30.9.08

Vuoi una Melinda? No grazie!

NO, NON VOGLIAMO MELINDA E I SUOI PESTICIDI!
Sono apparsi dei cartelli in tutto il comune di Cesiomaggiore (BL), con impressa la strega di biancaneve, spacciatrice di mele avvelenate, e la scritta: VUOI UNA MELINDA? NO GRAZIE!
La firma è DOLOMITI TOXIC TOUR.

Ovviamente chi condivide il progetto DTT è d'accordo con gli autori dell'azione. Tutti, con i loro mezzi e saperi, devono esporsi per contrastare gli scempi e le devastazioni che stanno disegnando un triste e velenoso futuro per questi territori!
Proprio in questi giorni il Comitato della Val di Non ha diffuso i dati relativi ad analisi da loro svolte presso abitazioni, asili e parchi pubblici nella loro valle dove Melinda la fa da padrona: l’87% dei campioni è risultato contaminato da residui agrofarmaci e pesticidi.

Dinnanzi a tali preoccupanti dati non possiamo che pensare a una frase di un componente del comitato trentino: “Noi siamo molto preoccupati ed abbiamo paura per i nostri figli. TORNARE INDIETRO E' DIFFICILISSIMO, voi siete nella fortunata situazione di essere all'inizio e quindi si possono fermare le cose, vi diamo la nostra disponibilità a scendere ancora e parlare con i nostri nuovi dati se necessario"...

Vedi anche:
Dalla Val di Non alla Val Belluna: la globalizzazione del veleno

Discarica comprensoriale della "Maza" presto più grande

Non è ancora ben chiaro il futuro della discarica comprensoriale della «Maza». A dispetto degli accordi a suo tempo sottoscritti tra l'amministrazione comunale di Arco e il presidente della Provincia Dellai - in base ai quali (salvo proroghe, questa la postilla) - la discarica dovrebbe ospitare i rifiuti provenienti da Trento fino al 31 dicembre 2008, l'ampliamento della «Maza» (per circa altri 100 mila metri cubi) va avanti. E nel giro di tre-quattro mesi dovrebbe essere completato dalla Akron spa di Imola che si è aggiudicata i lavori per circa 4 milioni di euro. Nel frattempo - cronaca recente - c'è stato il ricorso al Tar di Verani e Hurth. Al quale la stessa giunta provinciale ha deciso di resistere. Vien da chiedersi cosa succederebbe se il Tar accogliesse il ricorso, ovvero una «sospensiva» dei lavori in stato di notevole avanzamento. In ogni caso la «vita» della discarica comprensoriale con questo intervento, completato dal nuovo centro raccolta materiali, è destinata - altrimenti non avrebbe senso il grosso investimento - a prolungarsi ben oltre le scadenze a suo tempo fissate. Insomma, una discarica più capiente, grazie anche alla raccolta differenziata che bene o male nel C9 comincia a funzionare, è sicuramente in grado di far fronte ai conferimenti anche da altri centri del Trentino. È ben vero - dicono in Comprensorio - che bisogna fare i conti con un piano provinciale dei rifiuti. Insomma, la «Maza» non è di proprietà di Arco anche se è collocata in quel Comune. E quindi, volenti o nolenti, in attesa del termovalorizzatore o comunque della chiusura del «caso» Ischia Podetti, occorre stare a regole e direttive provinciali. È altrettanto vero però - dice qualcuno - che in cambio erano stati promessi precisi interventi. Dall'avvio della bonifica dell'area esaurita alla Maza ai monitoraggi peraltro previsti nella stessa delibera che ha dato il via al progetto di ampliamento. Oltre al controllo delle acque di falda, in parte già attivo, e ad una campagna di misure sperimentali delle emissioni gassose in atmosfera. Infine era prevista anche la realizzazione dell'impianto di captazione e smaltimento del biogas. In Comprensorio dicono che tante di queste iniziative sono state avviate. Resta il fatto che presto la discarica sarà più grande. E a parte i ricorsi pendenti non si sa per quanti anni e per quali utenze sarà ancora a disposizione.

L'Adige, 30.09.2008

SCI e cupola in provincia di Trento

Continua il dibattito sull'industria trentina dello sci, scaturito dall'intervento di Luigi Casanova, cui è seguita la risposta di Alberto Pedrotti, presidente della sezione Impianti di Confindustria di Trento. Pubblichiamo di seguito una nuova replica del vicepresidente di CIPRA ad un intervento - quello di Pedrotti - assai poco convincente e pieno di imprecisioni e falsità.

Confindustria, consapevolmente, costruisce confusione. Anche usando falsità.

Alberto Pedrotti, a nome della sezione Impianti di Confindustria di Trento, ha preso posizione sulla stampa difendendo, come ovvio, la categoria imprenditoriale dello sci. La posizione è confusa ed ha un unico obietto: cancellare la credibilità che gli ambientalisti acquisiscono sul campo e nell’opinione pubblica.
Ricostruiamo quindi una cornice di verità con dati di fatto incontestabili.
L’ambientalismo non è contro l’industria dello sci, anzi ne riconosce specificità ed importanza strategica nel settore turistico. L’ambientalismo chiede un freno ed una revisione completa della strutturazione dell’industria sciistica nel Trentino.
L’ambientalismo non è contrario a sovvenzioni pubbliche leggere nel sostegno all’industria dello sci. Noi ambientalisti, come del resto tutti i cittadini seri, siamo invece scandalizzati dall'ipocrisia usata dalla Provincia Autonoma di Trento e dai comuni nel sostenere l’industria dello sci laddove è evidente l’impresa sia fallimentare: Folgaria, Polsa, Tremalzo, Broccon, Pinzolo-Campiglio, Folgarida–Marilleva, Passo Rolle-San Martino.
Ognuna di queste operazioni non è vero sia sostenuta da Trentino Sviluppo solo perché questa farsa al momento detiene irrisorie quote in alcune società. A Pinzolo, sul Rolle, nella Polsa in assenza di sovvenzione pubblica dell’80%, attraverso Trentino Sviluppo, ogni idea di ampliamento delle aree sciabili sarebbe impensabile, anche perché i relativi territori, quindi gli operatori turistici locali, non sono disposti a sovvenzionare ulteriormente imprese vicine al fallimento. Tutti saremmo capaci a fare gli imprenditore quando tanto lautamente sovvenzionati: a noi gli onori, al pubblico (cioè ai cittadini) gli oneri.
Non è poi vero quanto afferma il Pedrotti e cioè che solo lo 0,25% della superficie della provincia sia destinata allo sci. Chiunque frequenti le piste in periodo invernale si accorgerà che le aree interessate allo sci, quindi al disturbo del territorio e della fauna selvatica, irrompano i confini delle piste e moltiplichino le superfici sciabili almeno per tre se non oltre.
Ad oggi non esiste un solo caso nel quale gli impiantisti abbiano ricercato un confronto serio con la cultura ambientalista e naturalista. A conti fatti il dott. Pedrotti non risponde nel merito a nessuna delle osservazioni specifiche da me sollevate.
Rimane un dato di fatto. Gran parte della documentazione presentata agli uffici pubblici della provincia relativa alle nuove previste piste risulta essere una mistificazione della realtà. Sulla base di questa mistificazione, agli impianti letti come alternativa al traffico automobilistico privato e come strumento di mobilità, vengono erogati contributi pubblici che violano leggi nazionali e norme europee in tema di concorrenza. Altro dato di fatto: Trentino Sviluppo è una società privatizzata che si regge quasi totalmente sulla sovvenzione pubblica: attraverso Trentino Sviluppo passano ai comuni e alle società impiantistiche flussi di denaro pubblico in modo discutibile.
Ancora un passaggio. Molte, troppe varianti agli strumenti urbanistici dei nostri comuni vengono suggerite, sostenute, almeno indirizzate da società impiantistiche.
E’ su questi passaggi, che ledono ogni norma di trasparenza, di correttezza amministrativa, di lealtà verso i cittadini che ho chiesto e ribadisco la necessità di un intervento forte della magistratura trentina e della Corte dei Conti. Si tratta di un tentativo di debellare una seconda cupola presente e ben diffusa sul nostro territorio e di riportare, anche nell’industria dello sci, il rispetto di tutta la normativa italiana ed europea nel merito della libera concorrenza e della correttezza nell’erogazione dei dovuti e ripeto anche necessari contributi pubblici. Appunto, nelle percentuali indicate da Pedrotti e non in quelle reali.

Luigi Casanova

La filiera corta? A Isera c'è già

Ristoratori e agricoltori uniti, complice anche il Comune

Da quando i prezzi degli alimentari sono diventati un argomento per cui deprimersi, tutti offrono la stessa ricetta anti crisi: filiera corta. La si sbandiera come l'utopia del nuovo millennio, la si attua, qualche volta, con i mercatini dei produttori. Ma sono sempre iniziative che, pur interessando in modo evidente i consumatori, sanno di estemporaneo, di eccezionale. Ora ad Isera si cerca di rendere il concetto di filiera corta la regola. E i primi risultati fanno ben sperare. L'idea è nata da qualche albergatore Slow Food. E nella sua semplicità aveva del rivoluzionario: mettere allo stesso tavolo albergatori e agricoltori. In mezzo, un'amministrazione comunale che già in passato ha mostrato di esserci, su progetti innovativi. «Ci siamo confrontati - spiega Sergio Valentini - e ci siamo detti che non aveva senso raccogliere i prodotti in Vallagarina, spedirli al mercato di Padova dal quale risalivano a Trento e da lì arrivavano nei ristoranti. È una follia. Abbiamo numeri talmente limitati che si può senza difficoltà tornare ad un rapporto diretto». Si è cominciato con lo "schedare" le aziende agricole del comune: produzione, tipologia di lavoro, quantità di raccolto, standard qualitativi. E ad ogni albergatore sono state date le schede. Il resto, è ovvio, deve farlo il mercato: «Non possiamo imporre nulla a nessuno, ma qualche risultato già c'è - spiega Valentini - siamo in tre albergatori che già si riforniscono direttamente dai contadini della zona. Il che non ha portato grosse differenze di prezzi, ma ha cambiato completamente la possibilità di valutazione dei prodotti. Conosciamo i contadini, sappiamo come lavorano, sappiamo che rispettano l'ambiente e assicurano uno standard anche nel modo di produrre. E di questo possiamo quindi dar conto ai nostri clienti: se presento una carota, posso dire da dove viene». Ma se fin qui si è riusciti ad arrivare, ora due sono gli ulteriori obiettivi: innanzi tutto organizzare dei momenti all'interno dei locali, nei quali i contadini che vogliono presentano alla clientela i loro prodotti. E poi - ma soprattutto - l'obiettivo è quello di allargare il modello che sta nascendo ad Isera anche ad altri comuni: «Come Strada del Vino ora io mi prendo il compito di presentare il progetto ad altri territori - spiega Valentini - è ovvio però che non è un percorso facile. Già mettere assieme tutti gli operatori è cosa più complicata di quanto non si possa immaginare. Ma su questo terreno dobbiamo lavorare. Perché così si crea un sistema integrato».

L'Adige, 30.09.2008

29.9.08

No all'inceneritore? LaVis si tira indietro

Lorenzo Lorenzoni: "Non vogliono il convegno perché disturberebbe chi è a favore"

«Stiamo organizzando per sabato 18 settembre un convegno con la cantina toscana Antinori, che si è espressa contro la costruzione di un inceneritore. Abbiamo chiesto l'ospitalità alla Cantina LaVis, ma ci hanno risposto che non era la sede adatta, sarebbe stata una scelta che disturbava chi vuole l'inceneritore». Lorenzo Lorenzoni , assessore alla salute del Comune di Lavis, interviene così all'incontro «Differenziata ed inceneritore» promosso dal centro sociale Bruno, denunciando la doppiezza della cooperativa, che non più tardi di tre anni fa si espresse in maniera critica nei confronti del progetto. Lorenzoni presenterà un ordine del giorno per «contestare la consulenza provinciale da 80 mila euro per un professionista in materia legale per la costruzione dell'inceneritore». Tra gli intervenuti alla tavola rotonda, dove ci si è chiesti se è possibile che in Trentino si arrivi a differenziare l'85%, un pensiero comune: sfruttare il fatto che in provincia non sia stato ancora costruito un impianto. Giulia Marchi , del comitato «Beni Comuni» di Schio, indica come l'inceneritore non sia un affare di particolari forze politiche, dato che «anche una forza autonomista come la Lega ha abdicato a questa logica». Nel vicentino non si è riusciti a costruire altri impianti, ma si è deciso (costo 30 milioni di euro) di ampliare le linee di Schio; inceneritore vicino al quale si vuole costruire addirittura un ospedale. Ma anche nel rapporto tra inceneritore e salute vi è ipocrisia. «Tra i medici il chiaro esempio - spiega Lorenzoni, medico di base - è quello di Umberto Veronesi che combatte contro il fumo delle sigarette, ma non è contro gli inceneritori perché ha tra i finanziatori delle sue fondazioni alcune imprese che costruiscono quel tipo di impianti». Simonetta Gabrielli di Nimby tira le orecchie al presidente Dellai, che «fa passare il 60% di differenziata in Trentino come difficilmente realizzabile, mentre il decreto Ronchi fissa per il 2011 un obbligo per tutti i comuni del 65%». Stefano Bleggi del centro Bruno sottolinea «la situazione virtuosa di Fiemme e quelle stranamente arretrate di Val di Sole e Trento. La partecipazione dei cittadini può essere un antidoto all'inceneritore». Gabrielli ripete un invito del Wwf: «il consumatore deve comprendere il peso economico del suo comportamento». All'acquisto pensare anche allo smaltimento di un prodotto.

L'Adige, 29/09/2008

Costruire Autonomia: 28 settembre, 5 ottobre e 19 ottobre al Centro Sociale Bruno

Territorio / Autogestione / Comunità / Autogoverno

Il programma completo delle 3 giornate:

Domenica 28 settembre:

Ambiente e devastazione [ vedi il programma ]

Domenica 5 ottobre:

Nuove pratiche di partecipazione [ vedi il programma ]

Domenica 19 ottobre:

Comunità autonome e patti territoriali [ vedi il programma ]

Autonomia. E’ questa la parola che definisce il nuovo “modo” di essere del movimento, il concetto con cui “costruire” le nuove forme di resistenza e su cui sviluppare progetti di trasformazione e gestione dei nostri territori, delle nostre relazioni e persino dei nostri affetti. Una parola che definisce il metodo e allo stesso tempo la natura del nostro agire.

Non è colpa nostra se in Trentino questa parola è svilita e ridotta alla sola descrizione del modello istituzionale della nostra provincia. Il concetto di autonomia che intendiamo riscoprire non ha nulla a che fare con la parola vuota che riempie le bocche dei suoi finti guardiani, nulla con il significato semplicistico e dal sapore conservatore e difensivo che di tanto in tanto riecheggia nei discorsi della politica-partitica. L’autonomia che intendiamo noi è più nobile del pedestre trasferimento di denaro, e non teme di essere confusa con il privilegio. Nemmeno si adatta ad una rozza ideologia federalista in salsa padana.

Noi crediamo sia importante riprenderci questa parola, non lasciarla incompresa e stropicciata nelle mani di chi la usa per brandirla, per escludere, per costruirci attorno barricate ideologiche o, peggio, opportunistiche. E riprenderci questa parola vuol dire riempirla di quei significati importanti che essa racchiude: autogoverno, autogestione, partecipazione sociale e politica, territorio, cultura.

Trento - Costruire Autonomia, 1^ giornata

Ambiente e devastazione

Territorio / Autogestione / Comunità / Autogoverno





Domenica 28 settembre 2008
Centro sociale Bruno, via Dogana n.1

Ore 11.00

Tavola Rotonda
DIFFERENZIATA E INCENERITORE
E se tutto il Trentino differenziasse l’85%?

  • Lorenzo Lorenzoni - Assessore all’ambiente, Lavis
  • Romina Baroni – Assessore all’ambiente, Villalagarina
  • Simonetta Gabrielli - Nimby Trentino
  • Giulia Marchi - Comitato “Beni Comuni”, Schio (VI)

Ore 15.00

Dibattito
ALPI: DA LUNAPARK A LABORATORIO
Per un nuovo sviluppo partecipato del sistema alpino

  • Salvatore Ferrari - Italia Nostra
  • Francesca Manzini - Officina Ambiente
  • Luigi Casanova - Mountain Wilderness, CIPRA
  • Maddalena Di Tolla - Legambiente

Invitati al dibattito:
Comitato SOS Tremalzo, Comitato Primieroviva, Movimento contro i nuovi impianti di Folgaria e altri...

Ore 21.00

Riflessione
TERRITORIO DA DIFENDERE E IMMAGINARE

con la partecipazione di:

  • Walter Nicoletti – Giornalista
  • Fabio Giacomoni - Storico della Comunità Trentina
  • Michele Dalla Palma - Direttore della rivista "Trekking"
  • Domenico Sartori - Giornalista de "L’Adige"

Pranzo e cena a buffet a cura di "Osteria sociale da Bruno"
Coffee break a cura della "caffetteria Ya Basta"


Vai allo speciale "Costruire Autonomia" con il programma delle 3 giornate

27.9.08

Brocon, un altro anno per l'albergo

Slitta al 2009 anche la terza seggiovia. Pronto il progetto del bacino artificiale.

CASTELLO TESINO - Niente albergo e nessuna nuova seggiovia al passo Brocon. Almeno per ora. «I tempi previsti si sono allungati ma le due strutture - conferma Adriano Paternolli , presidente delle Funivie Lagorai - saranno pronte per la stagione 2009-2010». Un anno di ritardo, ma in questi mesi al passo si è lavorato. La conferma arriva dalle ruspe che anche in questi giorni sono in azione. Ma andiamo con ordine. Da tempo si parla del nuovo bacino per l'innevamento articiale. Una struttura di 50 mila metri cubi da realizzare a malga Valfontane. A che punto siamo? «La Provincia ha quasi ultimato la fase di screening del progetto. Ancora alcuni mesi e avremo tutte le autorizzazioni. Pensiamo di iniziare i lavori con la primavera del 2009». In questi mesi sono stati investiti 1,5 milioni di euro: «Abbiamo quasi ultimato l'allargamento della pista Matusa: lunga un chilometro e mezzo, è stata raddoppiata mentre sono in fase avanzata i lavori di asfaltatura del parcheggio in prossimità dello Chalet Heidi». La stagione invernale si sta avvicinando. E prima dell'inizio saranno ultimati anche i lavori per la realizzazione del nuovo parcheggio. In arrivo altri 5-600 posti auto in località Marande. «Abbiamo avuto il via libera dal Servizio gestione strade e in questo modo - ricorda Paternolli - doteremo la stazione di spazi adeguati, evitando così che si ripetano i problemi alla viabilità sulla provinciale riscontrati nelle ultime stagioni». Tutto rimandato per il nuovo bacino artificiale, così come per la terza seggiovia: «In questi giorni stiamo aspettando le ultime autorizzazioni del comune. L'impianto è già stato ordinato e verrà installato entro la prossima estate. Appena conclusa la prossima stagione invernale, decollerà anche il progetto del nuovo albergo». Un investimento di 4,5 milioni di euro per 78 stanze e 200 posti letto, con un ampliamento dell'esistente Chalet Heidi: previsto per l'inverno del 2008, sarà ultimato entro il 2009. Il prossimo 24 ottobre verrà presentata la nuova stagione invernale. «E dopo la Piloni, anche la pista Bosco verrà tutta illuminata e messa a disposizione dei vari sci club presenti al passo per gli allenamenti, oltre che per le gare agonistiche». Adriano Paternolli è sereno: «I nostri programmi vanno avanti, anche se con qualche ritardo, con proposte che mirano anche a valorizzare le strutture già esistenti. Potenzieremo, ampliandolo, lo snowpark e realizzeremo anche un nuovo sentiero per le ciaspole che dalle Marande porta alla Casa Saronnese ed allo Chalet Paradiso». Oggi al passo lavorano 4 persone fisse tutto l'anno: durante la stagione invernale sono fino a 40, tra impiantisti e addetti alla ristorazione. Le Funivie Lagorai credono nel rilancio della stazione. Non solo durante la stagione invernale, ma anche per tutto l'anno. E i progetti davvero non mancano.

Si chiama Bike Park. È il nuovo progetto su cui stanno lavorando le Funivie Lagorai. Percorsi attrezzati, con difficoltà varie, per gli amanti delle discese spericolate in bicicletta lungo i pendii del Brocon. In estate e autunno - in quota si arriverà utilizzando le seggiovie - lungo le piste per un'iniziativa unica nel suo genere in Trentino. In arrivo anche un sentiero didattico. Sei chilometri dalle Marande verso Prà Pezze alla scoperta dei «mille volti del bosco». Un'iniziativa che coinvolge anche il Comune, l'Associazione Tesino Bosco Ambiente Legno, i cacciatori, l'Università della Tuscia, il Soccorso Alpino, l'Istituto comprensivo Strigno e Tesino e l'Associazione Progresso Ciechi. Tra gli obiettivi vi è anche la valorizzazione delle esistenti trincee in quota sul monte Agaro.

L'Adige, 27/09/2008

25.9.08

Linfano: comitati e operatori economici vogliono un collegamento alternativo

«Il tunnel lungo sbocchi al Cretaccio»

Di un collegamento scorrevole tra Basso Sarca e Mori c'è bisogno ma il tracciato delineato dalla Provincia proprio non piace. Presentata ufficialmente ieri alla Cantina Madonna delle Vittorie di Linfano l'ipotesi dei comitati Viabilità e vivibilità di Nago Torbole e di Linfano. Il tracciato alternativo a quello pensato a Trento è stato studiato e disegnato dall'ingegner Bruno Gobbi Frattini, un guru della viabilità, che presta gratuitamente la sua opera al comitato. «La nostra idea di percorso - ha iniziato Erminio Ressegotti, vicecoordinatore del comitato di Nago Torbole - presenta un consistente salto di qualità rispetto al tracciato che propone la Provincia che vorrebbe far sboccare entrambe le gallerie a Linfano, sia quella doppia da Loppio sia quella da Malcesine». Il «salto di qualità» di Ressegotti verte sulla qualità ambientale: l'ipotesi-comitato (i due tunnel dovrebbero uscire al Cretaccio al bicigrill El Chiringuito) non devasterebbe ulteriormente le campagne di Linfano già abbondantemente saccheggiate dalla speculazione edilizia negli anni recenti, sarebbe poi più funzionale e avrebbe una buona sostenibilità economica. Il tracciato della Provincia che dovrebbe approdare a Linfano comporterebbe, secondo Gobbi Frattini, una notevole occupazione di territorio con due gallerie, una per senso di marcia, provenienti da Loppio e una da Conca d'oro, a sud di Torbole. L'ingegnere ha chiarito che anche da punto di vista idrogeologico l'opera ipotizzata da Trento sia alquanto complessa perché le gallerie dovrebbero passare sotto il fiume Sarca e riaffiorare in superficie a Linfano. «Si tratterebbe di un muro di cemento profondo 15 o 20 metri e lungo 600 che costituirebbe una sorta di diga». Ressegotti, albergatore ma anche ingegnere, e soprattutto torbolano ha ricordato che durante le piene del Sarca le cantine delle case di via Strada Grande a Torbole si allaghino, effetto della falda che si alza per il principio dei vasi comunicanti. Il Sarca in buona sostanza non è un canale ma è permeabile; se arrivano le piene non c'è solo il corso d'acqua visibile ma anche la massa sotterranea. «Ricordo che nella piena del 2000 si arrivò a un passo dall'esondazione. Immaginatevi - ha detto - se ci aggiungiamo una barriera sotto terra, e subacquea, lunga 600 metri e profonda 15-20 metri: ci sarà un effetto diga». Meglio dunque un tratto in galleria più lungo ma che crei meno problemi e, soprattutto, che non cementifichi ulteriormente le campagne di Linfano. Anche sul fronte dei costi l'ipotesi del comitato sarebbe quasi sui livelli di quello della Provincia, 224,1 milioni a fronte dei 195,28 di Trento. Il presidente del comitato Vivibilità di Linfano, Giorgio Briosi ha sottolineato quanto le «scelte di oggi siano importanti per il futuro dei nostri figli» e quanto occorra usare il buon senso e salvaguardare il territorio. Presenti tra gli altri all'illustrazione oltre a Ressegotti e Briosi, anche Claudio Nodari e Francesco Pedrotti per i comitati; Renato Veronesi, sindaco di Arco; Stefano Bresciani, assessore di Arco; Eraldo Tonelli vicesindaco di Nago Torbole; Adalberto Mosaner, vicesindaco di Riva; Gabierle Calliari, presidente Coldiretti, Roberdo De Laurentis, presidente Artigiani, Ilos Parisi, presidente imprenditori; Natale Rigotti e Anna Perugini per l'Associazione albergatori; Bruno Lunelli, presidente Unione commercio; Enio Meneghelli, presidente di InGarda. Gli operatori economici hanno condiviso l'idea dei comitati e a breve faranno sentire la loro voce anche a Trento. Anche gli amministratori di Arco, Nago Torbole e Riva hanno mostrato un certo favore per la soluzione proposta da Gobbi Frattini.

L'Adige, 25/09/2008

Commissione faunistica in Provincia, gli ambientalisti lasciano il tavolo

La protesta: «Non ci tengono in considerazione»

I quattro rappresentanti della associazioni ambientaliste ieri hanno lasciato il tavolo del Comitato faunistico in segno di protesta. «Dopo che il gruppo aveva approvato il piano di prelievo della pernice bianca, del fagiano di monte e della coturnici senza tener conto in alcun modo delle nostre rimostranze - spiega Sergio Merz, della Lipu - abbiamo lasciato il tavolo quando è stato autorizzato anche il roccolo, un impianto di cattura per gli uccelli da richiamo che verrà realizzato nella campagne di San Michele all'Adige». «È assurdo, la pernice bianca e le coturnici sono specie a rischio estinzione, perché ammazzarle con la caccia per divertimento?» si chiede Merz. «Tanto più che da sette anni ormai i capi sono in calo e i cacciatori, sparando prevalentemente agli esemplari adulti, non permettono il ricambio». Meditano sul da farsi gli ambientalisti, perché dopo aver lasciato il tavolo in Provincia sono intenzionati a manifestare tutto il loro disappunto. «Da quando siamo entrati a far parte della commissione, all'inizio degli anni Novanta, non ci hanno mai ascoltato. E questa volta non hanno nemmeno tenuto in considerazione il parere contrario dell'Infs sul progetto del roccolo», aggiunge Merz. «L'obiettivo della legge sulla fauna, la numero 24 del 1991, era quella di tutelare la fauna e permettere l'esercizio della caccia. In realtà, ormai, pare che stia accadendo il contrario».

L'Adige, 25/09/2008

24.9.08

Piccoli impianti, salvataggio pubblico

Piano provincializzazione – Deciderà la nuova giunta

L'operazione varata con Pejo Funivie, che tecnicamente è un patto di riacquisto, in pratica una garanzia di Trentino Sviluppo sul finanziamento bancario per la costruzione della nuova seggiovia Doss dei Gembri, è definita eccezionale. Ma sul tavolo della giunta provinciale che uscirà dalle elezioni del 26 ottobre arriverà un piano di salvataggio delle piccole società funiviarie che prevede un salto di qualità dell'intervento pubblico: un processo di pubblicizzazione completa degli impianti, secondo il modello friulano, o la costituzione di una società provinciale proprietaria delle infrastrutture che dà in appalto la gestione ai privati, ipotesi preferita dall'assessore uscente all'industria Marco Benedetti. L'ambito di intervento comprenderà le piccole stazioni come Bondone, Panarotta, Alta Val di Non, Brocon, Polsa. Aree, oltretutto, che saranno in futuro le prime ad aver bisogno di riconversione quando il cambiamento climatico cancellerà le piste da sci collocate più in basso. Gli uffici di Piazza Dante stanno già lavorando al progetto, anche se si sottolinea che si tratta di ipotesi tecniche e che le decisioni politiche potranno essere prese solo dal nuovo governo provinciale. Lo scenario delineato vede i grandi caroselli, leader nel comparto, capaci di procedere da soli, a volte miniere di profitti, altre volte, come Folgarida Marilleva, sostenibili se si libereranno di operazioni fallimentari come Aeroterminal Venezia. Gli impianti intermedi, come la Paganella, sono nel complesso solidi, anche se non hanno una grande dotazione finanziaria e possono aver bisogno di sostegno. Il problema sono i piccoli, sistematicamente in rosso, che in genere rispondono più ad obiettivi di interesse pubblico, come volano degli investimenti turistici o promozione del territorio, che a criteri di redditività. Oggi l'intervento pubblico nelle funivie è in mano alla holding provinciale Trentino Sviluppo, che ha due strumenti di intervento: la realizzazione di investimenti infrastrutturali, come bacini di innevamento e opere di adduzione, e la partecipazione al capitale delle società. Le quote di Trentino Sviluppo sono spesso rappresentate da azioni privilegiate e quindi il controllo dell'impresa funiviaria resta formalmente ai privati, ma di fatto, spesso, la maggioranza del capitale è già pubblica. Trentino Sviluppo, insomma, è al limite degli interventi possibili senza snaturare le Spa partecipate. Ora sul tappeto c'è l'ipotesi di pubblicizzazione, che risponderebbe anche alle esigenze di riconversione territoriale a seguito dei cambiamenti climatici.

L’Adige, 24/09/2008

22.9.08

Appello alla Corte dei Conti: «Cupola anche negli impianti da sci»

Pubblichiamo di seguito un interessante intervento di Luigi Casanova, Consigliere Comunale a Cavalese e vicepresidente di CIPRA Italia, che fa un parallelo fra lo scandalo scoppiato in Provincia sul rapporto fra politica e imprenditoria ed il settore trentino dell'industria dello sci, rivolgendo un appello alla Corte dei Conti affinché cominci ad indagare anche in tal senso.

La “Cupola Trentina” è complessa e va sconfitta

Quanto avvenuto in questi giorni, le gravi imputazioni rivolte ad imprenditori e politici trentini, è un passaggio che ci deve portare a riflettere sull’insieme della politica e della democrazia in Trentino. Non è sufficiente guardare al settore viabilistico: una cupola ben strutturata deve aver messo radici profonde nella società civile, nelle istituzioni di base (i municipi) ed in altre articolazioni dell’economia. Una cupola non può essere sconfitta dall'azione giudiziaria, questa è solo un utile innesco.
Spostiamo invece l’ attenzione, non casualmente, a quanto avviene nel settore dell’industria dello sci. Quello dello sci è un settore che, per come è gestito, trova assonanze preoccupanti con quanto accaduto nel sistema viabilità.
Ogni qualvolta comitati di cittadini o associazioni hanno criticato le volontà imprenditoriali, dai politici trentini, dai politici comunali (vedi il sindaco di Folgaria, Olivi) sono stati trattati con il metodo ben descritto dalle telefonate intercettate a Grisenti.
Ognuna di queste opere viola ambienti di alto pregio naturalistico e paesaggistico (cioè beni pubblici), dopo aver passato Valutazioni di Impatto Ambientale basate su istruttorie dei vari servizi discutibili, quando non sommarie. Si è arrivati a ridicolizzare istituzioni pubbliche quali sono i parchi naturali, facendo perdere loro ogni credibilità. In alcune situazioni troviamo come attori economici gli stessi personaggi coinvolti nella recente inchiesta.
Da Val Jumela in poi la Provincia Autonoma elargisce generosamente e annualmente decine di milioni di euro a imprese sciiststiche arrivate sull’orlo del fallimento o che vogliono investire in potenziamenti e ristrutturazioni, sempre più invasive, delle aree sciabili. Tenere l’elenco è difficile: Passo del Broccon, San Martino di Castrozza, Folgaria e Altipiani, Brentonico, Tremalzo, Folgarida-Marilleva, Pinzolo–Campiglio, Val della Mite, valle di Fassa, Bondone. Nel breve volgere di pochi anni sono stati distribuiti e si stanno distribuendo decine di milioni di euro, si sono messe le stampelle ad aziende giunte sul baratro.
Anche in questi casi si presentano progetti monchi, depurati degli aspetti ambientali più aggressivi, si lavora con il metodo "spezzatino" sia nel progetto che sul contributo. In seguito arrivano le varianti, le piste si allargano, si potenzia l’innevamento artificiale, si costruiscono nuovi bacini di raccolta-acqua per l’innevamento. Nel concreto la gestione della montagna trentina è stata appaltata alle società sciistiche.
Tutto avviene con il superamento e l’umiliazione della legislazione dell’Unione Europea ed italiana in materia di finanziamento pubblico ad imprese private e con l’umiliazione dei cittadini specie quando ipocritamente si fanno passare certi progetti come soluzioni a problemi di trasporto pubblico (Val Jumela, Pinzolo, Folgaria, San Martino, Valle della Mite).
Quali verifiche sono state compiute in tal senso sull’efficacia economica e della mobilità alternativa della realizzazione del collegamento in Val Jumela? Nessuna, si sapeva fin dall’inizio che si costruiva una farsa e così è stato.
Da Val Jumela per passare a San Martino, fino al Bondone, Tremalzo, Folgaria, La Polsa si è costruito un canale artificioso, discutibile sul piano etico e morale, di finanziamento a società altrimenti destinate al fallimento. Come avvenuto per Alitalia si rilevano, con denaro pubblico, debiti accumulati da privati e si lasciano onori e ulteriori profitti alle locali imprenditorie private. Un sistema efficace nel costruire e diffondere clientelismo, un sistema efficace nel legare l’imprenditoria ad un sistema politico ormai perverso, un sistema efficace nel sostenere un'economia che oggi, ovunque sulle Alpi, viene ridimensionata.
Il sistema copre l’intero territorio provinciale, è un terminale importante della cupola di potere che è stata costruita in quest’ultimo decennio, è una cupola difesa, sostenuta, alimentata sia dal centro sinistra che dalle forze politiche che vorrebbero a breve incoronare principe del Trentino Sergio Divina.
E’ auspicabile che anche questa cupola venga abbattuta. I comitati dei cittadini e l’associazionismo ambientalista sono stati aggirati, resi impotenti dalle istituzioni comunali e provinciali che hanno assunto come metodo di comportamento quello dell’imposizione. Comuni e Provincia ascoltano e rispondono politicamente ad una sola parte sociale: i grandi imprenditori. Hanno cancellato dal loro vocabolario il valore dell’ambiente, del paesaggio, la qualità dello sviluppo delle nostre popolazioni, la trasparenza amministrativa. Per abbattere questa cupola è necessario, è dovuto oggi più che mai l’intervento urgente della Corte dei Conti, è dovuta una capillare attenzione della magistratura.
E’ importante avvenga questo passaggio: permetterebbe ai tanti cittadini onesti, a pur presenti politici puliti, a chi si ostina a combattere la definizione del “Tutti Uguali”, a chi ha a cuore un futuro di qualità della nostra società, di rinnovare l’autonomia, di innovare i territori, di diversificare l’economia, di riportare dignità alla politica e fiducia dei cittadini nei confronti delle istituzioni.

Luigi Casanova - Consigliere comunale di Cavalese

21.9.08

Pinzolo: dure accuse nella giornata nazionale di Italia Nostra in val Brenta

"Sull'ambiente siete come il resto d'Italia"

Nella giornata nazionale di Italia Nostra, dedicata ai paesaggi sensibili, le associazioni ambientaliste del Trentino si sono ritrovate in Val Brenta (Malga Brenta Bassa), al cospetto del famoso gruppo dolomitico, per un meeting-appello ad una maggiore attenzione nei confronti dell’ambiente. Il richiamo più forte al valore ambientale è giunto dalle parole di Gianluigi Ceruti, esperto in diritto ambientale e “padre” della legge nazionale sui parchi. «A mio parere – ha detto l’avvocato e ambientalista – il Trentino rispecchia, nei confronti dell’ambiente, la situazione che esiste a livello italiano. La tradizione asburgica del governo della cosa pubblica è stata dimenticata e a subirne maggiormente le conseguenze negative è stato l’ambiente. Occorre ricostruire un sistema di riferimento etico - morale che non esiste più, come stanno ad indicare le recenti vicende». Ma qual è la «ricetta» dell’avvocato Ceruti? «Ripartire dall’insegnamento della Costituzione ai giovani e, contemporaneamente, azzerare la classe dirigente di tutti i comuni del Trentino». Una critica l’esperto l’ha indirizzata anche al Parco Naturale Adamello Brenta, in quanto «un Parco mai dovrebbe avallare un impianto sciistico». L’appello generale ad una maggiore attenzione nei confronti dell’ambiente e del paesaggio è stato accompagnato da riferimenti a casi specifici come, appunto, il collegamento impiantistico Pinzolo-Campiglio. «Ci riferiamo – ha evidenziato il presidente di Italia Nostra Paolo Mayr– non solo alla necessità di salvaguardare l’ambiente naturale, ma anche il paesaggio inteso come bene collettivo vitale per la qualità della vita. L’impianto Pinzolo-Campiglio va ad incidere in una zona di grande valore paesaggistico, ma anche tradizionale, per la presenza di case da mont, oltre ad essere all’imbocco di una valle importantissima, uno dei paesaggi maggiormente sensibili di tutto il Trentino».
La critica alla gestione dell’Autonomia trentina che potrebbe essere un modello per iniziative virtuose di salvaguardia ambientale, ma non lo è, è stato il leitmotiv dell’incontro, al quale hanno partecipato, tra gli altri, oltre a Gianluigi Ceruti e Paolo Mayr, Zefferino Castellani (presidente della Comunità delle Regole di Spinale e Manez), Franco de Battaglia (giornalista e scrittore), Luigi Casanova (vicepresidente di Cipra Italia) e Luca Bronzini (dottore in scienze forestali).
Accanto alle associazioni ambientaliste di riferimento, come Italia Nostra, Wwf e Fai, c’erano anche gruppi di cittadini-attivi come Nimby e i comitati di Tremalzo e Folgaria che si battono contro l’eccessivo sviluppo degli impianti a fune, poi il consigliere provinciale dei Verdi, Roberto Bombarda e l’alpinista Ermanno Salvaterra.

L'Adige, 21 settembre 2008

18.9.08

Trento - Costruire Autonomia, 2^ giornata

Nuove pratiche di partecipazione

Territorio / Autogestione / Comunità / Autogoverno


Domenica 5 ottobre 2008
Centro sociale Bruno, via Dogana n.1

Ore 11.00

Tavola Rotonda
I MARGINI DEL TERRITORIO
Tra intervento istituzionale e intervento sociale

  • Lino Zanon – Provincia autonoma di Trento
  • Nicola Pedergnana - Comune di Trento
  • Federico Zappini - Officina sociale
  • Stefano De Toni – Volontario di Strada

Ore 15.00

Dibattito
VOLONTARIATO E NUOVE PRATICHE DI PARTECIPAZIONE SOCIALE

  • Suor Paola Biondi – Caritas Ambrosiana, Milano
  • Luca Bertolino – Razzismo Stop, Padova
  • Francesco Cucchi - Comunità di Capodarco

Invitati al dibattito:
Diego Giacometti – CNCA Trentino, Roberto Calzà - Presidente Caritas Diocesana, Piergiorgio Bortolotti – Direttore Punto d’Incontro, Dario Fortin – Direttore Villa S.Ignazio

Ore 21.00

Riflessione
LA PROTESTA E LA PROPOSTA
I sinti di Rovereto e la battaglia per le microaree

con la partecipazione di:

  • Gianluca Magagni – Ass. italiana Zingari Oggi
  • Simone Cari e Mirko Mayer – Comunità Sinta Rovereto

Pranzo e cena a buffet a cura di "Osteria sociale da Bruno"
Coffee break a cura della "caffetteria Ya Basta"


Vai allo speciale "Costruire Autonomia" con il programma delle 3 giornate

16.9.08

Primiero : approvato dal Comitato per l'ambiente il progetto di collegamento

Pubblichiamo di seguito l'articolo apparso su L'Adige che riporta la notizia della dichiarazione di compatibilità ambientale ricevuta lo scorso 10 settembre dal progetto di collegamento sciistico San Martino di Castrozza-Passo Rolle che andrebbe a devastare con tralicci alti 30 metri la riserva integrale Paneveggio-Pale di San Martino.
E' l'ennesima dimostrazione di come la procedura di Valutazione d'Impatto Ambientale non serva a verificare realmente la qualità dei progetti né per contenere i loro effetti negativi sull'ambiente. Infatti, esaminando le norme nazionali e della nostra provincia che disciplinano la VIA, risulta evidente come sia la fase istruttoria che quella decisionale siano costruite in modo da far prevalere sempre e comunque le decisioni politiche a dispetto di qualsiasi evidenza tecnica sull'incompatibilità del progetto.
E' nostra convinzione che sarebbe tempo che i movimenti di opposizione alle tante nocività che minacciano i nostri territori smettessero di dare credito al Comitato Provinciale per l'Ambiente che, nei fatti, non valuta i progetti dal punto di vista degli effetti negativi, ma si mette a disposizione delle decisioni politiche della Giunta Provinciale. Crediamo che un primo passo in questa direzione potrebbe essere il fatto di non inviare più agli uffici della VIA durante la fase istruttoria le osservazioni allo studio di impatto ambientale.

Colbricon: ora c'è il via libera


Che il «sì» politico sia in qualche modo scontato, è chiaro da tempo: l'impegno del presidente della Provincia, Lorenzo Dellai, e dell'assessore all'ambiente Mauro Gilmozzi, a sostegno del progetto di collegamento impiantistico tra San Martino e il Rolle è già stato dichiaratamente esplicitato agli amministratori pubblici del Primiero. Da ieri, però, c'è anche il «sì» tecnico, quello del Comitato provinciale per l'ambiente che ha dato il proprio benestare - tecnico, appunto - al progetto, al termine della procedura di valutazione di impatto ambientale. Un «sì» accompagnato da quattordici prescrizioni, che non mutano la sostanza del progetto ma «impongono» una mitigazione dell'impatto delle future opere. Un «sì» espresso a maggioranza, perché i tre rappresentanti esterni del Comitato (l'ingegner Marco Frenez per le associazioni ambientaliste, il direttore del Museo di scienze naturali Michele Lanzinger e il professor Giuliano Ziglio della Facoltà di Ingegneria di Trento) hanno espresso la loro contrarietà. Lanzinger, in particolare, ha ricordato la valenza dei siti archeologici della zona. Un «no» che resta agli atti, ma che non ha pesato sulla valutazione finale positiva di tutti i servizi provinciali coinvolti. Soprattutto quella del Servizio conservazione naturale e valorizzazione ambientale, che ha ritenuto accettabile la valutazione di incidenza sui Sic (siti di importanza comunitaria), e della «Tutela del paesaggio», che ha considerato il progetto proposto meno impattante di altre soluzione alternative, come il tracciato di collegamento lungo la Val Cismon, suggerito dalle associazione ambientaliste. I quattro tralicci, pur alti oltre trenta metri, sul crinale fra i laghi di Colbricon e la Val Cismon saranno, a giudizio del Servizio urbanistica e tutela del paesaggio, meno «pesanti» per l'ambiente rispetto ad un numero maggiore di piloni a sostegno di un impianto realizzato nel fondovalle. Né rappresenteranno una intollerabile alterazione della visuale sulle Pale di San Martino ad est ed il Lagorai ad ovest. Ed è pure stata accolta la «filosofia» del progetto che configura il tracciato funiviario come sistema integrato di trasporto pubblico, alla stregua del progetto Pinzolo-Campiglio, con tanto di beneficio, in termini di maggiore sostegno finanziario della Provincia, per le esangui casse delle società impiantistiche proponenti. L'ingegner Frenez ha tentato, senza successo, di argomentare che la stazione di partenza sarà assolutamente decentrata rispetto al paese di San Martino), tanto che l'utenza sarà costretta a salire su altri due impianti (uno, in futuro) per arrivare a Malga Ces. Ha spiegato, nella sostanza, che si tratta di un impianto funzionale alle società impiantistiche, cioè alla stagione invernale, non ad una mobilità alternativa per il Rolle.

Gubert: "obbedito agli ordini"
«Siamo molto delusi, ci aspettavamo almeno un rinvio a dopo le elezioni. Tra l'altro il collegamento è stato voluto da categorie di centro destra. E così, avuto il regalo da Dellai, ora sono libere di votare per il centro destra». Daniele Gubert di Primiero Viva, commenta così il sì al collegamento S.Martino - Rolle dato dal Comitato per l'ambiente. Via libera, dice Gubert, tutto politico. «Hanno obbedito ad un ordine politico. Inoltre, un ruolo fondamentale - dice - è stato giocato dal consigliere Marco Depaoli , basti dire che suo nipote è il presidente del Parco e suo cognato il presidente del Comitato per l'ambiente». E adesso? «Faremo ricorso all'Unione Europea».

Inceneritore: ingaggiati sei consulenti

Dalle parole ai fatti. Dopo tanto discutere, la Provincia muove i primi passi per costruire l'inceneritore a Trento. Con una delibera proposta dall'assessore all'ambiente Mauro Gilmozzi, nell'ultima seduta la giunta provinciale ha approvato una delibera con cui, con una spesa di 176 mila euro, sono state affidate sei consulenze per studiare quali dovranno essere le caratteristiche di un impianto in grado di smaltire oltre 100 mila tonnellate di rifiuti all'anno. La costruzione e la gestione del termovalorizzatore è compito del Comune di Trento ma l'attività di consulenza ed assistenza è rimasta in capo alla Provincia. Ma ecco chi saranno i sei consulenti, quale sarà il loro incarico e il relativo compenso. Oikos Progetti srl. Società che ha sede a Carobbio degli Angeli (Bergamo), dovrà definire la dimensione dell'impianto che avrà il compito di incenerire i rifiuti residui provenienti da tutta la provincia. Vi sarà il problema di trasportarli tutti a Trento. Per la valle dell'Adige, l'Alta Valsugana e la Vallagarina si prevede che i gestori della raccolta provvederanno a trasportare i rifiuti in località Ischia Podetti a Trento. Per la valle di Fassa, Fiemme, Alto Garda e Ledro, Giudicarie, Primiero, Valle di Non e Bassa Valsugana e Tesino verranno create delle stazioni di trasferimento in cui saranno collocate delle presse (una sarà presto sperimentata in val di Fiemme) per comprimere il volume dei rifiuti. Il residuo raccolto in valle di Sole verrà invece trasportato nella stazione della valle di Non. L'Oikos, che percepirà 25 mila euro, dovrà anche capire quanti saranno i camion che arriveranno ogni giorno a Ischia Podetti e quanto costerà il trasporto dei rifiuti. Umberto Ghezzi. Il professore, 68 anni di Busseto (Parma), dovrà individuare la migliore tecnologia utilizzabile nel nuovo impianto in termini di resa energetica, flessibilità (capacità di lavorare anche a carico ridotto), facilità di gestione. Ghezzi dovrà definire le caratteristiche del camino e i sistemi di controllo da prevedere (ad esempio per la misura della radioattività all'ingresso dell'impianto), oltre a stimare i costi finali dell'inceneritore da imporre nella tariffa per i cittadini. Il compenso per il docente sarà di 25 mila euro. Marco Ragazzi. Il professore universitario trentino (insegna Ingegneria ambientale), 44 anni , dovrà approfondire le caratteristiche della «linea fumi», con i limiti di emissione da garantire e i relativi sistemi di controllo, dovrà definire le soglie di rischio e valutare la fattibilità di un impianto a discarica zero. La parcella sarà pari a 25 mila euro. Fabio Barbone. Il docente, 48 anni di Trieste, dovrà valutare l'incidenza ambientale dell'impianto e valutare le scelte compiute dagli altri consulenti. Percepirà 9 mila euro. Velia Maria Leone. L'avvocato, 49 anni di Roma, dovrà analizzare gli istituti della concessione dei lavori e del project financing, predisporre gli atti conseguenti e garantire il supporto giuridico-amministrativo nel procedimento per la scelta dell'impresa cui affidare la realizzazione dell'opera. La consulenza costerà 80 mila euro. Andrea Ventura. Il 35enne di Molina di Fiemme, per un compenso di 12 mila euro, sarà chiamato a valutare gli aspetti economico finanziari dell'operazione.

L'Adige, 16 settembre 2008

15.9.08

Il contro-pieghevole sul progetto delle nuove caserme di Mattarello

Questo pieghevole è il frutto di un lavoro collettivo di ricerca e di studio del comitato di Mattarello che propone delle argomentazioni contro la costruzione delle nuove caserme militari che graveranno sul territorio di Mattarello. Ventisette ettari di terreno lasceranno il posto a una "cittadella" dove verranno concentrate tutte le strutture militari di Trento. A servizio dei militari saranno realizzate anche residenze e infrastrutture ricreative. Tutto a carico della Provincia Autonoma di Trento. In cambio lo Stato ci darà le aree delle caserme in via di dismissione...

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UNA DECISIONE CONDIVISA?

Siamo in una provincia dove l’autonomia dovrebbe essere a tutela della Terra contro la speculazione dall’alto. Dovrebbe significare contatto con la gente da coinvolgere nelle problematiche che la toccano. Dovrebbe garantire la programmazione politica, la condivisione con la popolazione, l’ascolto delle diverse istanze.
La comunità di Mattarello, per non dire quella dell’intero comune di Trento, non sono state coinvolte in questa scelta. Il Consiglio Circoscrizionale del sobborgo non ha mai espresso un parere sul valore sociale e culturale del progetto. Il Consiglio, dal canto suo, con le scarse informazioni ricevute, non ha coinvolto la popolazione in maniera proporzionale alla portata dell’opera. Solo dopo forti pressioni della popolazione sono state presentate sommariamente le immagini del progetto all’assemblea del marzo 2008 e il Presidente della Provincia ha confezionato, per gli abitanti di Mattarello, un pieghevole illustrato di propaganda. Sempre più spesso la politica locale scambia la promozione per partecipazione.
Il diritto del cittadino di conoscere tutti i dettagli di un opera pubblica e di vigilare così i propri amministratori è negato. Quei cittadini che hanno richiesto informazioni più dettagliate sul progetto hanno ricevuto solo un pieghevole.

IMPATTO ECONOMICO

La Giunta Provinciale di Trento, alla fine di accordi preparatori iniziati nel 2000 [1], il 7 febbraio 2002 autorizza il presidente Dellai alla sottoscrizione dell’intesa Governo-Provincia [2]. La firma di Dellai è apposta a Roma, in data 8 febbraio 2002 [3]. In questo accordo, la Provincia Autonoma di Trento si impegna a realizzare, contro la cessione da parte dello Stato di beni quantificati in 106 milioni di euro, strutture per 111 milioni di euro. Fra queste, per un importo di 64,5 milioni di euro, “infrastrutture necessarie alla difesa logistiche alloggiative e funzionali[4]: le nuove caserme in località S. Vincenzo di Mattarello.
Nel 2007 l’importo generale dell’opera “nuove caserme” arriva a 194,230 milioni di euro [5]: il costo in 5 anni è aumentato del 300%. Contando le spese non ancora preventivate come la bonifica delle aree dismesse (le 5 caserme in città), i costi effettivi del progetto si possono stimare con un aumento del 600% rispetto a quanto previsto inizialmente.
Facciamo notare come il valore dei beni ceduti in scambio dallo Stato, quantificato nel 2001 [6] in 106 milioni di euro, sia passato nella stima del 2002 a 239 milioni di euro [7] più che raddoppiando il costo dell’operazione per noi.
Puntando l’attenzione sugli alloggi per i soldati, sempre l’Accordo di programma quadro prevede la costruzione di “N. 8 + 3 palazzine alloggi collettivi[8] all’interno della cittadella militare. Inoltre, “qualora si rendesse necessario mettere a disposizione del Ministero della Difesa ulteriori unità abitative, fino alla concorrenza di 200 alloggi, la Provincia si impegna altresì ad individuare, sulla base di specifica convenzione con il Ministero della Difesa, nell’ambito del patrimonio pubblico esistente, idonee strutture[9].
Per questo nel 2004 sono state acquistate a Mattarello, dalla ditta Edilbeton, due intere palazzine, di 36 appartamenti, per un importo complessivo di 11.433.800 euro (costo medio del singolo alloggio 317.600 euro); 12 alloggi sono stati ceduti l’anno stesso alla Difesa [10] e, nel 2006, gli altri 24.[11]
Tutto questo elenco di cifre - si badi bene soldi pubblici, provinciali, nostri - vorremmo facesse riflettere sull’effettiva convenienza dell’operazione. In cambio cosa abbiamo ricevuto? Che ne sarà dei terreni liberati dalle caserme cittadine?
La ricaduta economica locale in termini di lavoro sarà limitatissima in quanto poche sono le nostre aziende in possesso dell’apposita certificazione per poter partecipare alle gare d’appalto bandite dal Ministero della Difesa.

Note:
1_ Verbale Consiglio Comunale di Trento: adunanza del 26.02.2008
2_ “Intesa istituzionale di programma tra il Governo della Repubblica italiana e la Provincia autonoma di Trento approvazione dell’Accordo di programma quadro n. 1 – Interventi per la razionalizzazione delle sedi e delle strutture statali e provinciali nella città di Trento” Delibera della Giunta Provinciale n. 133 del 07.02.2002
3_ Delibera della Giunta Provinciale n.453 del 13.03.2006
4_ Delibera della Giunta Provinciale n.41 del 12.01.2001 nella quale le cifre sono espresse in lire
5_ Delibera della Giunta Provinciale n. 674 del 30.03.2007
6_ Delibera della Giunta Provinciale n.41 del 12.01.2001
7_ “238.801.743 euro” in “Intesa…” art. 4 comma 2, in Delibera della Giunta Provinciale n. 133 del 07.02.2002
8_ Bando di gara per pubblico incanto, Ministero della Difesa, Direzione Generale dei Lavori e del Demanio, pubblicato il 11.08.2004
9_ Delibera della Giunta Provinciale n. 453 del 13.03.2006
10_ Delibera della Giunta Provinciale n. 1901 del 20.08.2004
11_ Delibera della Giunta Provinciale n. 453 del 13.03.2006

IMPATTO SULLA COMUNITA'

Il progetto di una “cittadella militare” comporterà l’inserimento nel tessuto urbano di un corpo separato, una sorta di “ghetto”. Questa nuova comunità finirà per vivere a sé, come nelle basi USA, dove la gente trascorre anni in un paese senza nemmeno conoscerlo.
Nemmeno la scelta di realizzare all’interno dell’area militare impianti sportivi e spazi culturali può trasformare un luogo militare in uno civile. Inoltre, anche se usufruibili dalla cittadinanza, questi impianti sportivi-culturali rappresentano un ingente investimento di risorse ad uso privilegiato di una categoria che già gode di altre corsie preferenziali come alloggi e accesso a determinate carriere. Infine queste nuove strutture possono essere la premessa alla chiusura di quelle esistenti come ad esempio la piscina Fogazzaro .[12]
L’intervento porterà un aumento pari al 28% della popolazione di Mattarello senza che sia stata fatta la benché minima previsione di un congruo aumento delle infrastrutture sociali. Sono state spese molte parole sui luoghi ricreativi ma nemmeno una su scuole, asili e servizi sociali. Certo non è pensabile che tutto gravi sull’attuale dotazione della popolazione di Mattarello, che a malapena soddisfa le esigenze del sobborgo. Anche a fronte delle richieste di potenziamento dei servizi scolastici presentate dalla Circoscrizione [13], il Comune non ha previsto per questi ulteriori stanziamenti.
Il personale militare di stanza a Trento che ritornerà da missioni che avvengono in territori di guerra sarà, come frequentemente accade, portatore di veri e propri traumi emotivi, spesso causa di disagi psicologici e comportamentali, un carico sociale che verrà a concentrarsi su tutta Trento Sud.
Mattarello e Trento Sud diventeranno, in caso di conflitto, “obiettivo bellico” grazie alla creazione di un nodo militare ben definito, sicuramente individuabile e di rilevanza strategica, data la concentrazione di risorse militari in termini di uomini, mezzi e strumenti.
Il rischio di un conflitto non ci sembra così remoto ma se volessimo pur considerarlo inesistente allora a che scopo potenziare la dotazione militare di stanza a Trento?

Note:
12_ Cfr. Franco Gottardi, Destino segnato per la piscina Fogazzaro, in L’Adige del 26.08.2007, p. 21
13_ Circoscrizione 08 Mattarello, delibere n. 22 del 27/07/2004 e n. 31 del 29/07/2005

IMPATTO AMBIENTALE

Durante i lavori (quindi per almeno i 5 anni programmati) continuerà il consistente sollevamento di polveri, risultanti dal sostanzioso movimento di terra e dallo spostamento degli inerti con mezzi di trasporto pesanti, l’inquinamento atmosferico e quello acustico generato dai mezzi stessi.
Ancora più impattanti dal punto di vista ambientale ci sembrano le problematiche a lavori conclusi. La nuova regimazione delle acque sarà totalmente modificata per poter mettere in sicurezza una zona di naturale esondazione dell’Adige. Data la natura delicata degli edifici, si è ecceduto in prudenza volendo rendere la zona a prova di alluvione tramite l’innalzamento, con materiale di riporto, del livello del terreno. Ciò comporterà però che le zone immediatamente a Nord e a Sud della cittadella militare, diventeranno di fatto più vulnerabili dal punto di vista idrogeologico. Se l’Adige non si potrà sfogare in campagna lo farà sull’abitato.
Dobbiamo pure considerare che il Trentino ha solo l’1% di territorio pianeggiante e l’utilizzo di 27 ettari di terreno agricolo primario per le nuove caserme ci sembra uno sperpero. La preoccupazione per la sottrazione di territorio utile per l’agricoltura è condivisa dall’Unione contadini [14] e dalla Coldiretti [15] provinciale.
Non dimentichiamo poi che i 43 ettari di terreni che verranno dismessi dai militari non sono soggetti a verifiche delle agenzie protezione ambiente, come un qualsiasi terreno civile, e che quindi non sappiamo quanto e cosa comporterà la loro bonifica. Certo è che sarà a intero carico della collettività.

Note:
14_ Cfr. Silvia Ceschini, Agricoltura minacciata dalla città, in L’Adige del 19.01.2003, p. 24
15_ Cfr. Trento, questa città che spreca la sua terra, in Trentino del 04.03.2005, p. 9

TRENTINO TERRITORIO DI PACE?

Ogni grande progetto richiede una valutazione che va al di là dell’impatto economico e ambientale, tanto più se si tratta di un’opera non civile ma militare a carico della nostra provincia.
Ci troviamo ad essere una delle poche province ad avere nel proprio bilancio un capitolo dedicato alle spese militari. La domanda che ci poniamo è quale sia la finalità ultima della destinazione di ingenti risorse finanziarie e di territorio.
Questa nuova struttura non può essere paragonata alle vecchie caserme perché sono cambiate le finalità del “sistema difesa” in Italia e il contesto internazionale in cui esso è inserito. Il nuovo modello di difesa, che si sta delineando dagli anni ’90, afferma esplicitamente l’obiettivo di difendere gli interessi nazionali ovunque siano minacciati. In questo quadro si inserisce la professionalizzazione dell’esercito e l’investimento in costosi sistemi d’attacco. Le missioni internazionali, a cui anche l’Italia partecipa, sono spesso finalizzate al controllo di risorse e aree strategiche per l’economia dominante. Ammettendo che lo scopo sia la pacificazione di queste aree, dobbiamo interrogarci, di fronte a tanti esempi tragici noti, dall’Iraq all’Afghanistan, sulla loro efficacia.
La professionalizzazione dell’“arte bellica” ha fatto diminuire le vittime militari nei conflitti degli ultimi 100 anni, ma ha fatto aumentare le vittime civili.
Anche il personale militare di stanza a Trento è in parte impiegato in queste operazioni internazionali.
Il Trentino è impegnato nella promozione della cultura di pace anche attraverso iniziative istituzionali ed educative. Diamo merito a questo impegno, ma dove è la coerenza se allo stesso tempo sceglie di costruire opere che si inseriscono in un meccanismo di guerra?

Siamo ancora in tempo per il futuro della nostra Terra e contro la guerra.
Richiedi informazioni, pretendi la trasparenza, fai sentire la tua voce!
Solo se diventiamo protagonisti del nostro futuro possiamo impedire decisioni prese ignorando il bene comune.
Non è mai troppo tardi!

11.9.08

Cles: pesticidi in parchi pubblici e case

Comitato salute: analisi su dodici campioni. Nell’87% dei casi si trovano residui di agrofarmaci

Su 12 campioni raccolti in proprietà private e pubbliche, fatti analizzare in un laboratorio legalmente riconosciuto, 10 hanno confermato la presenza di residui di pesticidi. In tutte e 10 le località della valle di Non in cui questi campioni sono stati raccolti (in due il campione era doppio) si è verificata la presenza di residui. Tra l'altro i campioni sono stati raccolti anche: in un parco pubblico, in un parco giochi, all'interno di un appartamento privato e in un prato a sfalcio privato.

Il Comitato per il diritto alla salute in valle di Non ha in mano i risultati di una serie di analisi che, a proprie spese (3.000€ il costo), ha commissionato ad un laboratorio fuori provincia. «Si tratta di 12 campioni - dicono Sergio Deromedis, Virgilio Rossi, Raffaella Mottes e Marco Osti a nome del Comitato - raccolti in 10 località. I campioni sono stati raccolti il 24 giugno 2008, giorno di sole. Nei mesi precedenti si erano avute copiose precipitazioni e l'ultimo trattamento consigliato era per fine maggio e inizio giugno». Quindi campionatura non in periodo sospetto. Alla raccolta era presente un addetto del laboratorio di analisi. Il territorio interessato? «In 8 casi, si trattava di pertinenze di abitazioni private, poi un parco giochi, un parco pubblico, l'adiacenza di un parco di un asilo nido e un prato a sfalcio». Quali parchi? «Il parco Doss del Pez di Cles, il parco giochi di Rallo e un prato stabile da foraggio a Smarano». I risultati? «Su 12 campioni, 10 contenevano residui di fitofarmaci. Teatraconazole, Chlorpyrifos-etil, Pirimicarb, Captano e tanti altri. In due parchi su tre, nei campioni di erba c'erano residui e così nell'abitazione privata». Che tipo di materiale è stato analizzato? «Erba nei parchi e nel prato a sfalcio, verdura ed erba negli orti, polveri sul davanzale e dentro l'abitazione». Non è legale la presenza di residui di pesticidi? «No, è contraria al dettato dell'articolo 674 del codice penale, che tutela la pubblica salute». Si tratta, asseriscono i volontari del Comitato, di fitofarmaci già studiati per le loro particolari pericolosità per la salute. «Un solo esempio. Il Chlorpyrifos-etil è stato proibito nel 2002 negli Stati Uniti in zone residenziali perché è stato dimostrato che le donne in gravidanza esposte al prodotto hanno partorito figli con cervello di dimensioni minori al normale. Si tratta di prodotti, quali il Captano, cancerogeno, che non sono di ultima generazione, apparsi sul mercato tra gli anni '40 e '60».

Perché il Comitato ha commissionato le analisi? Non ci sono controlli pubblici? «Le analisi vengono fatte solo sul prodotto venduto, nel nostro caso le mele. Poi sulle acque. Nessuna indagine, i cui risultati siano stati pubblicizzati, è stata condotta su superfici private e pubbliche». Il risultato più contundente di queste analisi lo espone il portavoce del comitato, Sergio Deromedis: «Possiamo ipotizzare che gran parte della superficie della valle di Non soggetta all'agricoltura intensiva della mela, veda la presenza di residui di fitofarmaci». I pesticidi arrivano anche, in proporzioni più o meno rilevanti, nelle case e interferiscono pure con altre produzioni alimentari: orti ma anche nell'erba del prato preso in considerazione (quindi interferiscono con l'attività zootecnica) e con l'agricoltura biologica.

Una campionatura è stata raccolta anche in una casa privata: giardino, orto, interno dell'appartamento: erba, ortaggi e polveri. «È stato monitorato un periodo di 6 mesi, da aprile a settembre. L'ordinanza dice che i trattamenti devono essere effettuati con lancia entro una fascia di 25 metri dal confine, in assenza di vento e in osservanza di altre ordinanze comunali. Eppure noi abbiamo potuto verificare la presenza di residui di fitofarmaci sia all'interno dell'abitazione e fino a 70 metri dal frutteto». Di qui, ad esempio, una delle proposte del Comitato: chiedere che i Comuni esigano i 100 metri di distanza dalle case e pertinenze private e di pubblica frequentazione. «I propri ortaggi, il proprio spazio privato non sono esenti da tracce di fitofarmaco». E qui la gente del Comitato consiglia la lettura di una bibliografia piuttosto ampia: ricerche scientifiche che proverebbero effetti importanti sulla salute per il contatto prolungato o con certe quantità di certi fitofarmaci: da irritazioni cutanee e delle vie respiratorie ad effetti sul sistema riproduttivo, endocrino, da effetti sul sistema neurologico a possibili effetti cancerogeni (linfomi, leucemie, prostata)».

Un'ultima precisazione da parte del Comitato: «Il nostro interesse non è quello di sabotare l'agricoltura intensiva ma difendere la vivibilità e la salute pubblica di una valle. L'agricoltore deve poter vivere degnamente del suo lavoro. Ma devono essere migliorati certi aspetti della sua attività. Vogliamo anche allertare i sindaci: debbono come minimo far rispettare la normativa esistente ma anche cambiarla quando insufficiente a difendere la salute pubblica».

Comitato diritto alla salute: chi sono
Il Comitato diritto alla salute ha una trentina di aderenti e ha raccolto più di mille firme a sostegno del proprio progetto nell'estate 2007-estate 2008. Molte firme (650) sono state consegnate alla giunta provinciale di Trento. Gli aderenti al Comitato sono di fasce professionali diverse: contadini, medici, artigiani, commercianti. Volontari. «Il nostro obiettivo è il contratto sottoscritto da un migliaio di persone. Le premesse riguardano il tema dei pesticidi, il non rispetto dei regolamenti e delle ordinanze esistenti. Ma anche la necessità di cambiare molte di queste norme». Solo dal 3% al 10% degli agrofarmaci giunge all'obiettivo e quindi dal 90% al 97% si disperde invece nell'ambiente. «Sono i risultati di una indagine del 1985. Nella petizione sono state chieste alla giunta provinciale cinque cose. Uno studio aggiornato su suolo, acqua, aria della valle di Non (fanghi e acque ferme). Uno studio epidemiologico sulla salute degli abitanti della valle con particolare riferimento ai bambini. Che si dichiari con totale certezza che non ci sono problemi per la salute, a seguito dell'uso di fitofarmaci, a vivere in questa valle. Un controllo del rispetto delle ordinanze comunali in tema di uso dei fitofarmaci e del protocollo della lotta integrata. Regole legislativo-urbanistiche per ridurre la tensione tra meleti e popolazioni, che migliorino la convivenza della gente con l'agricoltura intensiva. E si chiede che a lungo termine venga limitato lo sviluppo dell'agricoltura intensiva, incentivando forme di agricoltura pulita e la biodiversità sul territorio». Sono stati informati anche i sindaci di tutti i Comuni della valle di Non e Bassa valle di Sole con una lettera informativa contenente precisi riferimenti a ricerche scientifiche (anche in campo medico).

Un questionario per 106 turisti della media valle: salvate paesaggio e salute: «Stop a sviluppi ulteriori del melo»
Il turista che si rivolge alla valle di Non da anni, capisce cosa significa l'agricoltura intensiva. Sia nel suo aspetto relativo ai «trattamenti» (gli agrofarmaci) che in quello che riguarda l'impatto paesaggistico, ad esempi reti di protezione dalle grandinate e pali di cemento. E dimostra di non gradire eccessivamente.
Il Comitato per il diritto alla salute ha predisposto un questionario che ha sottoposto a 106 turisti durante la stagione stiva dell'anno 2007 e poi dell'anno 2008. Ogni questionario prevedeva anche che il turista indicasse, per iscritto, il suo nome ed i suoi recapiti. Gli scopi dell'indagine? Così il portavoce del Comitato Salute: «Volevamo capire quale sia lo sguardo del turista sul nostro paesaggio, sul nostro ambiente. Particolarmente in quella fascia della valle di Non, attorno ai 700 metri sul livello del mare, dove la frutticoltura è giunta solo in parte». Tanto per capirsi la zona di Tres, Smarano, Sfruz, Coredo, Romeno e Cavareno. I 106 turisti che hanno accettato di riempire il questionario avevano un'età media di 53 anni. Dalla lettura delle risposte si evincono alcune considerazioni: «Per il 39% degli intervistati il paesaggio noneso in questi ultimi anni è peggiorato. Il 64% di loro afferma che il peggioramento è dovuto allo sviluppo agricolo, all'agricoltura intensiva».
C'è di più: «Il 90% dei turisti sentiti dichiara che non sceglierebbe per le sue ferie un luogo di coltivazione intensiva del melo». Non solo a causa dell'uso degli agrofarmaci. C'è anche un altro impatto sul paesaggio che viene notato dagli ospiti: «Solo il 14% ritiene di minima importanza l'impatto sull'ambiente delle reti antigrandine».
Comunque, il 78% non apprezza l'idea che la coltivazione intensiva di mele si espanda ancora di più nelle località prescelte per le vacanze. Infine, il 40% di coloro che hanno compilato il questionario proposto dal Comitato asserisce che l'immagine che la pubblicità propone della valle di Non come luogo di vacanza, non rende l'idea del reale ambiente di questo ambito». Insomma, al turismo si mostrano vette e pascoli, dimenticando le mele. Ma il turista poi arriva in valle e non è cieco.


L'Adige
, 10 settembre 2008

Vedi anche:
Melinda si espande ma cresce anche la protesta

Caserme di Mattarello: manca la democrazia, sospeso il consiglio comunale

I mugugni e i bavagli dei No Base causano la sospensione del consiglio-farsa

E’ durato pochi minuti il consiglio comunale di Trento che doveva assistere all’audizione dei tecnici della provincia sul progetto delle nuove caserme di Mattarello.
Nei giorni scorsi il comitato che si batte contro la costruzione della base militare, aveva ricevuto oralmente il divieto di poter intervenire con un proprio esponente all’interno del consiglio comunale. Addirittura, nemmeno i consiglieri sarebbero potuti intervenire nel merito del progetto, ma avrebbero dovuto limitarsi ad ascoltare il resoconto dei tecnici provinciali.
Per questi motivi gli attivisti No Base hanno deciso di presentarsi in via Belenzani ed entrare nell’aula in un nutrito numero per assistere, imbavagliati, al finto dibattito e consegnare un opuscolo informativo contro la base militare di Mattarello e un bavaglio ai consiglieri.
La polizia ha però perquisito i manifestanti impedendo loro di entrare con volantini e bandiere, ma tollerando i bavagli che, una volta iniziata la seduta, sono stati posizionati sulla bocca. I mugugni che riecheggiavano come simbolo di una democrazia fatta tacere sono riusciti nell’intento di far sospendere la farsa.
"Oggi siamo riusciti a salvare la faccia alla finta democrazia del consiglio comunale e dopo questa sospensione chiederemo ufficialmente che si svolga un vero consiglio comunale, con all’ordine del giorno la questione della base militare, e dove tutti, compreso il comitato, possano intervenire per informare la cittadinanza su un progetto che coinvolge un intero territorio e che sostiene le politiche di guerra."
Il prossimo appuntamento dei No Base è per giovedì 11 settembre ore 20.30 alla sala Clarina per la presentazione del contro-pieghevole con la partecipazione dell’editorialista Franco de Battaglia del quotidiano locale "Trentino".

Link:
Approfondimenti sul progetto delle nuove caserme

10.9.08

Nuovi appuntamenti dei No base di Mattarello

Mercoledì 10 settembre ore 19.30 in via Belenzani

Tutti/e al consiglio comunale di Trento.
Dibattito in consiglio comunale sul progetto delle nuove caserme a Mattarello


Giovedì 11 settembre ore 20.30 a Trento, sala della Clarina via Clarina 2

Presentazione del contro pieghevole sul progetto delle nuove caserme a Mattarello.

Interverranno:
il Comitato di Mattarello e l'editorialista del Trentino Franco de Battaglia


Il pieghevole che sarà presentato è il frutto di un lavoro collettivo di ricerca e di studio che propone delle argomentazioni contro la costruzione delle nuove caserme militari che graveranno sul territorio di Mattarello.
Ventisette ettari di terreno lasceranno il posto a una "cittadella" dove verranno concentrate tutte le strutture militari di Trento. A servizio dei militari saranno realizzate anche residenze e infrastrutture ricreative. Tutto a carico della Provincia Autonoma di Trento. In cambio lo Stato ci darà le aree delle caserme in via di dismissione...

Info:
[ trentomilitarenograzie.blogspot.com ]
[ Officina Ambiente]

8.9.08

La foresta del Latemar distrutta dalle ruspe

Con un lavoro istituzionale ben concertato la Provincia Autonoma di Bolzano, i comuni di Nova Levante (BZ) e Vigo di Fassa (TN), hanno orchestrato l’operazione dell’ assalto definitivo all’area di Carezza e Costalunga. Si è atteso che i turisti abbandonassero il territorio e già con i primi di settembre decine di ruspe, trattori, boscaioli erano all’opera per incidere in modo selvaggio la foresta demaniale del Latemar, per costruire nuove piste da sci e nuovi impianti che aggrediscono sia il Latemar verso occidente che la Roda di Vael ed il Catinaccio ad Oriente.
Si sta così distruggendo l’area cuscinetto del Latemar incidendo quindi nel territorio che doveva essere tutelato dall’UNESCO come Dolomiti-Patrimonio Naturale dell’Umanità. La foresta ora è già sventrata e nella sola giornata di oggi il locale comitato ha raccolto oltre 1000 firme perché la Provincia intervenga a difendere questo straordinario patrimonio paesaggistico.
La società Latemar Carezza Srl vuole costruire il “Carezza Ski King Of the Dolomites”, un nuovo carosello sciistico. Si tratta di un impianto con cabinovia a sei posti che salirebbe il costone Rotschingher distruggendo 18 ettari di foresta che vanta legname pregiatissimo e pascoli; la costruzione di ben tre piste, una nuova seggiovia che colleghi il rifugio Coronelle al Costalunga, un’altra che da Malga Moser porti al costone Rotschinger tra il rifugio Coronelle e il Paolina, arrivando a soli 80 metri dalle pareti del Catinaccio, alla base della Cima Sforcella e della Roda di Vael.
E’ inoltre previsto un bacino di accumulo acqua per 100.000 mc con la messa in opera di 170 postazioni per cannoni da innevamento artificiale.
Visto che un simile investimento deve rientrare economicamente si dovranno avere una media di 4/6000 sciatori al giorno, aumenterà il traffico in tutta l’area, si costruiranno nuovi enormi parcheggi a Nova, a Carezza e al passo di Costalunga, sarà costruito il campeggio di 12.000 mq al maso Angerle.

Addio UNESCO, addio ad un paesaggio tenue e delicato, addio ad ogni sogno di coerenza da parte delle province autonome di Bolzano e di Trento. Chi di voi salirà in questi giorn i si prepari a rabbrividire davanti a tanto scempio. Comprenderete anche perché Bolzano, Trento e Reinhold Messner abbiano preteso di ridurre la tutela UNESCO alle sole rocce, al monumento fine a sè stesso.

6.9.08

Manifesta7 - Contro la guerra, contro la base militare di Mattarello

E se tutto questo lo avesse fatto un soldato partito dalla base militare di Mattarello?

Le Nazioni Unite hanno detto di essere in possesso di prove che dimostrano che nei raid aerei condotti la scorsa settimana dalle forze della coalizione NATO a guida USA in Afghanistan - di cui fanno parte anche Italia, Inghilterra, Germania e molti altri paesi europei - sono morti 90 civili afghani, la maggior parte dei quali bambini.

"Le indagini di Unama (la missione di assistenza delle Nazioni Unite in Afghanistan) hanno trovato prove, che si basano sul racconto di testimoni oculari e di altri, secondo le quali circa 90 civili - tra cui 60 bambini, 15 donne e 15 uomini - sono stati uccisi", ha spiegato in una nota l’inviato speciale dell’ONU in Afghanistan, Kai Eide.

(Fonte: Reuters - Martedì 26 agosto 2008 - ore 17.29)

1.9.08

Colbricon: no alla politica che impone

Duecento alla protesta: "Progetto illegale, l'Europa lo fermerà"

Sul crinale che sovrasta i laghi di Colbricon, hanno issato palloni colorati, due V rovesciate alte una quarantina di metri per far vedere a chi era rimasto sulle sponde del lago come apparirebbero i piloni dell'impianto di collegamento tra San Martino e Rolle. D'acciaio, non lievi come palloncini. Dopo la notte in tenda, ieri sulle sponde dei due specchi c'erano un centinaio di persone, in rappresentanza di 15 associazioni ambientaliste e d'impegno civico, a dire no a quei piloni. Con la presenza, fuori programma ma ben accolta, del presidente della Nuova Rosalpina spa Pierleonardo Bancher e del presidente del Comprensorio Cristiano Trotter («sono qui per rappresentare tutta la comunità: ascolterò, ma non parlerò»). Illegale, fallimentare, impattante. Tre gli aggettivi spesi più di altri, per descrivere il progetto portato avanti dal Consorzio impianti a fune. A sottolineare il contrasto con le normative italiane ed europee in materia di zone protette sono stati Paolo Mayr (Italia Nostra) e Walter Bonan , ex presidente del Parco delle Dolomiti bellunesi e delegato di Federparchi: «Questo intervento è illegale - ha detto Bonan - perché in riserva integrale del Parco dove non può essere costruita alcuna struttura. Le normative sono chiarissime e se qui si proverà a dare parere favorevole, ci sarà l'Unione europea a non fare sconti». D'accordo anche il direttore del Parco di Paneveggio, Ettore Sartori , che proprio su questo aspetto ha basato il proprio parere negativo sul progetto e che ieri, unico rappresentante del Parco (non c'era nessuno della giunta, né del comitato di gestione), è salito a Colbricon per ascoltare. Ma non c'è solo l'aspetto delle normative, dell'impatto né dei cospicui finanziamenti pubblici attesi per realizzare l'impianto, che molti definiscono «un debito futuro colossale». C'è anche una preoccupazione relativa al fatto che, se per l'industria dello sci ci sono sempre soldi (Francesca Manzini di Officina Ambiente ha ricordato che Trentino Sviluppo spa spenderà il 51% del suo budget triennale per sostenere società impiantistiche), per quella dei saperi, della cultura, della conservazione della montagna non ce n'è mai. Ne hanno parlato Gigi Casanova , Cipra Italia, e Toio de Savorgnani , vicepresidente di Mountain Wilderness. Non ci sono soldi, forse perché non ci sono interessi forti? L'avvocato Giorgio Leitempergher ha risposto al dubbio: «Impiantistica significa speculazione edilizia, perché nessuna società è in grado di finanziare da sé nuovi impianti e dunque ha bisogno di investitori interessati». Una preoccupazione manifestata, paradossalmente, dallo stesso presidente di Nuova Rosalpina spa, nel suo intervento a favore del progetto: «Rispetto le vostre idee - ha detto Bancher - ma vorrei che veniste anche a S. Martino a difendere i prati dagli speculatori: perché dove sono stati tolti impianti dismessi, sono sorti residence e seconde case». Ma l'urgenza di chi ieri era a Colbricon è un'altra: far capire a chi dovrà decidere se dare o no il via libera all'impianto che le scelte non si calano dall'alto, che si discutono coi cittadini. «Basta con questa politica, basta coi tavoli di confronto fasulli - ha detto Stefano Mayr -. Basta con chi dice che tanto è tutto già deciso, qualunque cosa diciamo». Ad affermare la necessità di una nuova politica condivisa sono stati tanti: quelli contro gli impianti di Lastebasse, di Tremalzo, i comitati veneti, i No Tav e quelli che si oppongono alle nuove caserme a Mattarello. Francesco Borzaga (Wwf) è stato tagliente: «Non si portano avanti questi progetti sotto la bandiera del centrosinistra». Gli ha fatto eco Francesco Porta, di Rifondazione comunista di Fiemme (presente con il consigliere provinciale Agostino Catalano). E de Savorgani ha ricordato che Riccardo Illy , proprio per esser passato sopra la testa della sua gente, non è più governatore del Friuli.

"Rete" ambientale
Forse, il risultato più importante della manifestazione a Colbricon è la nascita di una rete tra le 15 associazioni presenti, che d'ora in poi si terranno in contatto anche per programmare iniziative comuni. La prima potrebbe essere una protesta sotto gli uffici della Valutazione d'Impatto Ambientale, a Trento. L'idea è stata lanciata da Francesca Manzini, di Folgaria: "Dobbiamo far sapere alla gente cosa c'è dietro le decisioni della VIA: i politici".

L'Adige, 01/09/2008