30.7.08

Legambiente: nuova bandiera nera contro gli impianti sciistici a Folgaria

Testo tratto dal Dossier di Legambiente "La Carovana delle Alpi":

Trentino
BANDIERA NERA
a: COMITATO PROVINCIALE PER L'AMBIENTE E COMMISSIONE URBANISTICA PROVINCIALE

MOTIVAZIONE: per l'assenso dato alle Varianti ai PRG di Tiarno di Sopra e di Folgaria, che prevedono smisurate concessioni a progetti di infrastrutturazione sciistica e turistica estremamente rilevanti in ambiti di alta rilevanza naturalistica.

DESCRIZIONE: la conca di Tremalzo, situata nel territorio comunale di Tiarno di Sopra, si trova a 1600 metri d'altezza, sul confine con il Parco Alto Garda Bresciano, ed è uno dei siti di importanza comunitaria (Sic) più pregiati del trentino: i suoi 21 endemismi (specie floreali uniche al mondo o rarissime) sono ben descritti in ambito scientifico, e a livello internazionale, da decenni. Tremalzo ospita un importante uso civico per la monticatura delle ultime vacche della valle.
Altissima è pure la rilevanza dell' altopiano di Folgaria, confinante con la provincia di Vicenza (Altopiano dei Fiorentini), che associa alle emergenze naturalistiche un pregio paesaggistico assolutamente unico e indiscutibile. ll Comitato Provinciale per l'Ambiente e la Commissione Urbanistica Provinciale, in diverse sedute hanno approvato le Varianti al PRG dei Comuni di Tiarno di Sopra e di Folgaria, con i relativi progetti di infrastrutturazione sciistica e turistica in aree interessanti anche dal punto di vista culturale e storico, a fronte in entrambi i casi di rapporti istruttori chiaramente critici sotto il profilo ambientale e paesaggistico e inconsistenti sotto il profilo della motivazione (scarsità idrica per l'innevamento artificiale, scarsa appetibilità tecnica delle piste progettate). L'elevato impatto paesaggistico e ambientale, nel caso di Tremalzo (Tiarno) per la perdita dell'uso civico secolare del pascolo, nel caso di Folgaria per la compromissione di un' area che fra gli altri valori conserva importanti vestigia della prima guerra mondiale.
Riteniamo che da parte di questi organismi vi sia stata una sostanziale e grave abdicazione al ruolo di controllo delle trasformazioni che determinano rilevanti impatti sul paesaggio, una 'licenza di cementificazione' difficilmente comprensibile in una regione come il Trentino che sulla qualità del proprio paesaggio ha costruito gran parte della propria fortuna turistica.

Veneto
BANDIERA NERA
a: COMUNITÀ MONTANA ALTO ASTICO–POSINA (VICENZA)

MOTIVAZIONE: per aver utilizzato finanziamenti europei per i piani di sviluppo turistico sull'altopiano dei Fiorentini in assenza di adeguata procedura di valutazione ambientale in siti sensibili di pregiato valore storico e ambientale.

DESCRIZIONE: la comunità Montana Astico – Posina attraverso il bando di Concorso della Regione Veneto, cofinanziato dal Fondo Europeo di Sviluppo Regionale DOCUP ob. 2, diventa il beneficiario finale di un progetto, realizzato nel 2002 e approvato nel 2004, che comprende la realizzazione di due seggiovie "Albergo Monte Coston e Tre Sassi", e di due piste da sci "Dosso del Gallo e Steinblok" sull'Altopiano dei Fiorentini. A sua volta i lavori sono affidati alla società Carosello Sky spa avente sede in Folgaria (TN), proprietaria anche della Tempo Libero Folgaria srl. a sua volta socio unico della Spa Fiorentini Folgaria, con sede a Lastebasse (VI), società che operano in collaborazione e con finanziamenti della Comunità Montana stessa e della Regione Veneto.
Il progetto insiste su un'area di notevole pregio naturalistico e storico che a suo tempo venne segnalata dal progetto Bioitaly come possibile SIC (mai considerato dalla Regione Veneto) in quanto presenta una vegetazione specifica rilevante, con caratteristiche richiamate nella Direttiva 92/43/CE.
Il baito Tommasella, nel cuore della Val delle Lanze, è uno dei luoghi più belli e integri dell'Altopiano dei Fiorentini. La Val delle Lanze è la zona di maggior rilevanza sotto tutti i profili, reca i segni secolari di attività pastorali esercitate in quella zona da 12.000 anni. La valle assieme alla Val dei Tre Sassi e al Monte Coston è attraversata dal muro in sassi che costituiva il confine tra Italia e Impero Austriaco fino al 1918, e presenta ancora incorporati i cippi confinari; inoltre raccoglie importanti testimonianze della prima linea Austro-Italiana della Grande Guerra. A sua volta il Monte Coston è quasi completamente ricoperto di bosco autoctono: faggio, abete rosso e bianco, larice, acero, etc.. Il tracciato delle piste è posto sulle emergenze geologiche residue del glacialismo pleistocenico che così verranno inevitabilmente distrutte. Gli impianti e le piste proposte sono tra quelli a maggior impatto ambientale, pertanto la mancata acquisizione della Valutazione di Impatto Ambientale, obbligatoria in questa fase, considerata l'estensione dell'area occupata dai due impianti finanziati e dalle piste plurime ad essi relative, è uno strumento ineludibile, considerando inoltre che il progetto è realizzato con piste e strutture brevi, con un limitato dislivello e poste ad una altezza dove l'innevamento artificiale si rende quasi certamente indispensabile. Si sottolinea l'irregolarità delle procedure attuate attraverso interventi devastanti che aggirano gli obblighi di VIA con lo stratagemma del frazionamento del progetto in stralci di ridotte dimensioni.
La Procura della Repubblica di Vicenza, a seguito di un primo esposto, ha provveduto a sequestrare una parte dell'area di Monte Coston, in quanto le ditte incaricate dalla Comunità Montana e dalla Carosello Ski s.p.a. hanno abbattuto una foresta pregiata e spianato testimonianze del primo conflitto mondiale. Inoltre è nelle intenzioni degli attori coinvolti l'ampliamento del programma 'di sviluppo' iniziale con l'introduzione di un progetto di edificazione di un villaggio turistico di 42.000 mc in località Fiorentini (Comune di Lastebasse).
L'altopiano dei Fiorentini è oggi dunque uno dei più esposti 'fronti' del conflitto tra paesaggio e speculazione, la battaglia è impari e sostenuta da due fronti, Veneto e Trentino, e da notevolissimi interessi economici.

29.7.08

Le Alpi tradite dal denaro

C'è una parola, in Trentino, che fa ridere: orso. Questa involontaria e irresistibile comicità compie 10 anni. E' l'età della reintroduzione degli orsi bruni, acquistati in Slovenia, nelle Alpi centrali italiane. La risata non offre l'innocenza diretta del bambino, ma la corruzione ambigua dell'adulto. Se oggi dici "orso", i trentini spontaneamente si agitano: per paura, per noia o per rabbia. La ragione, inconfessata, è chiara. Il ritorno dell'ultimo totem vivente della montagna europea è un clamoroso, e unico, successo naturalistico. "La sua presenza - dice il capo delle guardie forestali della Provincia, Romano Masè - testimonia che l'ambiente conserva una preziosa complessità". Tutti sanno però che l'orso non è qui per un atto d'amore. Viene trattenuto a forza, sui perduti corridoi, perché vale un tesoro. Non serviva un animale, ma l'immagine di un universo scomparso. I montanari non lo sopportano perché hanno scoperto che il suo padrone non è il bosco, ma il turismo: le società degli impianti di risalita, signore onnipotenti delle Alpi e della monocoltura invernale dello sci. La sua presenza non suggerisce di limitare gli abusi: contribuisce a superare la vergogna dei compromessi. In questi anni, quando l'orso ha provato a fare l'orso, è stato ucciso, o rinchiuso in un recinto. L'accusa: si allontana troppo dai deserti immaginari in cui una favola deve restare. Tre condanne accertate, su una ventina di esemplari. L'ultimo incidente, a Molveno, è un simbolo. L'orsa che frugava nei cassonetti dei rifiuti, narcotizzata dai custodi, è annegata nel lago ai piedi delle Dolomiti di Brenta. Un errore. Non un caso, però. Ha rivelato l'abisso sui cui è sospesa la montagna trentina: l'attacco finale, pianificato da
leggi all'apparenza illuminate, contro la natura dell' arco alpino e contro ciò che resta dell' ambientalismo italiano. Dietro il marketing dell'orso - dice il sociologo dell'ambiente Lauro Struffi - c'è una gabbia: vasta, con impalpabili sbarre elettroniche, ma gabbia. E mentre noi sogniamo un cucciolo, il suo territorio finisce di essere distrutto nell'indifferenza».
A dare l'allarme, la moderatissima Società degli Alpinisti Tridentini. Per la prima volta, dopo 136 anni, ha indetto lo «sciopero dei sentieri». Non curerà più i tracciati in Paganella, cuore di una stagione epica dell'alpinismo. «Ruspe, piste e seggiovie - dice il presidente della Sat, Franco Giacomoni - hanno cancellato la montagna. Nessuno ci ha avvertiti. Inutile restare dove non si può più camminare». Il nuovo profilo è uno choc: uno scheletro di piloni, asperità spianate, grotte di ghiaccio riempite di detriti, autostrade sciabili che rompono i boschi. Uno scempio non isolato. Protetta dal marchio di garanzia dell'orso, la speculazione penetra in parchi e riserve. La Provincia autonoma di Trento ha pronti 50 milioni di euro per gli impianti che collegheranno Pinzolo con Madonna di Campiglio. Dieci milioni andranno alla connessione tra Passo Rolle e San Martino di Castrozza. Cento milioni alla comunicazione tra Folgaria e Laste Basse, in Veneto. Un'altra valanga di denaro è destinata a cabinovie e strade a Tremalzo, nel Tesino, alla Polsa, in valle di Pejo e in valle dei Mocheni. A rischio anche il ghiacciaio della Marmolada: una funivia sul versante fassano, promessa in questi giorni dopo anni di opposizione, sbloccherà l'attuazione dell'accordo sui confini fra Trentino e Veneto. «Località fallite - dice il leader di Cipra e Mountain Wilderness, Luigi Casanova - o sotto la quota-neve, o in zone delicatissime e sotto tutela integrale. All'inizio i soldi pubblici pagano gli impianti, poi ripianano i debiti che producono ogni anno». Non sono esclusi i fallimenti dei privati. La società funiviaria di Folgarida e Marrileva, in valle di Sole, in questi giorni rischia il crack. Decine di milioni gli euro perduti in una speculazione finanziaria sui terreni vicini all'aeroporto di Venezia. Il credito locale trema. La Provincia «per tutelare gli interessi collettivi», si è detta «pronta a fare la propria parte». A pochi mesi dalle elezioni provinciali d'autunno, monta anche l' ombra di una colossale speculazione edilizia. «Trentino e Sudtirolo - dice lo scrittore e giornalista Franco de Battaglia - sono la zona con la maggior concentrazione d'impianti al mondo. Non servono altre piste. Le seggiovie, spacciate per mobilità alternativa, nascondono milioni di metri cubi di seconde case sui fondovalle devastati da vent'anni di abusi». Una legge, coraggiosa ma in ritardo di anni, ha appena frenato le lottizzazioni comunali. Dal 2009, però, e a discrezione della giunta. La volata per trasformare in un condominio l'ultimo pezzo di prato è lanciata. Mentre l'orso ammicca dall'ingannevole pubblicità di Alpi intatte, avanzano strade in alta quota, tangenziali, tunnel, edifici, centri commerciali, cave, capannoni, funivie e bacini per l'innevamento artificiale. I parchi, soppressa la politica conservativa, sono relegati a logo per i depliant turistici: nessun ostacolo alle auto, sì anche a rally e ai raduni di fuoristrada. Il presidente del Parco Adamello-Brenta è diventato presidente dei cacciatori. Il leader del comitato anti-parco ha preso il suo posto. Davvero la specialità trentina, come si sussurra, è ridotta a finanziaria pubblica di sostegno alla voracità dei privati? La catena delle Alpi misura più di 190 mila chilometri quadrati. Il versante ormai è inciso da 87 mila chilometri di strade di montagna, 2.024 impianti di risalita, 5.943 chilometri di piste, 12 milioni di posti-letto turistici. Negli ultimi vent'anni il 60% delle frazioni d' alta quota dei 5.954 comuni alpini, è stato però abbandonato. Dimezzato il territorio coltivato: macchia e cespugli invadono ogni anno oltre la metà del terreno. «In Trentino nel 1980 - dice il perito Adriano Pinamonti - venivano sfalciati 300 chilometri quadrati di pascolo: ora, nonostante i contributi Ue e provinciali, sono 190. Dal 1990 le aziende agricole di montagna si sono dimezzate. Le malghe attive, da 700, sono ridotte a 300. Nel 1980 salivano sui pascoli estivi 36 mila vacche, oggi sono 8 mila. Gli ettari dei prati alti, da 90 mila, sono diventati 35 mila». L'età media della popolazione alpina è di 57 anni, 72 quella dei piccoli contadini. Paesi e villaggi sono abitati da vecchi e immigrati, ultima risorsa per alberghi, stalle e cantieri. In un secolo la superficie dei ghiacciai alpini, termometro della salute climatica, si è ridotta del 50%. I suicidi, nelle località turistiche raggiunte dalla ricchezza dello sci, sono il triplo di quelli in città. Il 74% dei giovani emigra a fondovalle, o nei capoluoghi, prima dei 25 anni. «L'Italia - spiega il direttore del Museo degli usi e costumi di San Michele all' Adige, Giovanni Kezich - dalla Roma imperiale ha ereditato cultura urbana e attrazione centripeta. Resiste però il magnetismo del paradosso alpino. Si fugge, ma si resta ancorati ad un invisibile, e indissolubile, cordone ombelicale. Chi nasce in montagna, appartiene per sempre alle relazioni che la animano. Il dramma è lo smarrimento della capacità di vivere da soli, senza rete. Un impoverimento sociale, ma pure un evento politico». Dopo il 1968, l'alta quota ha perso il fascino «americano» della protesta. Libertà, avventura, impresa, rifiuto di uno sviluppo, dall'Europa, si sono trasferite in Asia e Sudamerica. L'esodo dalle Alpi occidentali, in Piemonte, è consumato. Ma anche i villaggi trentini, cassaforte immobiliare dei nuovi ricchi, cominciano a restare deserti quasi tutto l'anno. Un'agonia alimentata da governo ed enti locali. L'Italia, spaventata dall' idea di regolare il traffico dei Tir, è l' unico Paese a non aver firmato la Convenzione delle Alpi. Le comunità montane, anche quelle vere, rischiano la soppressione. I contadini di montagna ricevono un terzo degli incentivi destinati agli agricoltori di pianura. L'anno prossimo le Dolomiti saranno dichiarate «patrimonio dell' umanità»: Trento e Bolzano hanno preteso però di tutelare solo le rocce, non l' ambiente che le circonda. «L'ennesimo imbroglio pubblicitario - dice il glaciologo Roberto Bombarda - svela l' obiettivo dei grandi interessi politici ed economici: ultimare la demolizione di ciò che resta dell' ambientalismo italiano. Un esempio? Nessuna località trentina è nella lista di quelle che hanno scelto una mobilità dolce». Colpire associazioni e comitati alpini, a cominciare da chi si oppone alle linee ferroviarie ad alta velocità, per estinguere ciò che resta del movimento che nel 1987 disse no al nucleare. Quali battaglie credibili resterebbero, nel Paese, consumata la distruzione della montagna?
«Protezionisti e Verdi italiani - dice Geremia Gios, docente di economia dell'ambiente all' università di Trento - vivono una crisi senza precedenti. Lotte estetiche, estremismo, mancanza di concretezza e assenza di leader autenticamente ambientalisti precedono il disastro degli ultimi anni. Si sono lasciati identificare come il partito neo-conservatore del no. In montagna, dove c'è bisogno di soluzioni ai problemi, odiano il loro snobismo ideologico: proprio quando sarebbero indispensabili».
Solo un'assessora Verde, a Trento, siede ormai nei governi regionali delle Alpi. La mobilitazione associativa è ai minimi storici. Nessuno schieramento nazionale mette la natura al primo posto del programma. «Il Trentino - dice il presidente provinciale del Wwf, Francesco Borzaga - era un esempio di armonia tra uomo e natura. Se l'equilibrio si è rotto qui, significa che non solo le Alpi sono perdute. La montagna, per la sua fragilità, ha sempre anticipato il destino ambientale di metropoli e pianure». Sotto accusa, l'iper-specializzazione economica dell' alta quota: colonizzata dall' industria della neve, spazza via le piccole aziende agricole e piega le medie al modello padano, o bavarese. Dal 2006 l'Europa ha ridotto drasticamente i sussidi agli allevatori. I contributi locali del 2007, aumentati per scongiurare il tracollo delle stalle, non sono ancora stati pagati. Chi può, abbandona. «Se non ti adegui a sistema e dimensioni della pianura - dice Laura Zanetti, presidente dei pastori e dei malghesi del Lagorai - ti fanno fuori. Il biologico viene ostacolato con ogni mezzo, trionfa un iperigienismo comico». Tutto deve essere sterile, pastorizzato e standardizzato. «Mentre tonnellate di concimi chimici, mangimi tossici e alimenti sconvolti dai conservanti, ottengono incentivi - continua Zanetti - La montagna è persa perché ha scelto di abbandonare i piccoli, la ricchezza della loro diversità». Uno spartiacque impressionante e senza precedenti. Da una parte l'oligarchia del potere politico ed economico, ormai indistinguibili. Dall'altra la crescente domanda popolare di condizioni di vita compatibili sulle Alpi. L'esempio della Vallarsa, tra le più povere e marginali del Trentino, è lo specchio di un cambiamento dirompente. In due anni è stata totalmente cablata. L'altro giorno, quando la rete ottica si è bloccata, il Comune è stato sommerso dalle proteste: sedici telefonate in venti minuti. «Il giorno dopo - dice il sindaco - è mancata l'acqua per una mattina: una chiamata in quattro ore». Tra pochi giorni aprirà qui il primo supermercato italiano automatico. Nel distributore 400 prodotti, freschi compresi, scelti dagli abitanti e acquistabili 24 ore su 24 con una tessera. Gli anziani non dovranno più implorare i figli di fare la spesa per loro a Rovereto. I neo-pendolari d'alta quota, vera novità della montagna fino a un' ora di viaggio dal posto di lavoro, disporranno di un servizio introvabile anche in città. Persi i contadini, grazie alla tecnologia i paesi si ripopolano di intellettuali e professionisti. Una coppia, nel silenzio di località Bruni, disegna cartoon destinati al mercato giapponese. «Non sono però i casi di nicchia - dice il sociologo Christian Arnoldi - a frenare la fuga innescata dal turismo di massa. L'indifferenza politica per la vita in montagna resta totale. In Italia si pensa ancora che seppellire il turismo di assistenzialismo significhi aiutare la montagna. Il risultato è che, assieme ai saperi, se ne va anche la cultura della contemporaneità. Una fascia del mondo sfasata dal proprio tempo: nelle valli gli eventi sono legati allo sport, oppure rileggono in farsa il passato». A combattere la battaglia decisiva contro l'ultimo assalto alla natura meglio conservata d' Italia, solo qualche giovane. Nei masi, assieme a rumeni, peruviani e indiani, cominciano a tornare ragazzi trentini decisi a coltivare la terra, invece di asfaltarla. Elisa e Filippo Rasom, ventenni, si sono appena sposati. A Vallonga, sopra Vigo di Fassa, hanno inaugurato un allevamento con 27 mucche e un apiario con 80 arnie. «Alberghi e piste - dice Filippo - senza una stalla non avranno più nulla da offrire». A Zortea, nella valle del Vanoi, Elisa e Corrado Cozzolino hanno puntato su 60 capre e 100 arnie. Laureati, padovani, oggi trentenni, sono reduci dalla prima settimana di ferie dopo dieci anni. «Solo piccole dimensioni e grande qualità di prodotti naturali - dice Elisa - restituiscono un senso economico anche alle periferie montane». Francesco Prandel, professore di chimica a Levico, il pomeriggio fa invece il pastore a Fravort, in Valsugana. Una malga in affitto, sfalcio a mano, come risposta al sequestro dell'orso nutrito per piazzare settimane bianche. Ce ne sono già decine, come loro. Investimenti contenuti, sacrificio, coraggio, percezione del limite e passione: l'altra faccia delle valli svendute all'ordinarietà dei colossi finanziari che tengono in ostaggio il circo bianco. Anche Francesco Franzoi, in Valpiana, non ha smesso di fare il formaggio sull'alpeggio. Riconosce ogni forma, dal profumo sa dire la settimana di caseificazione, fiori e versanti brucati quel giorno. Non capisce perché in Italia i prodotti tipici artigianali, per legge, non possano essere «somministrati fuori dal luogo di produzione». Come se una Ferrari potesse essere venduta solo a Maranello. «I modelli globali - dice - hanno svuotato il Trentino. Rese inutili le Alpi, portano al fallimento anche il resto dell'economia nazionale. Sussidiarietà, solidarietà e comunità sono l'unica risposta a liberismo, egoismo e xenofobia». L'autonomia riformista, alternativa al neocentralismo padano, si nasconde nelle periferie d' alta quota. Inizia a battersi per guarire ambiente e paesaggio. Chiede che dell'orso non si parli, e non si rida, più. Che si accetti di incontrarlo, piuttosto, ascoltando ciò che ha da dire la paura. Un animale di carne finalmente libero in una foresta vera.

Giampaolo Visetti - La Repubblica, 14 luglio 2008

25.7.08

Folgaria "I nuovi impianti una vera sciagura"

Ambientalisti trentini attaccano la Provincia: "Sarà un buco colossale"

L'arrivo degli impianti di risalita a Cima Pioverna è un ennesimo grande imbroglio da parte della Provincia, perchè non preclude il collegamento sciistico con il Veneto. Un collegamento che sarebbe inevitabile, visto che la Carosello Ski ha in sua proprietà  già la parte veneta degli impianti. Il mondo dell'ambientalismo trentino (Cipra Italia, Italia Nostra, Legambiente, Mountain Wilderness e WWF) si schiera unito e nettamente contro i progetti che riguardano l'Alpe di Folgaria. «Ci troviamo costretti a portare avanti l'"ambientalismo del no" - spiega Luigi Casanova (Cipra) - davanti a scelte della Provincia che sono scellerate e si dimostrano fuori dalla storia del turismo moderno, con un ritardo culturale e politico molto grave». Casanova fa riferimento alle dichiarazioni della Confindustria bellunese che «quindici giorni fa ha affermato di non riuscire a garantire l'innevamento artificiale a causa di costi impossibili. Costi che in Trentino diventano possibili solo perchè la Provincia copre i deficit degli imprenditori». Gli ambientalisti criticano l'attività del Comitato Ambiente, nel quale è stata espressa la valutazione d'impatto ambientale delle opere di Folgaria: «non è prevalente - scrivono - né l'attenzione verso il risparmio idrico ed energetico, né quella verso la sostenibilità tecnica ed economica. I capi votano secondo comando, secondo la volontà e le promesse dei vertici provinciali». Paolo Mayr, presidente di Italia Nostra, si chiede «come faccia il museo di scienze naturali, rappresentato dal proprio presidente Michele Lanzinger - ad approvare nel comitato tale scempio di natura ambientale». Mayr vede negli impianti del versante a sud-ovest della conca delle Coe «una distruzione che non rende più possibile l'appetibilità della zona per un turismo dolce». A questo si aggiungono anche l'impossibilità di sfruttare le zone per l'alpeggio e la distruzione di trincee legate alla prima guerra mondiale. La pista Bersaglieri, che porterebbe fino al confine tra Trentino e Veneto, «è destinata ad avere pochi passaggi - prosegue Mayr - vista anche la sua scarsa pendenza (a tratti inferiore al 2%) e porterà ad un ulteriore passivo per chi la gestisce». Secondo gli ambientalisti la Carosello Ski, dopo l'esito fallimentare della Coston Sud, per mitigare le perdite cercherà di raggiungere la veneta Cima d'Agra attraverso la val delle Lanze. Per innevare la zona che si trova a quota 1750 verranno impiegate le risorse idriche di Folgaria, alimentate da una presa a quota 570 metri nella val di Terragnolo, con un dislivello di circa mille metri rispetto al previsto bacino in località ex Nato alle Coe. Solo per lo riempimento di metà bacino (50 mila mc) si prevede un costo di 50.000 euro, visto il notevole fabbisogno energetico di 300.000 Kwh. «Non si tiene conto quindi - specifica Mayr - dei cambiamenti climatici vista l'ingente quantità di anidride carbonica che finirà in atmosfera per produrre l'energia». Perplessità inoltre riguardo anche all'impianto di collegamento Folgaria-Francolini-Forte Sommo, «il cui giudizio di fattibilità - scrivono gli ambientalisti - dovrebbe essere preceduto da un attento e realistico bilancio economico che tenga conto della contemporanea presenza della strada che dovrà comunque rimanere aperta per la sua funzione di collegamento interprovinciale. L'impianto non sembra giustificato e può essere sostituito con un sistema di bus navetta». Giustificazione che potrebbe essere rappresentata dai 20.000 metri cubi edificabili a Francolini.

L'Adige, 24/07/2008

15.7.08

La Valutazione d'Impatto Ambientale avalla i nuovi impianti da sci a Folgaria

Ancora in materia di impianti di risalita e piste da sci in Provincia di Trento, un fatto che mostra come per un'opposizione popolare alla devastazione del territorio e agli sprechi di risorse pubbliche l'unica strategia percorribile sia la battaglia per la rinuncia definitiva ad ogni nuova realizzazione di settore, mantenendo funzionali le sole infrastrutture esistenti.
La Provincia in data 17.6.2008 ha pronunciato la compatibilità ambientale positiva del nuovo piano per lo sviluppo delle aree sciabili di Folgaria e Passo Coe verso Costa d'Agra e il Veneto ("Variante al PRG Intercomunale con oggetto il progetto per lo sviluppo delle infrastrutture invernali di Passo Coe - Comune di Folgaria"), con la cancellazione di una sola delle piste di progetto e una serie di prescrizioni di maniera.

Qualche dato, prima di tutto. Con la pronuncia, la Provincia ha consentito la realizzazione di questi interventi:
  • cabinovia "Folgaria - Sommo Alto" con partenza diretta dall’abitato di Folgaria e sostituzione dell'esistente seggiovia, con pista "Francolini" lungo la nuova telecabina e pista "Finanzieri" proveniente dalla Martinella;
  • impianti di risalita e piste da sci per collegare Malga Piovernetta (zona Passo Coe) sia al Plaut che al Monte Pioverna (impianti "malga Piovernetta - Termental" e "Malga Piovernetta - Monte Pioverna"; piste denominate "Bellavista", "Strafexpedition", "Plaut - Malga Piovernetta" e "Bersaglieri");
  • realizzazione di un bacino di accumulo per innevamento artificiale (da 100.000 mc di capienza), balneabile in estate, nell'area dell’ex base NATO all’Alpe di Folgaria e di un polo museale dedicato alla Guerra Fredda.
L'unico limite che la Provincia si è data riguarda le infrastrutture su Monte Pioverna (parere negativo su una seconda pista; collocamento della stazione a monte dell'impianto di risalita per impedire il raggiungimento "sci ai piedi" del territorio veneto ottenendo la saldatura delle nuove aree sciabili con quelle che il Veneto progetta e ha in parte già realizzato nell'area Fiorentini - Coston - Fratte).

In opposizione a questi progetti da oltre un anno e mezzo è nata una mobilitazione popolare di cittadini, comitati locali e collettivi politici. Tante le azioni messe in campo: serate informative rivolte a paesani e turisti, concerti, cene, una mostra fotografica, volantinaggi, manifestazioni in montagna, ed anche azioni più dirette come alcuni blocchi per impedire alle ruspe di devastare Val delle Lanze per la realizzazione, sul versante veneto, della seggiovia che costituiva il primo tassello del progetto in quella Regione. La posizione storica nettamente contraria al progetto espressa dalle associazioni ambientaliste non le ha portate però, salva qualche posizione individuale, ad affiancare queste iniziative.

Le decisioni della Provincia di Trento hanno anche vanificato il percorso tentato da molti cittadini - numerosi residenti a Folgaria - per fermare la realizzazione del nuovo piano: una petizione popolare che ha raccolto circa 1.700 firme per chiedere il blocco immediato di un progetto fallimentare, distruttivo e soprattutto mai discusso con la popolazione dell’altopiano. La petizione è stata presentata al Presidente Dellai durante il convegno "Trentino Clima 2008", una sede in cui non solo gli esperti indipendenti ma anche gli uffici provinciali hanno sottolineato la minaccia dei cambiamenti climatici, la necessità di ridurre i consumi energetici e di risorse, l'assenza di futuro per stazioni invernali di bassa e media quota. La petizione è stata presa in esame dal Comune di Folgaria, senza alcun effetto. Ed inoltre dal Consiglio Provinciale e dalla sua III Commissione Permanente, anche in questo caso senza esiti diversi dai dubbi di facciata; non solo, gli ordini del giorno approvati - pur con qualche critica sulle prospettive di collegamento sciistico con il Veneto - hanno sostanzialmente avallato il progetto non indicandone gli effetti gravissimi per l'altopiano e ne hanno persino proposto un finto ripensamento in cambio dell'ancora più pericoloso rilancio dei programmi di infrastrutture sciistiche attraverso il Cornetto verso Carbonare, Lavarone e Luserna.

Nel parere favorevole della VIA leggiamo ora la volontà politica della Giunta Provinciale di procedere ciecamente su un percorso non condiviso a conferma della distanza abissale che separa le istituzioni dalla popolazione che dissente.

Ancora una volta l'unica garanzia del rispetto della volontà popolare sarà la tenacia di chi in prima persona continuerà senza paura ad opporsi alla devastazione della propria terra. Noi ci saremo.

OFFICINA AMBIENTE


Vedi anche:
Officina Ambiente rilancia il documento per dire no all'ampliamento delle aree sciabili in Trentino

3.7.08

La ferrovia ad alta velocità in Provincia di Trento: Fermarla è possibile!

Venerdì 11 luglio ore 21.00
in Piazza D’Arogno (dietro il Duomo) a Trento

Officina Ambiente vi invita al dibattito pubblico:



La ferrovia ad alta velocità in Provincia di Trento: Fermarla è possibile!

con proiezione di un video sul programma della nuova linea TAV in Alto Adige / Sud Tirol realizzato dai comitati locali NO TAV / Kein BBT
Alcune informazioni sul progetto TAV in Trentino:

  • Farebbe parte della nuova linea verso Innsbruck. Dal confine di Stato a Verona sarebbe lunga 218 km (circa 194 in galleria).
  • Il Trentino verrebbe attraversato in sinistra d’Adige per 80 km, con almeno 70 km di gallerie.
  • La Provincia di Trento ha già pronto il progetto preliminare ma non lo rende pubblico.
  • Quante devastazioni ambientali da opere così? Cantieri ovunque per decine di anni, distruzione irreversibile di terreni agricoli, enormi depositi di materiali di scavo, gravi pericoli per le risorse idriche, forti impatti visivi, inquinamenti, rumore.
  • I progettisti promettono: minor traffico merci sulla A22. Ma questo traffico potrebbe diminuire da subito. Basterebbero pedaggi autostradali pari a quelli austriaci e pieno sfruttamento della linea storica (utilizzata al 35%, secondo gli standard internazionali d’efficienza).
  • I costi di questa impresa? Tra 10 (stime ufficiali) e 21 miliardi (stime indipendenti)di euro. Tutti soldi pubblici. A quali servizi dovremmo rinunciare per pagarli?
  • Dal 1991 il costo del programma TAV è cresciuto in Italia di circa 6 volte. Sarebbe lo stesso anche qui.
  • Queste opere sono state progettate senza il consenso delle popolazioni.
In Alto Adige lo scavo del cunicolo esplorativo della galleria di base del Brennero procede di 20 metri al giorno.
Non permettiamo che comincino anche da noi!

Vedi anche:

2.7.08

Nuovo inceneritore in zona industriale a Rovereto

Dal gruppo PartecipAzione Cittadini Rovereto riceviamo un'importante segnalazione:

Durante la seduta del Consiglio Comunale di Rovereto del 27 maggio è stato approvato un progetto che permetterebbe alla Sandoz – industria chimico-farmaceutica con sede in zona industriale a Rovereto – di bruciare 2.000 tonnellate all’anno dei propri rifiuti chimici liquidi. Quantitativo che alimenterebbe il bruciatore di una caldaia già presente e funzionante, alimentata a metano e gasolio, la cui capacità verrebbe raddoppiata senza però alcun intervento ai camini e senza filtri aggiuntivi. Nella relazione del progetto, la Sandoz dichiara che bruciando acetone, toluene, butanolo e altri componenti si otterranno solo acqua e CO2. Sembrerebbe quindi che i rifiuti tossici pericolosi che solitamente vengono portati a Mestre per essere smaltiti siano diventati d’un tratto innocui.
Ad illustrare la relazione di fattibilità del progetto, scritta da ingegneri della Sandoz, era presente in Consiglio il direttore della Sandoz stessa: l’ing. Peroni. La presentazione non ha avuto alcun contraddittorio: non era presente nessun tecnico terzo alla vicenda.
Ad uno a uno, i consiglieri hanno ringraziato l’ing. Peroni per le opportunità lavorative che Sandoz offre a Rovereto.
Ma per dare occupazione a 140 persone vale la pena di avvelenarne altre 40.000? 
Solo il consigliere dei Verdi Pozzer ha espresso dei dubbi ed ha invitato il direttore a rispondere ad una serie di domande.
La votazione si è quindi conclusa con 39 favorevoli e 1 astenuto. Come sempre più spesso accade, una decisione che riguarda l’intera collettività è stata presa a porte chiuse: nemmeno la Circoscrizione di Lizzana-Mori Ferrovia dove la Sandoz ha sede è stata informata di tale provvedimento. È inoltre evidente la presenza di un enorme conflitto di interessi: dagli appunti a pagina 36 della relazione Sandoz si parla di 70 milioni di €/anno risparmiati evitando lo smaltimento esterno dei rifiuti (a Mestre), compreso il risparmio del trasporto via camion. E di 210.000 €/anno di metano risparmiati.

IL RICORSO
Il giorno 18 giugno, all’incontro del gruppo PartecipAzione Cittadini Rovereto, i componenti del suddetto gruppo assieme ad alcuni abitanti di Lizzana e Rovereto hanno deciso di fare ricorso alla delibera che permetterebbe alla Sandoz di bruciare i propri rifiuti chimici liquidi. L’ufficio del segretario comunale ha respinto tale ricorso perché era già scaduto il termine per presentare opposizione scritta. Tuttavia il progetto della Sandoz dovrà essere approvato anche a livello provinciale: nel caso dovesse passare a quel punto sarà possibile presentato un altro ricorso. Sono stati mobilitati inoltre, la Circoscrizione di Lizzana-Mori Ferrovia e il Difensore Civico della Provincia, il quale ha chiesto ulteriore documentazione prima di intervenire ufficialmente.
  • Leggi le domande del consigliere Pozzer e la relazione presentata dalla Sandoz
  • Ascolta l'audio della seduta del Consiglio Comunale
  • Leggi l'opinione di un chimico indipendente riguardo alla relazione fornita dalla Sandoz
CON CHI ABBIAMO A CHE FARE: CHI E' LA SANDOZ?
Nel 1938, all’interno dei Laboratori Sandoz di Basilea, Albert Hoffmann sintetizzava per la prima volta l’LSD. La Sandoz si prodigò nel diffondere gratuitamente questa sostanza psicotropa, largamente usata in seguito nel tentativo di curare disagi mentali come schizofrenia, autismo, depressione e alcoolismo. L’LSD fu sperimentato anche dai servizi segreti di vari paesi come sostanza per gli interrogatori e il controllo mentale.
Nel 1986, un incendio distrusse un deposito dell’azienda chimica Sandoz a Schweizerhalle, nel cantone di Basilea, Svizzera. Venti tonnellate di insetticidi, fungicidi ed erbicidi si riversarono nel Reno, inquinandolo gravemente fino in Olanda. Si diffuse un odore acre, l’acqua si tinse di rosso, morirono più di 150.000 pesci e 1.200 persone si recarono dal medico per disturbi della respirazione ed irritazione agli occhi. Per tornare ad una situazione ambientale accettabile ci sono voluti 20 anni, 60 miliardi di € investiti in impianti di depurazione ed una forte mobilitazione politica e popolare.
Un’inquietante analogia è stata riscontrata anche a Rovereto. In prossimità della Sandoz passa il rio Costa che attraversa Lizzana e la zona industriale, per poi sfociare nel fiume Adige. In alcune occasioni le acque di questo rio sono state viste diventare di colore rosso.
La Sandoz rientra nella direttiva Seveso, che regolamenta le fabbriche ad alto rischio, ed è situata poco distante da un grande fiume e circondata da paesi e quartieri popolosi. Un’industria che i Vigili del Fuoco di Verona definiscono: la “CHERNOBYL di Rovereto”.
Nel 1996 la multinazionale chimica Sandoz si fonde con la Ciba-Geigy dando vita alla Novartis.
Oggi la Sandoz produce il RITALIN: uno psicofarmaco da somministrare ai bambini irrequieti per sedarli e renderli passivamente “attenti”. In questi bambini “trattati” è stata riscontrata una forte tendenza al suicidio.

ESISTE GIA' UN VICINO INSOSPETTABILE MA ALTRETTANTO PERICOLOSO: LA MARANGONI.
Già da alcuni anni, alla fabbrica Marangoni (produttrice di pneumatici) sono in funzione 2 inceneritori nati per smaltire i rifiuti interni: copertoni non più utilizzabili per la ricopertura e scarti della lavorazione. Questi bruciatori sono collegati al Teleriscaldamento che rifornisce d’acqua calda le strutture pubbliche di Rovereto e le abitazioni private circostanti. La necessità di avere costantemente enormi quantitativi di rifiuti da bruciare per mantenere attivo il servizio, ha portato la Marangoni ad accettare di smaltire copertoni provenienti da tutta Europa. Le tele metalliche dei pneumatici vengono drogate con aggrappanti radioattivi per favorire l’aderenza dei polimeri della gomma alla carcassa. Bruciando i pneumatici verrebbero emesse nano-particelle radioattive.

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