

Franco Gottardi

1.9.09

Dal Colbricon l'attesa dell'alternativa

COLBRICON - Descrivere la bellezza della riserva naturalistica di Colbricon a parole è togliere qualcosa al privilegio di starci con lo sguardo in volo dentro un orizzonte spettacolare. C'erano tutte le sigle ambientaliste, Mountain Wilderness, Italia Nostra, PrimieroViva, Genius Loci e comitato Pagras, ieri, per festeggiare la sospensione del progetto funiviario che sarebbe dovuto passare lassù, come ci indica Daniele Gubert di PrimieroViva puntando il dito alla cima della Cavallazza, con i primi piloni.
«Stiamo attendendo la definizione di nuove idee partendo dal fatto che da Colbricon non si passa - annuncia all'apertura del forum - ad ottobre chiederemo un confronto in Provincia per capire quale valutazione sia stata fatta all'alternativa di fare partire il collegamento dell'impianto da San Martino fino al Rolle. Speriamo di essere qui il prossimo anno a festeggiare l'archiviazione definitiva del progetto che ha riguardato Colbricon».
Interviene Nicola Chiavarelli con una nota di pessimismo: «Vorrei che ci fosse il coinvolgimento di tutti perché la Provincia non ci proponga una soluzione preconfezionata. Sono socio della Rosalpina e io, come tutti gli altri soci, ho sottoscritto l'aumento di capitale, perché Rosalpina spa è "nostra" e ci sentiamo responsabili. Potrei dire una responsabilità sociale a tutto tondo. Non vorrei che la sospensione del progetto fosse solo "«tecnica" in attesa che le varie società coinvolte ritornino all'attacco».
Flavio Taufer di Genius Loci spiega che la coscienza ecologista è un affare molto costoso: «Ci metti la faccia e impegno. Non è facile trovare persone che partecipino fattivamente, al di fuori delle solite sigle ambientaliste, ai progetti di difesa dell'ambiente». Il consigliere provinciale Roberto Bombarda , promotore della mozione per stop al collegamento, parla delle soluzioni prospettate: «Meno impattante è senza dubbio un impianto di risalita che una cremagliera. La politica questa volta si è mossa e lo ha fatto anche grazie al "fervore di pochi", rappresentata da una sinergia che è andata oltre le sigle ambientaliste locali».
Luigi Casanova di Mountain Wilderness non risparmia l'assessore provinciale agli enti locali Gilmozzi: «Ci ha suggerito di essere "pratici". Noi diciamo che non siamo pratici del caterpillar ma del piccone e della pala. E al governatore Dellai che ha definito gli ambientalisti "saccenti" alla cerimonia di consacrazione delle Dolomiti patrimonio dell'umanità rispondo che siamo tutti uomini umili in lotta per la salvaguardia di questo patrimonio che deve essere sì condiviso ma con un grande senso di responsabilità. Se la Provincia ci aprirà le porte siamo aperti a qualsiasi confronto».

di Nicoletta Brandalise, tratto da l'Adige del 31.08.09