23.1.10

L'Acciaieria dei veleni, presidio a Borgo

Iniziativa dei comitati locali per chiedere l'immediata chiusura

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Nel pomeriggio di sabato 23 gennaio più di cinquecento persone sono scese in piazza aderendo all’appello dei comitati locali per la chiusura dell'acciaieria di Borgo Valsugana, che da trent'anni inquina l'aria, l'acqua e il suolo della valle. Gli abitanti sono stufi e dopo il sequestro cautelativo ad opera della magistratura, che ha scoperto che l’azienda manometteva i risultati delle analisi di produzione delle diossine, scaricava abusivamente nelle discariche della zona e causava continui sforamenti per i livelli di diossina e di metalli pesanti come piombo e cromo, sono tutti d’accordo nel chiedere l’immediata chiusura, la riconversione dei 117 posti di lavoro e la bonifica del terreni inquinati.

Nella fonderia, infatti, viene bruciato un po' di tutto, compresi residui di oli, plastiche e vernici: ci sono testimonianze di operai che non hanno avuto timore di inimicarsi gli altri lavoratori e, sorretti dai comitati, hanno deciso di denunciare i misfatti che l’azienda compie da oramai troppo tempo.

Rosa Finotto, portavoce del Comitato Barbieri Sleali di Borgo Valsugana, dal microfono rilancia gli obiettivi della manifestazione: "...intanto raccogliere firme per contarci e capire quanti sono gli abitanti della valle che vogliono la chiusura dell'acciaieria e la riconversione ad una produzione meno inquinante, raccogliere fondi per pagarci, autonomamente, analisi certe sulle diossine; poi, il motivo più importante di questa manifestazione, continuare a coinvolgere la popolazione in altre iniziative di protesta, magari spostandoci anche a Trento in piazza Dante".
Il suo intervento si è concluso con l’appello distribuito all’interno del dossier prodotto dal coordinamento dei comitati.

Appello alla mobilitazione.

C’è qualcosa di inaccettabile nelle torbide vicende, recenti e lontane, che hanno portato al sequestro dell’Acciaieria Valsugana. Da un lato, una gestione andata oltre il limite dell’accettabilità di un industrialismo rapace, che vede nell’intesa e nella contrattazione al ribasso tra la proprietà e la Provincia di Trento un insulto ad una regolare e legale pratica produttiva, sia aziendale che pubblica. Dall’altro, una gestione e una produzione d’assalto che ha abusato ove possibile dei silenzi su carenze e omissioni di una struttura industriale e della sua scadente e vetusta tecnologia.

La documentazione riportata in questo elaborato, a cui ne seguiranno altri, dimostra infatti che le diffuse inadempienze e illegalità, tollerate dall’ente provinciale, erano e sono diventate regola e necessità.

Regola e necessità per trarre il massimo profitto dentro un reciproco circolo vizioso dove il sistema dei controlli è saltato e che probabilmente è soggetto ad inaccettabili pressioni o ricatti. Tutto ciò a scapito della nostra vita di cittadini e di lavoratori.

E’ dal paziente lavoro di ricostruzione di eventi e di misfatti, operata sia dal Corpo Forestale dello Stato, sia dalla procura della Repubblica di Trento, che possiamo definire crimine ambientale ed attentato alla salute di donne uomini e bambini quanto è avvenuto in questo territorio per trent’anni. Qualcuno sostiene che la produzione dell’acciaio trova la sua ragion d’essere nella necessità anche per il Trentino di farsene responsabilmente carico. Se questa fosse la vera e unica ragione a supporto della presenza in Trentino di questa acciaieria, proponiamo all’attenzione di cittadini e amministratori la sua equa ricollocazione in altro sito “idoneo” del territorio provinciale.

Attraverso un sondaggio da sottoporre all’attenzione e ai diffusi interessi di trentini e lombardi, si potrebbe valutare se non sarebbe saggio e doveroso ricercare altri siti più idonei, dopo il prezzo intollerabile pagato dalla Valsugana, alla realizzazione di un impianto con le più moderne tecnologie (BAT - Best Available Technologies, o MDT - Migliori Tecnologie Disponibili). E non certo quello realizzato con una spesa di 7 milioni di Euro dall’ azienda utile solo a diluire il quantitativo delle emissioni nocive, nel tentativo di illudere o tacitare i cittadini della valle.

E tutto quanto accaduto prima o nel corso degli ultimi due anni, è tanto più inaccettabile perché è finalmente emerso, non da parte di chi dovrebbe tutelare territorio e salute, che cosa realmente si nasconda dietro la produzione di 30 anni di veleni di questa Acciaieria.